“È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi avventuro alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo – scrive Fausto Russo Alesi nelle note di regia - già vincitore del premio Ruccello nel 2005, è da molto tempo che coltivo il desiderio di accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e il suo linguaggio. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando leggo Natale in casa Cupiello, ho la sensazione di trovarmi davanti ad un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. Ed è da qui che io voglio partire: dalla malinconia di un’assenza. In casa Cupiello scorre appunto la vita: la vita di una famiglia, la vita del teatro, le fatiche, la ricerca di una felicità e di una bellezza fuori della quotidianità. Anche se la cifra è quella della leggerezza e dell’ironia, dal testo emerge una vena piuttosto amara e desolante. Ci viene presentata una casa misera, distrutta, inguaiata, sotto sopra, gelata, quasi terremotata; ed è Luca che definisce sua moglie Concetta, la regina della casa, come: “Vecchia, aspra e nemica”. È una famiglia la cui identità è alquanto precaria, non si dialoga più veramente ma si monologa, ed è per questo che credo nella sfida di attraversare questa storia in solitudine. E vorrei che questo effetto straniante di vedere un unico attore posseduto da tutte queste voci aiutasse il pubblico a vivisezionare le tematiche bellissime della tragicommedia. I personaggi si amano, si giudicano, sbagliano, sono ambigui, gelosi, trasgrediscono; incapaci di parlarsi apertamente si nutrono di finzione, pronti a negare la realtà e a non accettare la verità, vivono di proiezioni, non detti, coperture di chi sa, ignoranza di chi non sa e omertosa solidarietà e quella che dovrebbe essere la casa delle relazioni tra gli uomini, finisce per diventare il primo luogo della mancanza di reale comunicazione. Ho scelto di utilizzare il mio corpo come unico strumento per suonare questo dramma dell’io e della solitudine, immaginando uno spettacolo d’evocazione tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte, tra lucidità e delirio, tra memoria e presente, tra il palcoscenico e la platea, ossessionato dalle domande: “Te piace o Presebbio?”, “Addo’ sta’ o Presepio?”.
Lunedì 29 luglio alle 21,00, prende il via la X ediz...
Creato il 27 luglio 2013 da Massimocapodanno“È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi avventuro alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo – scrive Fausto Russo Alesi nelle note di regia - già vincitore del premio Ruccello nel 2005, è da molto tempo che coltivo il desiderio di accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e il suo linguaggio. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando leggo Natale in casa Cupiello, ho la sensazione di trovarmi davanti ad un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. Ed è da qui che io voglio partire: dalla malinconia di un’assenza. In casa Cupiello scorre appunto la vita: la vita di una famiglia, la vita del teatro, le fatiche, la ricerca di una felicità e di una bellezza fuori della quotidianità. Anche se la cifra è quella della leggerezza e dell’ironia, dal testo emerge una vena piuttosto amara e desolante. Ci viene presentata una casa misera, distrutta, inguaiata, sotto sopra, gelata, quasi terremotata; ed è Luca che definisce sua moglie Concetta, la regina della casa, come: “Vecchia, aspra e nemica”. È una famiglia la cui identità è alquanto precaria, non si dialoga più veramente ma si monologa, ed è per questo che credo nella sfida di attraversare questa storia in solitudine. E vorrei che questo effetto straniante di vedere un unico attore posseduto da tutte queste voci aiutasse il pubblico a vivisezionare le tematiche bellissime della tragicommedia. I personaggi si amano, si giudicano, sbagliano, sono ambigui, gelosi, trasgrediscono; incapaci di parlarsi apertamente si nutrono di finzione, pronti a negare la realtà e a non accettare la verità, vivono di proiezioni, non detti, coperture di chi sa, ignoranza di chi non sa e omertosa solidarietà e quella che dovrebbe essere la casa delle relazioni tra gli uomini, finisce per diventare il primo luogo della mancanza di reale comunicazione. Ho scelto di utilizzare il mio corpo come unico strumento per suonare questo dramma dell’io e della solitudine, immaginando uno spettacolo d’evocazione tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte, tra lucidità e delirio, tra memoria e presente, tra il palcoscenico e la platea, ossessionato dalle domande: “Te piace o Presebbio?”, “Addo’ sta’ o Presepio?”.
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