Sandro Chia, Close to the Ocean (Uomini con delfini), 2006, olio su tela, Collezione privata.
Invenit
da Luigi De Donno, frate, poeta
Carissimo Cesare,
non ti sembrerà vero, ma ti scrivo proprio alle tre di notte di un tredici settembre che vede il mio ritorno a S. Fara. Era da tempo che mi ero ripromesso di farmi sentire, di scriverti…
è strano, ho conservato questa voglia come uno dei momenti più dolci delle mie giornate. Non mi vergogno a dire che l’ho fatto apposta.
In fondo, credo, che tutti e due temiamo (o abbiamo temuto) di incontrarci solo sulla riva del “come eravamo”, fra ricordi belli ma spuntiti, segno di una storia ammalata di avvenire. Diverso il luogo del nostro incontro: non bisogna cercarlo, mentre non si cerca nulla l’offerta sarà imprevedibile, illimitata. L’incontro con sé stessi, l’incontro con l’altro, l’incontro con Dio si gioca nel piccolo spazio fra l’ombra e la luce, nel tenero e tagliente loro rapido abbracciarsi. E le vite passano una nell’altra, scorrono come cascate e gli spruzzi sono le nostre occasioni migliori.
Discontinuità del nostro vivere, mille chicchi di grandine le nostre emozioni a colpire l’astratta lucida lamiera della razionalità. E se la vita è un fuoco, noi siamo le scintille che a stento brillano all’orizzonte dell’incendio: proiettate in alto, ma con una grande sete di suolo. Il mio corpo non è più lo stesso, si trasforma lentamente (Dorian Gray?), ha tanto bisogno di me quanto io, una volta, avevo bisogno di lui. La malattia è un altro occhio che mi è spuntato al centro del petto; una finestra aperta alla tramontana e allo scirocco instancabili portatori di sudore umano.
No, il mio male non mi divide dalla vita; né dalla mia né da quella degli altri: mi fa sentire labbro di ferita, compagno di dolore. Sono ormai le quattro, torno nel mio letto: sono felice di averti ancora incontrato stanotte, amico carissimo, amico di carne e di nervi. Io riprendo in pieno la mia strada, chiedo al Signore di giungere a servirlo totalmente come frate e sacerdote; Lui saprà cosa fare.
Abbraccio forte te, Maria e i tuoi bambini, sicuro di trovarti già domani sulla sponda del mio cuore
tuo Gigi
di Cesare Minutello
Fecit
a Luigi De Donno, frate, poeta
lo sai è realtà
la morsa che col marasma
la prospettiva ammanta
e fuori incombe sulla riva
d’incerti approdi
carico è il viaggio
e sul fondale
resti di stelle,
d’indifesi nidi
da qui dove insiste una traccia
trattenere l’acqua con le mani
per un poco ancora si può
dunque su monti d’inchiostri
siamo nient’altro che lupi o partigiani
tra rocce pietre
isolati arsi
nei prati acquattati
invisibili sparsi
e stanno bruciando l’erba tutto intorno
e ora le labbra
si vanno seccando
svelta nel campo
una banda di ragazzi
fra lazzi grida
e risa va spedita
lontano come un falò
di festa quasi incendia il paese
verrà l’avvenire verrà
come un morso
arriverà sulla sponda
Maglie, 13.9.1991 h.3.29