Magazine Cultura

Lunedì 26 gennaio 1959

Creato il 26 gennaio 2011 da Cbneas1968
Lunedì 26 gennaio 1959
TELEVISIONE
14,00 - 15,10 TELESCUOLA
Corso di Avviamento Professionale a tipo industriale
a) 14,00 LEZIONE DI ITALIANO
Prof.ssa Fausta Monelli
b) 14,30 DUE PAROLE TRA NOI
a cura della Direttrice dei corsi Prof.ssa Maria Grazia Puglisi
c) 14,40 LEZIONE DI MATEMATICA
Prof.ssa Liliana Ragusa Gilli
la TV dei ragazzi
17,00 - 18,00 LA GIRAFFA
Appuntamento settimanale con i giovani nello Studio 1 di Torino

In questo numero:
Il girotondo dei giorni
La notizia in cornice
a cura di Giovanni Mosca
Divertiamoci insieme
I collages
Come nasce ?
Un fiore artificiale
Teatrino in miniatura
Cartoni animati
Scrappy sportivo (Distr. Screen Gems)
Realizzazione di Lorenzo Ferrero

ritorno a casa
18,30 TELEGIORNALE
Edizione del pomeriggio
In studio Edilio Tarantino
18,45 IL PIACERE DELLA CASA
Rubrica di arredamento a cura di Paolo Tilche
19,05 CANZONI ALLA FINESTRA
con Gottardo Zoffoli e il suo complesso
19,35 TEMPO LIBERO
Trasmissione per i lavoratori a cura di Bartolo Ciccardini e Vincenzo Incisa
Realizzazione di Sergio Spina
20,05 TELESPORT
ribalta accesa
20,28 TIC - TAC e SEGNALE ORARIO
20,32 TELEGIORNALE
Edizione della sera
Direttore Massimo Rèndina
In studio Riccardo Paladini, Ugo Zatterin e Gianni Granzotto
20,50 CAROSELLO (Persil - Atlantic - Alemagna - Gusto)
21,00 LA DIVA IN VACANZA
Film - Regia di Terence Young
Distrib.: Rank Film
Interpreti: Stewart Granger, Edwige Feulliére
22,35 IL GIRASOLE
Rassegna settimanale del Cinema diretta da Sandro Pallavicini
23,05 TELEGIORNALE
Edizione della notte
In studio Riccardo Paladini
-------------------------------------------------------------------------------------Et voilà... siamo ritornati. Siamo in ritardo di otto giorni, lo sappiamo, ma finalmente questo è il momento di festeggiare il nostro primo compleanno. Dovevamo (lo avevamo anche preannunciato al termine dello scorso post, vecchio ormai di un paio di settimane) rispettare la fatidica data del 18 gennaio, ma abbiamo dovuto fare i conti con gli impietosi mali di stagione (febbri, raffreddori, catarro, etc.), unitamente con alcune beghe personali che ormai abbiamo in qualche modo risolto, permettendoci così, come un amico che festeggia in ritardo il proprio anno in più con i propri cari, consanguinei e non, di riunire tutti al proprio cospetto, davanti alla rituale torta con candeline... e speriamo che in futuro queste ultime crescano costantemente. Finchè potremo, il Focolare, indipendentemente dalle stagioni atmosferiche, sarà costantemente tenuto acceso.
Non crediamo vi sia occasione migliore per ringraziarvi del sostegno e della simpatia con cui ci avete seguito sin qui (e sicuramente continuerete a farlo), segno che abbiamo azzeccato subito la formula, quella di animare, vivacizzare, commentare, analizzare quello che altrimenti sarebbe solo un mero elenco di programmi radiofonici e/o televisivi stampato su un vecchio giornale, prezioso finchè si vuole, ma in grado, per merito delle odierne tecnologie, di avere un'anima... e meno male che ci siamo noi, burattinai della situazione, a fare del nostro meglio. Neanche le vecchie annate dei quotidiani, che nel frattempo (e giustamente) stanno diventando alla portata di tutti grazie al loro inserimento nel web, possono suscitare le emozioni che un blog come il nostro, provvisto di tutti i riferimenti fotografici, visivi e sonori del caso, modestamente sa creare. E poi, diciamocelo chiaramente: quale miglior antidoto, di fronte alle sconcezze della TV odierna (tra donne costrette a esibirsi per forza in abiti succinti, presentatori banali, formule altrettanto banali e ritrite di spettacoli senza un minimo di preparazione o copione, uomini politici che, se vengono dette cose vere ai loro danni, reagiscono anche telefonicamente come i bambini colti in flagrante con le mani nella marmellata, eccetera), di un ritorno al passato ? Si, anche allora c'erano censure, silenzi, timori, linee ideologiche ben precise, ma il tutto era comunque compensato da una qualità sicuramente decente nella peggiore delle ipotesi.
