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lunghissimo: se arrivi alla fine hai la mia stima, io stesso sono arrivato solo a metà

Creato il 01 giugno 2011 da Pesa

Sei indeciso se scendere gli scalini di quel pullman sia una liberazione dall'incredibile calca di studenti e lavorati oppure stia ad indicare l'ennesimo passo verso la tua condanna a morte. Ansia, paura e tristezza continuano a scorrere dentro di te; solitamente il porto con il suo odore forte e pungente del mattino riesce a darti la forza per compiere la camminata verso scuola: quell'immenso caseggiato giallo decadente, posto ai limiti della Cagliari bene, in cui si incontrano due mondi che se paragonati assieme stonano e quasi si disprezzano, ma in quel di viale Trento, a pochi passi dal fulcro del potere regionale, riescono ad unirsi e convivere. Stamane, invece, niente riesce ad incoraggiarti. Quindi ti incammini, passi accanto al McDonald e la puzza ti si insinua fin dentro le narici, lasciandoti una sensazione di sporco all'interno del naso che mischiandosi con lo smog ti fa rimpiangere le calde coperte abbandonate alle 06.30, quando tua madre è venuta a svegliarti urlando «È tardissimo! Sono le sette meno dieci!». Attraversi l'ingresso della stazione, vedi tanti piccoli indaffarati personaggi scalpitare al suo interno, tutti verso un altro mezzo di trasporto, verso una nuova devastante giornata lavorativa; superi l'incrocio ed ecco che, alle 08.00 con il sole che ancora non arriva a superare l'albero delle barche a vela ormeggiate, all'esterno del bar della stazione ci son già persone con la birra in mano, attaccate ad un videopoker e con l'ennesima sigaretta in mano, e tutto ciò non è squallido, è semplicemente la loro vita. La Madonna del Carmine risplende sotto i raggi di Febo che lentamente si alzano e vanno ad illuminare i palazzi in stile liberty del centro, incontri sempre le stesse facce: cinque anni che le vedi, ormai sai le loro abitudini, dove abitano, chi sono, dove prediligono fare colazione, eppure non ci hai mai scambiato mezza parola. Rifletti, lasci sfuggire un sorriso e pensi che tutto sommato anche loro conoscono qualcosa di te. Viale Trieste è ancora oscura e cupa, ma nonostante ciò gli uccelli sugli alberi hanno già iniziato a cantare, ad insozzare le macchine e dare il peggiore dei buongiorno a decine di cagliaritani. Dal canto tuo ti tappi il naso per riuscire a sfuggire al tanfo micidiale che si crea per colpa di quella 500 abbandonata a se stessa da 5 mesi sotto l'albero/dimora di migliaia di volatili. Continua la desolazione per quella lunga via, e continua il tuo malessere, la tua angoscia, sai che Lui ti aspetta, deve giudicarti, deve decidere se sei in grado o meno di superare la Sua prova. Tu pensi «"La logica trascendentale è data dalle tre forme a priori dell'intelletto: spazio, tempo e le dodici categorie" è  giusto!? È sbagliato!? Cazzo, non ce la farò mai, basta faccio vela. Vado al Poetto, è una così bella giornata». Ma neanche ieri sei entrato, non hai scampo, devi andare e affrontare le tue responsabilità. Arrivi e i bidelli ti salutano - "bastardi infami, qui da presto e poi cosa fate? Bevete caffè, parlate male dei professori alle spalle e poi andate a leccare i piedi, non rispettate noi studenti e non lavorate" - e ricambi con un gran sorriso sul viso. I pavimenti sanno ancora di sporco, polvere e tanta cultura. Il busto di Siotto Pintor campeggia in alto, alla destra dell'ingresso principale, davanti alla presidenza; su duemila studenti appena in dieci si accorgono della sua presenza.L'aula sembra non si stata lavata dal giorno prima, l'ultimo banco, a destra della cattedra, ti attende, posizione ottimale per copiare, nasconderti e sfuggire alle occhiate inquisitorie e disprezzanti dei docenti. Ti siedi e sfogli il libro in cerca delle ultime nozioni, ultimi ricordi, ma la tua mente è chiusa, come il tuo stomaco e a breve anche i tuoi occhi, hai bisogno di caffè. Lentamente arrivano tutti quanti e le lancette dell'orologio continuano a scorrere sempre più veloci, nel mentre speri in un incidente, un esplosione, un'improvvisa telefonata anonima che annuncia la classica bomba, ricorri quasi alla preghiera pur di evitare quel confronto. Ma niente da fare. Eccolo, arriva in ritardo, dopo aver dato la sensazione dell'assenza, e cammina lento, come suo solito, accomodandosi a mo' di sovrano sulla cattedra, il suo regno. Appoggia la borsa con la massima cura, in posizione non troppo centrale e neanche troppo verso l'esterno: sembra la sua bella filosofia di vita; troppo pericoloso schierarsi. Saluta, la sua voce è lenta e fastidiosa, bassa e acuta allo stesso tempo, vorresti non essere lì, e il ricordo vola così al letto. Ti guarda e tu lo fissi a sua volta, non abbassi lo sguardo, sente la tua paura, è come i cani (anzi, è un cane), la percepisce. Scorre il dito sul registro e nel frattempo continua a guardarti e ti chiama aprendo appena quella sua piccola e nera bocca «Pesa, perché non ci facciamo una chiacchierata?» ...... mi sveglio di soprassalto. Il cellulare continua a blaterare "sveglia! sono le sette e quindici minuti!". Un po' stronato guardo a destra e a sinistra nell'oscurità della camera cercando i miei compagni di classe, la piccola bocca oscura decorata dalla barba del professore di filosofia, il grigiore delle pareti similverdi dell'istituto, l'odore di gesso e quello di alcol dei pennarelli delle più salutari lavagne bianche, il rumore dei banchi e delle sedie che sfregano al piano di sopra, e penso che effettivamente tutto ciò mi manca. Però son le "sette e quindici minuti", devo proprio correre a lavoro. 



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