Buongiorno e bentornati.
Consueto appuntamento di inizio settimana con il Lunedì Desueto, la rubrica che vi regala una definizione ed un racconto.
La parola di oggi, fornitami come sempre da “Una parola desueta al giorno“, è catafora, e vado subito a darvene la definizione:
Alla catafora (dal greco kataphérō, “volgo avanti”) come figura retorica si fanno risalire due significati:
La collocazione a fine frase di una parola che normalmente sarebbe posta all’inizio perché soggetto.[1][2]
La ripetizione di una parola o di un gruppo di parole che concludono un verso nel verso successivo.[3]
Un esempio del primo tipo:
«baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.» (Ugo Foscolo, A Zacinto, v. 11)
Ed ora passiamo al racconto:
Catafora
Non sapeva chi fosse, non sapeva cosa volesse, non sapeva dove andare, né dove fermarsi, perché ciò che era successo aveva cambiato tutto, e non era più quello di una volta; era confuso, era disperato, ma era anche felice; era tutto ed era nulla nello stesso tempo, qualcosa, nulla, niente eppure esisteva ancora, lui.
Si guardò allo specchio e vide qualcosa che non era. Sorrise, poi fuggì da chi non sapeva di essere. Poi si fermò e decise. Sarebbe diventato qualcuno, lui.
Ma chi era, lui?
Bene, anche per oggi è tutto. Spero di avervi intrattenuto per qualche minuto, e come sempre non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate!
A presto!
Neri.