Buongiorno e bentornati all’appuntamento con il Lunedì Desueto, la rubrica che vi regala una parola un po’ in disuso e un racconto inedito ad essa collegato.
Come sempre vi ricordo che il Lunedì Desueto è in collaborazione con “Una parola desueta al giorno“, che ogni settimana mi ispira con una nuova parola.
Ma ecco la parola di oggi, magari non troppo desueta, ma comunque interessante.
Tonsura
[ton-sù-ra]
s.f.
1 ECCL Rito mediante il quale un laico entrava a far parte dello stato clericale, consistente nel taglio, effettuato dal vescovo o da un suo delegato, di cinque ciocche di capelli, come simbolo di umiltà e di rinuncia al mondo: fare la t.; conferire, dare la t.; prendere, ricevere la t.; t. clericale, monastica.
2 Parte rasa del capo a forma di piccolo disco, tipica degli appartenenti maschi ad alcuni ordini religiosi; chierica.
E ora, senza indugi, passiamo al racconto!
Tonsura
Avrei potuto fare molte cose nella mia vita, e probabilmente potrei ancora farne. Il problema è che manco di ostinazione, se non in alcune piccole cose di poca importanza. Avrei veramente potuto cambiare il mondo, e forse potrei ancora farlo, ma torniamo sempre lì, alla mia mancata ostinazione.
Penso che sarei potuto diventare un membro della Chiesa. Sì, decisamente, le qualità non mi mancano per nulla. Sono pio, devoto, non mi faccio trasportare dai piaceri terreni… L’unico mio problema è quella forma di edonismo che mi contraddistingue. Che poi, chissà con che diritto mi definisco edonista, io, così poco vicino alla bellezza.
Ad ogni modo sì, mi vedo come monaco. Ho anche già la tonsura.
No, non riesco a essere così spudorato. Non potrei essere un monaco, e questa non è una tonsura, è soltanto la mia unica ostinazione: un fin troppo sottile circolo di ostinata e ridicola giovinezza che circonda il vuoto della vecchiaia sul mio capo.
Bene, anche per oggi il Lunedì Desueto è al termine. Grazie ancora a tutti voi, sono lusingato ogni volta che leggete i miei post.
Alla prossima!
Neri.
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