Dopo questa doverosa premessa, veniamo all'argomento da noi prescelto per l'odierno post, ossia la televisione identificata come espressione del concetto di cinema in casa. Da una trentina d'anni, si sa, il piccolo schermo è invaso da almeno quattro o cinque lungometraggi al giorno, arma vincente per il boom, tra gli anni '80 e i '90, delle videoregistrazioni (e la conseguente uscita di un periodico, denominato Cineteca TV e pubblicato per parecchi anni, in grado di offrire all'appassionato telespettatore delle locandine realizzate ad arte per dare un certo ordine al proprio archivio personale). Aggiungiamo poi le tante rubriche preparate dall'ANICAGIS e atte a veicolare le nuove pellicole in distribuzione nelle sale (negli anni '90 ne furoreggiava una, il cui titolo variava - Andiamo al cinema o Questo grande cinema - e la cui sigla musicale era Take the A train di Duke Ellington) e tiriamo così l'evidente somma di una presenza capillare del GRANDE schermo sul PICCOLO schermo.
Cinquant'anni fa (o meglio, cinquantadue, se ci riferiamo al palinsesto oggi rivisitato) la musica era ben diversa. E' noto e arcinoto come la TV fosse vista di malocchio dagli operatori cinematografici (a ragione, se consideriamo l'overdose degli ultimi tre decenni e la costante chiusura delle sale) e questo comportava un accordo di regolamentazione tra RAI e distributori, mantenuto almeno fino a tutti gli anni Settanta e che imponeva un limite minimo di cinque anni trascorsi dall'uscita di un film prima che questo fosse maturo per la messa in onda. Insomma, doveva essere esaurito tutto lo sfruttamento richiesto dal caso (le prime e le seconde visioni, le sale parrocchiali - molteplici allora -, i cineclub di Sinistra e altri fiori consimili) e solo allora si poteva procedere alla trasmissione televisiva dell'opera. Teniamo conto che allora poteva essere trasmesso un film - massimo due, se c'era qualche buco pomeridiano da tappare - alla settimana: nel 1961 - '62, con la nascita del Secondo Canale, il numero venne portato a un massimo di quattro titoli (due appuntamenti sicuri serali, uno per rete). Fu però con la riforma RAI del 1976 che il numero dei programmi cinematografici settimanali crebbe vertiginosamente, con almeno due titoli sicuri per rete, sino ad arrivare a quanto già descrittovi.
Anche nella scelta dei titoli c'era una certa attenzione da parte dei distributori a tenersi stretti i grandi capolavori, non concedendoli ancora a lungo (un discorso simile è stato seguito in anni recenti dalla Walt Disney, se pensate che la prima visione TV in chiaro di Cenerentola è datata 7 dicembre 2010 - sessant'anni dopo l'uscita nei cinema ! - e quella di Biancaneve e i sette nani 2 gennaio 2011 - e qui gli anni trascorsi sono ben 73, essendo stato il film proiettato per la prima volta in USA a Natale del 1937 - !) per un regolare sfruttamento televisivo (o facendolo solo in certi casi eccezionali). Infatti i palinsesti televisivi del periodo, se ci avete fatto caso, rigurgitano di lavori dignitosi, da sette in pagella, ma non da tutti ricordati, almeno se ci riferiamo agli studiosi e agli studenti odierni di Storia del Cinema. Dite: quanti di voi sanno dell'esistenza di questa graziosa commediola inglese fine anni '40, La diva in vacanza (in originale The Woman-Hater), diretta da Terence Young per la Rank e interpretata da Stewart Granger e dalla francese Edwige Feulliére ? Questo fu il film che la RAI propose ai telespettatori la sera di lunedì 26 gennaio del 1959, un soggetto carino, gustoso, divertente, non banale, ma degno di tre stelle e nulla più, come la stragrande maggioranza dei film che oggi popolano le mattinate televisive di luglio e agosto, soprattutto a beneficio dei più maturi che ritrovano gli idoli di gioventù in bianco e nero. Qui la Feulliére interpreta Colette, un'attrice transalpina che vuole riposarsi in una contea dell'Inghilterra, lontana da occhi indiscreti, mentre Granger è un nobile che, credendo di trovarsi in mezzo a una mossa pubblicitaria orchestrata dall'artista, finge di non essere tale, spacciandosi per il fattore della lussuosa tenuta in cui l'azione ha luogo: classica commedia degli equivoci, con happy end d'obbligo. Eccovene un brano in lingua originale, quello della sbornia che coinvolge i due protagonisti:

