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Luoghi comuni dell’editoria

Creato il 17 agosto 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Scambio alcune impressioni con un piccolo editore (molto piccolo, praticamente attivo su scala locale) e mi dice: «Per prima cosa ho cercato il distributore, poi sono partito. Perché se non hai un distributore, non sei un editore». Mi domando come abbia fatto a trovare un distributore (di medio calibro: non uno di quelli grandi e nazionali, ma comunque uno stimato a livello locale) senza avere un piano editoriale da proporre, ma sorvolo. Gli chiedo invece se il distributore lavora bene, se ne è soddisfatto. «No, si limita a piazzare qualche copia nell’unica grande catena con cui ha rapporti, ma senza darci visibilità. Per il resto, io mi giro le librerie indipendenti e distribuisco per conto mio».
Se parlo con autori e lettori, mi sento spesso dire che “un libro non esiste se non lo si trova in libreria”. Però, se chiedo quanti libri “scoprano” nella libreria, mi rispondono che questo non avviene mai o quasi, e che vanno in libreria ad acquistare titoli di cui hanno già sentito parlare.
Mi si rafforza insomma il sospetto che dietro certe affermazioni apodittiche, apparentemente sensate, si nascondano dei vieti luoghi comuni inadatti a fotografare la realtà attuale dell’editoria. A che mi serve avere un distributore se non prova nemmeno a far circolare i miei libri nei canali potenzialmente interessanti? A cosa mi serve cercare il contatto con le librerie per far esporre dei titoli che non verranno mai presi in considerazione dai lettori?
La sorte commerciale di un titolo si decide altrove: nella promozione, nella pubblicità, nella comunicazione verticale e orizzontale. La filiera tradizionale va bene per i grandi editori che hanno grandi mezzi per investire in comunicazione verticale, per far girare nelle teste dei lettori (magari anche dei lettori meno consapevoli e motivati) quei titoli che vanno necessariamente acquistati a colpo sicuro in una qualsiasi libreria, perchè se non trovi quello ne compri un altro.
Ma il piccolo editore, troppo spesso, non ha un “potenziale” bacino d’utenza: ha degli acquirenti molto motivati per il singolo titolo, che lo cercano e, se non lo trovano, lo ordinano al libraio. Ma perché, a questo punto, devo prendermi la briga di rifornire un libraio (o un distributore) che si limita a passarmi ordini per copie già prenotate e, quindi, virtualmente vendute al lettore? Perché devo lasciare una sostanziosa percentuale in mano a uno che si limita a passare le carte? Non sarebbe più opportuno, più rapido, e alla fine meno costoso per tutti, un rapporto diretto tra editore e lettore?
Sono temi intorno ai quali abbiamo già ragionato. Ma è probabilmente il momento di passare dalla filosofia alla prassi. Buttando a mare i luoghi comuni e cercando di guardare le cose da un punto di vista più realistico, magari meno romantico ma senza inutili velature. E di agire di conseguenza.


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