Buongiorno e bentornati al Lunedì Desueto!
Come sempre, nuovo appuntamento, nuova parola, quindi non dilunghiamoci oltre e passiamo subito alla definizione.
Cubare †
[cu-bà-re]
v. intr. (aus. essere) e intr. pronom. cubàrsi
Giacere, riposare.
“Là dov’Ettore si cuba”. Divina Commedia, Dante.
E ora passiamo al racconto!
Cubare
“Giaci qui, disteso accanto a me. I tuoi occhi sono rilassati come non mi sembra di averli mai visti in tutti questi anni passati insieme. Le tue labbra sembrano atteggiate in una simpatica smorfia, quasi come quel giorno in cui mi hai chiesto di sposarti. Me lo ricordo bene, sai? E mi ricordo anche di aver accettato con celata riluttanza.
Non te l’ho mai detto, ma non volevo sposarti. Non che non ti amassi, ma semplicemente non volevo cadere nella trappola di un legame dal quale è difficile scappare. E invece ho detto sì, e mi sono lasciata ingabbiare.
L’ho fatto per te, per farti stare bene, per darti una gioia, ma il tempo ha dato ragione alle mie paure, e dopo quella gioia iniziale non ho fatto che darti dispiaceri. Credi che non lo sappia? Credi che sia stata cieca davanti a tutto il male che ti ho fatto, giorno dopo giorno?
No, non sono cieca. Vedevo benissimo tutto quello che sopportavi per amor mio e tutto quello che io non riuscivo a darti. Avrei voluto, lo giuro! Ma il mio amore era drogato da quel senso di insicurezza tipico delle donne come me. Non potevo permettere che nulla insediasse il mio dominio su di te, tremavo alla sola idea che qualcosa potesse portare via da me anche il tuo più insignificante pensiero.
Ero, e forse sono ancora, il dittatore della tua esistenza.
E tu ti sottomettevi a questo, triste come un cane bastonato, continuavi a correre dietro di me, noncurante di tutto il male che ti causavo, perché tu hai sempre saputo cos’è l’amore, cosa significa amare davvero. Non come me. Tu sapevi sopportare tutto per amor mio, e io non avevo un briciolo di pietà, intenta a rafforzare il mio dominio sull’impero del tuo cuore.
E guarda un po’? È stato proprio il tuo cuore a strapparti a me, quasi in una rivolta finale il cui prezzo è stato la morte. Tutte le rivoluzioni che portano alla libertà richiedono la morte, dopotutto.
E adesso giaci qui, accanto a me, mentre ti sorreggo il capo esanime. Ti guardo, anch’io distesa, e non posso non pensare ad Ettore e ad Andromaca, e a quel verso Dantesco che dice “là dove Ettore si cuba”. E vedo in te un eroe qual era Ettore, un grande eroe, perché entrambi vi siete battuti per la libertà fino alla morte.
Eppure non posso che odiarti, perché infine ti sei sottratto a me, al mio dominio. E anche ora che la tua anima è nell’Ade, non posso evitare di farti del male.
Piango, infatti, ma non per la tua morte. Piango per il vuoto che è rimasto.”
Bene, anche per oggi il Lunedì Desueto è terminato. Spero che il mio racconto vi sia piaciuto e che vi abbia lasciato qualcosa, come sempre. Vi ringrazio per la fiducia che mi accordate, seguendo il mio blog, e vi auguro una buona giornata.
A presto!
Neri.
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