Come avveniva allora la promozione televisiva dei nuovi lavori cinematografici ? Era demandata a speciali rubriche d'informazione (solo nel '65-'66 si sarebbe giunti all'accordo diretto con l'ANICAGIS e alla formula che ancor oggi abbiamo sotto gli occhi, quella cioè della messa in onda nuda e cruda dei trailers), in qualche caso appaltate a case di produzione esterne che comunque lavoravano con la RAI per alimentare i settori più strettamente filmati (caroselli pubblicitari in testa). Era il caso della INCOM, famosa non solo per la sua Settimana, rotocalco esistente sia in formato cartaceo (sopravvisse fino al 1966 - '67) che di celluloide, ma anche per una gestione molto attenta dei rapporti con i distributori cinematografici (non era un caso che nelle sale La Settimana Incom facesse da preludio ai film più attesi). Factotum di quel periodo era Sandro Pallavicini, un giornalista milanese che aveva incominciato a occuparsi di cinegiornali ancora in epoca fascista e che poi, alla caduta del regime, aveva reso gradevole il sistema d'informazione visiva attraverso i cinema non esistendo ancora la TV e poi aiutando quest'ultima quando ancora essa non poteva permettersi troppe riprese esterne (fa fede la rubrica domenicale Cineselezione, trasmessa dal febbraio del 1954 all'ottobre del 1961 e condotta quasi sempre da Nicoletta Orsomando). E Pallavicini è il curatore della rubrica Il girasole, che ogni lunedì sera conduce per mano i telespettatori nei set delle nuove produzioni italiane e cuce il tutto con i trailer delle opere in uscita o comunque in programmazione nei cinema dello Stivale.
Andiamo così a ripassarci alcuni lavori stranieri che proprio in quella fine gennaio del '59 stavano per uscire o già mietevano successi nelle sale d'Italia, naturalmente con l'aiuto della breve presentazione visiva (il Tubo ci offre le edizioni originali e non quelle italiane: chi si contenta...).
Da Hollywood arriva una nuova coppia: quella formata da Gary Cooper e Maria Schell. L'attrice più discussa di questi ultimi tempi affronta con il film L'albero degli impiccati un genere nuovo: il "western".
(da TEMPO, 10 febbraio 1959, pag. 44)

Altra pellicola molto attesa, anche per i risvolti sociali allora molto attuali esposti nel soggetto e nella sceneggiatura, viene dalla Francia e s'intitola Les tricheurs (titolo tradotto in italiano come Peccatori in blue-jeans, elemento sufficiente per la prudentissima RAI di allora diretta - ancora per poco - da Filiberto Guala, il quale presto entrerà in un convento dell'Ordine dei Frati Trappisti per vivere gli ultimi 40 anni che il Signore gli destinerà, al fine di censurarne il relativo trailer). La MGM, incaricata della distribuzione dell'opera fuori dalla Francia (e quindi anche in Italia), presenta il film di Carnè con queste parole (che traiamo direttamente dall'annuncio pubblicitario comparso in molti settimanali d'opinione del periodo):
La Metro Goldwyn Mayer è lieta di annunciare che anche in Italia sta ottenendo un successo senza precedenti
IL FILM che ha diviso la Francia
UN FILM CHE E' UN GRIDO DI ALLARME
UN FILM che vi sconvolgerà.
Marcel Carnè non accusa, espone un problema che ha suscitato controversie e polemiche. Da che cosa nasce questo male ? Si può rimediare ad esso ? Sono gli spettatori che dovranno tirare la conclusione: questo film, che essi l'approvino o lo disapprovino sarà comunque un avvenimento rivelatore.
Giudicate voi stessi andandolo a vedere.
PECCATORI IN BLUE-JEANS
(Les tricheurs)
IL FILM DI UN'EPOCA

