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Lunedì Desueto n° 15 – Gora

Creato il 28 gennaio 2013 da Nerifondi @NeriFondi

Buongiorno e bentornati!

Quindicesimo appuntamento con il Lunedì Desueto che ci vede in compagnia di una parola di cui non sapevo l’esistenza fino a quando “Una parola desueta al giorno” non me l’ha proposta per creare un racconto.
Cosa significa? Scopriamolo subito!

Gora
[gò-ra]
s.f.
1 Canale artificiale derivato da un fiume per portare acqua come forza motrice o per irrigare: la g. del mulino

E ora dedichiamoci al racconto!

Gora

Neri Fondi GoraCarlos aveva un piccolo mulino.
Non era l’unico del piccolo paese in cui viveva, ma tra tutti era il più piccolo e il meno efficiente. Si trovava staccato dal fiume – chissà poi perché? – e si muoveva grazie all’acqua che Carlos era riuscito a fargli arrivare mediante una gora scavata con la sola forza delle sue braccia. La potenza di quel rigagnolo non era molta, ma era sufficiente per soddisfare le esigenze dell’uomo e della sua famiglia.
Tuttavia, un giorno, alcuni passanti videro Carlos indaffarato con una grossa vanga nei pressi del piccolo canale.
«Ehilà, Carlos! Che stai facendo?», chiese uno di questi.
«Ehilà!», rispose Carlos. «Sto migliorando la mia gora.»
«Ti sei deciso finalmente a produrre del macinato da rivendere?»
«Qualcosa del genere.»
Quella risposta non soddisfece nessuno, ma comunque fece il giro dell’intero paese. L’idea che qualcuno potesse intraprendere un commercio per così dire “innovativo”, spaventava la comunità. I loro equilibri sociali si sarebbero potuti incrinare se qualcuno avesse deciso di allargare la propria attività. Non era qualcosa che andasse a genio alla gente del paese, ma lasciarono correre. Tutti sapevano che il figlio di Carlos era morto, e gli avrebbero perdonato questa decisione.
Da quel giorno in cui i passanti lo videro, Carlos scavò per intere settimane, e più scavava, più la gora del suo mulino aumentava di dimensioni. Non si curava dell’acqua che gli intorpidiva le gambe e le braccia a causa della gelida temperatura autunnale; non gli importava della fatica o della fame; non gli importava di nulla. Doveva solo scavare.
Quando finalmente il canale ebbe raggiunto le dimensioni che desiderava, Carlos sparì per diversi giorni. Nessuno sapeva dove fosse andato, tranne forse sua moglie che comunque si nascondeva dietro un velo di silenzio così impenetrabile da far demordere chiunque dall’intento di insistere.
Carlos rimase via per una settimana, al termine della quale ritornò con una mano fasciata in maniera approssimativa. Il medico giudicò che la mano dovesse essere amputata, perché i traumi da schiacciamento che aveva subito l’avrebbero certamente mandata in cancrena in pochissimi giorni. L’uomo non si oppose alla decisione, e si fece amputare l’arto senza emettere neanche un gemito. Contrasse solamente le labbra, ma sembrò trovare una sorta di sollievo in quel gesto che lo separava dalla sua mano destra.
Dopo qualche tempo riprese a macinare, avvalendosi della nuova forza che aveva donato al proprio mulino grazie alla gora che si era impegnato a scavare. Nessuno disse nulla, nonostante la sua attività gli rendesse molto bene. Che si poteva rimproverare a un uomo che aveva perso un figlio e una mano?
Era difficile per Carlos lavorare con una mano sola, ma non si lamentava mai. Aveva detto a tutti che la mano gli era rimasta incastrata sotto un enorme masso durante una frana, ma quella non era la verità. Tutti avevano creduto a quella storia, ma solo sua moglie, oltre a lui, sapeva cosa era accaduto veramente.
Suo figlio gli aveva sempre detto che avrebbe dovuto allargare quel canaletto che faceva muovere il mulino, ma Carlos si era sempre opposto, attaccandosi alla mentalità chiusa e fissa del paese in cui viveva. E proprio il giorno prima che il suo ragazzo morisse, stroncato da un improvviso attacco di cuore, gli aveva dato un sonoro ceffone che l’aveva fatto cadere a terra, come punizione per la sua insolenza.
Quella mano che aveva colpito suo figlio sembrava osservarlo ogni giorno, come se avesse degli occhi inquisitori. Gli rimproverava che l’ultimo contatto avuto con il sangue del proprio sangue era stato uno schiaffo, un gesto di violenza e di risentimento.
Per questo aveva allargato la gora, e sempre per questo aveva iniziato a macinare in gran quantità: per onorare la memoria di suo figlio.
Per questo non aveva più una mano. L’aveva sacrificata a quella macina che suo figlio avrebbe voluto migliorare.

Bene, anche per oggi è tutto! Spero che il racconto vi sia piaciuto. Alla prossima!

Neri.

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