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Lunedì Desueto n° 7 – Laconico

Da Nerifondi @NeriFondi

Eccoci qui per un altro Lunedì Desueto! La parola di oggi è “Laconico”, e come sempre mi è stata suggerita da “Una parola desueta al giorno”.

Ecco qui la definizione, e a seguire il racconto. Buona lettura!

Laconico
[la-cò-ni-co] agg.

1) Della Laconia, regione greca in cui sorgeva Sparta; estens. spartano

2) Dicesi di persona essenziale nell’esprimersi (caratteristica attribuita agli spartani), breve nella comunicazione.

Laconico

Neri Fondi LaconicoIo e Alan McCullen siamo sempre stati amici, fin da bambini. Le nostre madri erano amiche di lunga data, trasferitesi qui con le grandi carovane quando ancora il West si poteva chiamare davvero selvaggio, non come ora, puah!
Credo di non aver mai trascorso più di due giorni di fila lontano da Alan, nemmeno dopo che entrambi ci siamo sposati. Parlare con lui davanti a una pipa caricata con tabacco scadente e un bicchiere di whiskey era il mio più grande piacere, e posso dire senza timore che per lui valeva la stessa cosa. Nuvole di fumo, un po’ d’alcool e tante idee. Non stavamo zitti un momento, e alla fine anche le nostre mogli si sono rassegnate al nostro rapporto.
E in fin dei conti quel rapporto si è sempre basato solo sulle parole, su quei discorsi che fondavano la nostra reciproca fiducia e la nostra salda amicizia. Da bambini ci chiudevamo in quel mondo solo nostro, e crescendo abbiamo fatto in modo che anche le nostre mogli vi entrassero a far parte; e dopo di loro i nostri figli, e così i nostri nipoti.

Abbiamo passato tanti anni in quel dannato saloon, sempre insieme, sempre affiatati, fino a quando le cose non hanno cominciato a prendere una strana piega. Piano piano i nostri discorsi si fecero meno accesi, e dopo la foga venne meno la frequenza. Ci ritrovavamo sempre più spesso a guardarci in silenzio negli occhi, ognuno impegnato a tenere accesa la propria pipa, fino a quando non ci rendemmo anche conto, in silenzio, che ormai nessuno dei due aveva più voglia di sfidare l’altro a chi avrebbe fatto spegnere più tardi la propria brace.
Non cambiò nulla nei nostri sentimenti reciproci, ma con l’avanzare degli anni e il mutare delle generazioni, io e Alan diventavamo sempre più laconici. Comunicavamo sempre meno con le parole e sempre più con piccoli gesti, fino a che anche questi non vennero a mancare, e tra noi regnò il silenzio.

Dopo questo traguardo non passò molto tempo che Alan passò a miglior vita, lasciando in me un grande vuoto. Il giorno del suo funerale mi feci un whiskey sulla sua tomba e ne versai uno sulla terra per lui, sempre rigorosamente in silenzio.
Ora sto seduto al solito tavolo, in quel saloon che in ottant’anni non aveva voluto saperne di cambiare, di adeguarsi ai tempi. Ho il cappello calato sugli occhi, la pipa di pannocchia serrata fra i denti e la mia Colt sulle ginocchia. In novantatré anni non l’ho mai usata, se non per sparare a qualche barattolo con scarsi risultati.

“Che possa essere il mezzo per tornare a chiacchierare con Alan?

Spero che il cappello mi rimanga sulla testa.”

Anche per questo lunedì abbiamo finito, miei cari lettori. Colgo l’occasione per ringraziarvi, perché è davvero bello vedere il modo in cui mi seguite. Grazie davvero.

Spero che il racconto vi sia piaciuto, e con il solito promemoria che indica il pulsantino in alto a destra per l’iscrizione, vi do appuntamento a sabato con l’articolo della settimana…

O forse anche prima, chissà!

Neri.



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