E allora godiamoci, sulle note di un martellante jazz- rock, la versione originale francese del trailer di questo film:

Com'è noto, grazie a questo film ottengono una notorietà internazionale giovani e validi attori come Pascale Petit, Jacques Charrier (futuro marito di Brigitte Bardot) e Laurent Terzieff. L'entusiasmo di questi ragazzi, praticamente debuttanti, e l'impatto altrimenti devastante di un soggetto così realistico vengono tenuti sufficientemente a bada da un regista d'esperienza del calibro di Carnè, tanto da far scrivere al critico del settimanale Tempo:
Non c'è bisogno di citare Mauriac per rammentare che, in letteratura come al cinema, solo il peccato è attraente e muove l'interesse del vero narratore. Evidentemente non per cercarvi compiacimenti equivoci; ma solo perchè attraverso questo lato scuro della vita, attraverso l'urto delle passioni o anche soltanto la rappresentazione del male, è possibile ricavare una lezione morale senza fare del moralismo, cos' come è riprovevole fare dell'estetismo. (...) . Il fatto è che Carnè ha voluto solo rappresentare, come tutti gli artisti del resto, un certo ambiente e i casi di alcuni personaggi. Questo esame Carnè lo conduce sopra una traccia fornita dalla cronaca di alcuni personaggi veri, con punte in profondità davvero rivelatrici, senza dilatazioni simboliste, senza cercare tensioni d'atmosfera; ma in modo secco, persino spoglio come un reportage da cronista che lascia la tensione sorgere dalle cose stesse e dai fatti narrati senza intromissioni o sottolineature.
(da I peccatori di Carnè, Tempo, 10 febbraio 1959, pag. 51).
Veniamo ora ai successi natalizi: ovviamente all'epoca non esistono i cine-panettoni (qualcosa di simile poteva essere un certo tipo di commedia all'italiana dal sapore turistico con gente come Alberto Sordi o Nino Manfredi, nomi ancora non del tutto affermati e quindi costretti, di tanto in tanto, a girare delle cose alimentari. I lavori di qualità, quasi tutti di produzione straniera, riescono comunque a tenere testa a produzioni più popolari, catturando l'attenzione anche di chi è curioso e nulla più. Tra i grossi successi mondiali delle festività natalizie 1958-'59, destinati a confermarsi pure nelle prime settimane del nuovo anno, c'è l'ultima fatica di Alfred Hitchcock, e proprio nel momento in cui la RAI incomincia a trasmettere i primi titoli di quella lunga serie di telefilm presentati proprio dall'illustre mago del brivido anglo - americano, la cui robusta e inconfondibile sagoma comincia a diventare familiare anche a chi è digiuno di cinema. E' una storia dai risvolti onirico - psicologici che s'intitola Vertigo: in Italia, per evitare confusioni con un altro film di una quindicina d'anni prima da noi intitolato Vertigine (non di Hitchcock) laddove la versione originale era siglata semplicemente dal nome della protagonista, Laura, si deve ricorrere a un titolo più lungo e meno incisivo, La donna che visse due volte. Ecco qui, anche in questo caso, il trailer originale statunitense:

