Sapete cos’è una bromance? E’ una nuova sofisticazione linguistica, mutuata da qualche simpatico critico americano. Assembla due concetti: Romance e Brother, taggati insieme, in un’unica parola. “I love you, man” è un misto audace di goliardia, senza il tocco della demenzialità, da fratelli, termine convenzionale usato per definire un certo approccio tra amici, senza convenzioni, magari tipico dei circoli universitari o delle confraternite, e romanticheria. Potrebbe anche essere una Brocomedy.Infatti “I love you, man” è un’abile commedia sulla fine della guerra tra i sessi, o, perlomeno, su un nuovo modo di intendere i rapporti, indipendentemente da una connotazione sessuale. Di norma, un film ha una donna e un uomo, poi una tipologia di gay e una di etero. “I love you, man” ha il grande merito di rifiutare gli stereotipi. Nella famiglia, il fratello etero ha relazioni amichevoli solo con donne, il fratello gay ha tratti di mascolinità maggiori, dalla palestra all’uso di termini scurrili. C’è un lui che decide di sposare una lei. Ma manca il testimone dello sposo, perché lo sposo è circondato solo da donne. Subentra la fase di scoperta degli individui appartenenti al proprio sesso. C’è un tocco di demenzialità, qualche scena tipica del confronto tra sessi, poi la scoperta della vera amicizia. Ed il triangolo è completo, quando è la compagna che approva l’unione amichevole con l’amico, prima abbandonato. In realtà, l’esperimento sociologico è brillante, perché inquadra una locuzione “I love you” che indica amore non solo monogamico, nel linguaggio americano, ma rivolto verso tutti i propri cari. Nel concetto, viene meno la sottile divisione tra amore e amicizia, quasi a garantire una democraticità relazionale e di rapporto. Prodotto da un Apatow che cerca una nuova strada, ha un’accoppiata vincente, Paul Rudd e Jason Segel. Alcuni appunti sull’innovazione in termini di scelte dialogiche, qualche battuta da tagliare, e un tocco psicologico molto superficiale (invece il passo sociologico è importante). Il limite è la scarsa fruibilità del pubblico italiano, oltre alla solita gamma dis currilità da commedia di bassa lega. Una visione va fatta.
Lunedì 16 Agosto in prima tv su Sky " I love you, man" della premiata ditta Apatow
Creato il 09 agosto 2010 da Ludacri87Sapete cos’è una bromance? E’ una nuova sofisticazione linguistica, mutuata da qualche simpatico critico americano. Assembla due concetti: Romance e Brother, taggati insieme, in un’unica parola. “I love you, man” è un misto audace di goliardia, senza il tocco della demenzialità, da fratelli, termine convenzionale usato per definire un certo approccio tra amici, senza convenzioni, magari tipico dei circoli universitari o delle confraternite, e romanticheria. Potrebbe anche essere una Brocomedy.Infatti “I love you, man” è un’abile commedia sulla fine della guerra tra i sessi, o, perlomeno, su un nuovo modo di intendere i rapporti, indipendentemente da una connotazione sessuale. Di norma, un film ha una donna e un uomo, poi una tipologia di gay e una di etero. “I love you, man” ha il grande merito di rifiutare gli stereotipi. Nella famiglia, il fratello etero ha relazioni amichevoli solo con donne, il fratello gay ha tratti di mascolinità maggiori, dalla palestra all’uso di termini scurrili. C’è un lui che decide di sposare una lei. Ma manca il testimone dello sposo, perché lo sposo è circondato solo da donne. Subentra la fase di scoperta degli individui appartenenti al proprio sesso. C’è un tocco di demenzialità, qualche scena tipica del confronto tra sessi, poi la scoperta della vera amicizia. Ed il triangolo è completo, quando è la compagna che approva l’unione amichevole con l’amico, prima abbandonato. In realtà, l’esperimento sociologico è brillante, perché inquadra una locuzione “I love you” che indica amore non solo monogamico, nel linguaggio americano, ma rivolto verso tutti i propri cari. Nel concetto, viene meno la sottile divisione tra amore e amicizia, quasi a garantire una democraticità relazionale e di rapporto. Prodotto da un Apatow che cerca una nuova strada, ha un’accoppiata vincente, Paul Rudd e Jason Segel. Alcuni appunti sull’innovazione in termini di scelte dialogiche, qualche battuta da tagliare, e un tocco psicologico molto superficiale (invece il passo sociologico è importante). Il limite è la scarsa fruibilità del pubblico italiano, oltre alla solita gamma dis currilità da commedia di bassa lega. Una visione va fatta.
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