Vittorio Bonicelli, su Tempo, esprime un giudizio tutto sommato abbastanza severo su un'opera che ha avuto il merito, nei 52 anni successivi, di essere ripresentata sul grande schermo almeno altre due volte (nel 1984 nel quadro di una fortunata operazione - rilancio; nel 1997 per un discorso più storico - filologico limitato al film stesso): (...) l'Hitchcock di questo film ha qualcosa in meno, non in più: è antiquato (...) un po' prolisso, un po' divagante (non si riesce a comprendere la ragione dell'esistenza della pittrice, la cui inutilità di personaggio è persino penosa), tuttavia elegante, piacevole, capace di tener desta l'attenzione dello spettatore mediante un trucco(...) che ricorda assai da vicino quello dei Diabolici (di Clouzot, n.d.r.). A proposito del qual trucco, mi meraviglia moltissimo che l'autore l'abbia svelato a tre quarti del film, mediante una banale sequenza retrospettiva, e non alla fine del racconto, come vogliono le regole del gioco poliziesco e come era nel libro. Hitchcock evidentemente ha preferito cercare l'effetto finale in una concitata soluzione psicologica della storia d'amore. Nemmeno nella prima parte d'altronde egli ha rispettato il clima del libro (il quale è scritto piuttosto male e capisco che questo sia stato un impedimento): ha rinunciato cioè a quel crescendo di indizi destinati a dare una verosimiglianza ossessiva allo sdoppiamento della personalità del protagonista. Ultimo difetto (di stile, di linguaggio): la grossolanità del sogno, con quell'intrusione di disegni animati, non degna di un autore di gusto.
(da Vittorio Bonicelli, Donne di Hitchcock e di Logan, Tempo, 6 gennaio 1959, pag. 51).
Vivacchia ancora il genere del musical: per il Natale 1958 e le prime settimane del '59 la Fox ha lanciato la versione cinematografica di un'altra fatica della premiata ditta Richard Rodgers - Oscar Hammerstein II, con la fattiva collaborazione di Joshua Logan, che ha per l'appunto curato la relativa edizione filmica: South Pacific. Non è un grandissimo successo, a dire il vero, anche perchè la storia è deboluccia (e Bonicelli, come leggeremo fra poco, non esita a stroncarla), ma, se non altro, è il pretesto per lanciare un nuovo sistema di visione che si affianca al VistaVision e al Cinemascope che proprio in quel periodo furoreggiano: il Todd A.O, che si giova di un fotogramma molto ampio di cui si giova indubbiamente la nitidezza delle immagini. Il cast poi non ci sembra molto ben assortito, se consideriamo che il ruolo del protagonista Emile de Becque viene assegnato nientemeno che al nostro Rossano Brazzi, non certo un cantante (tanto che nelle parti musicali deve essere doppiato da Giorgio Tozzi, basso italo - americano di casa al Teatro Metropolitan di New York). Più logiche le associazioni alle parti degli altri protagonisti, impersonati quindi da Mitzy Gaynor, John Kerr e Ray Walston. Da ricordare pure la gaffe commessa dalla RCA Italiana sull'etichetta dell'edizione a 33 giri della colonna sonora stampata per il nostro mercato: vengono indicati i personaggi (con tanto di nome di battesimo puntato) e non gli interpreti, disorientando quindi gli ascoltatori che non avessero la benchè minima contezza della trama di South Pacific, appunto (venendo pure a mancare l'aiuto del retrocopertina, che riporta solo una retorica, insulsa nota di invito all'ascolto da parte degli Autori e la relativa traduzione italiana, ancora peggiore).
Anche qui disponiamo del trailer originale nordamericano, il quale si segnala per la totale assenza di estratti dalle scene cantate:

Eccoci quindi alla già citata stroncatura di Vittorio Bonicelli: Il "colosso" marino di Joshua Logan è una specie di mostro preistorico la cui noia, il cui cattivo gusto, la pretenziosità nascondono a mala pena un'intima vena pornografica. Ne sono sinceramente scandalizzato. Non credevo possibile che tutti i luoghi comuni dell'esotismo potessero trovare una esemplificazione cinematografica così volgare e totale. Nulla ci è risparmiato; nemmeno la più pietosa piaga dell'Oriente asiatico, la vendita delle bambine a scopo di prostituzione, esercitata dai genitori. Non mi scandalizza evidentemente il fatto che la piaga mi sia mostrata; bensì che sia idealizzata, sia pur goffamente, con quell'ambiguo personaggio di vecchia ruffiana e circonfusa di un dozzinale romanticismo da colonialisti ubriachi. Quanto al resto, preferisco non comprendere il significato reale di codesta sagra di appetiti sessuali soldateschi e di ombelichi maschili. Fortunatamente, nemmeno la pornografia resiste al ridicolo. Rossano Brazzi che canta e parla in rima (e che rima !), cambiando colore a seconda del sentimento che dovrebbe esprimere, diventando cioè viola in faccia, o giallo, o turchino, produce una involontaria comicità talmente irresistibile che tutto il resto del film annega.
(ibidem)
Il nostro viaggio sul rapporto originario tra cinema e TV in Italia (anche pretesto, speriamo gradito, per rievocare alcune pellicole in programmazione nel periodo oggetto del presente post) finisce qui. Vi salutiamo caramente e vi diamo appuntamento al nostro prossimo intervento, sempre consapevoli di riuscire a coronare al meglio ogni contributo portato allo sviluppo (e, speriamo, a un sempre costante successo) del nostro e vostro Focolare.
Buona notte a tutti ! ! !
CBNeas

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