Non entro nel merito della qualità del libro di Saviano, né della successiva sorte artistica dello scrittore (meglio: del personaggio). Quello che mi preme sottolineare è che Saviano ha descritto una realtà che conosceva bene e nella quale ha vissuto per tutta la vita.
Spesso si è incapaci di valutare con occhio oggettivo il contesto in cui ci si muove perché la realtà, filtrata dalla nostra personale e parziale prospettiva, tende ad apparirci l’unica possibile, quasi una emanazione delle Necessità.
Per questo si è stupiti nel leggere dei resoconti che siano in grado di consentirci una visione del nostro contesto da un’altra prospettiva, e che quindi ci diano un quadro completo delle nostre frammentarie conoscenze sulla realtà.
Il compianto autore americano David Foster Wallace rifletteva al riguardo distinguendo il Realismo ‘storico’ da quello odierno: se quello mirava a rendere familiare ciò che risultava estraneo (per cui I Malavoglia o Papà Goriot sopperivano all’assenza di media diffusi, e quindi alla scarsità di informazioni sul mondo), il compito del romanzo oggi sarebbe quello di rendere estraneo ciò che è tutti i giorni sotto gli occhi, dunque troppo vicino a noi (e moltiplicato mille volte) per poterlo correttamente valutare.
Al di là delle definizioni (Realismo, New Realism, Autenticità) – i dibattiti contemporanei mi paiono un po’ fumosi – ecco quello che ho apprezzato maggiormente in Lupi di fronte al mare, di Carlo Mazza (e/o edizioni): una descrizione scorrevole ma densa degli intrighi baresi. Ho letto il libro con costante interesse perché quello che accadeva, procedendo a gran velocità lungo le quasi quattrocento pagine del volume, era che più l’aspettativa di stupirmi per intrighi e magagne del potere cresceva più mi rendevo conto che non c’era intrigo o magagna di cui non potessi essere a conoscenza, né tanto lontano da me da non averne avuta alcuna percezione, nel corso della mia – non lunghissima – vita.
Raccomandazioni, voti di scambio, stipendi regalati, favori, conciliaboli, accordi: malfunzionamenti del sistema ai quali nessuno di noi è estraneo; non c’è paesino o giro di conoscenze allargato all’interno del quale non possiamo aver sentito bisbigliare un’indicazione ‘innocente’, o aver visto stringersi mani che promettevano mutuo ‘sostegno’. Le storture nel tessuto sociale ci sono così familiari che leggerle in un romanzo può servirci a vederle dall’esterno, a provocare in noi, finalmente, il disgusto per il quadro d’insieme.
Nel colophon del testo la consueta specificazione sulla natura finzionale degli eventi narrati, «frutto della mente dell’autore». Vero: la descrizione di fatti e personaggi non è risultato di una inchiesta, i nomi sono d’invenzione e le vicende non compongono un insieme i cui elementi siano in rapporto di biunivoca corrispondenza con i Fatti dell’insieme della Realtà. Ma il lettore non ha bisogno della cronaca dettagliata di un periodo, a lui basta, e gli è di grandissima utilità, poter guardare in faccia l’intricata trama di scambi fra malavita, banche, sanità, politica: un flusso di soldi, voti, posti di lavoro, omissioni, agevolazioni.
Le notizie di intercettazioni, le indagini su Laudati, gli scambi di escort baresi che noi tendiamo a considerare eventi paralleli alla nostra vita quotidiana sono invece il sottostrato e il sovrastrato che influenzano e circondano la nostra realtà, che siamo abituati a considerare inattaccabile e slegata dal racconto che ce ne restituiscono i media. Tv, giornali, radio non fanno che inflazionare le notizie rendendoci impermeabili ad esse, e compito della letteratura è quello di svolgere un lavoro complementare a quello dei mezzi di comunicazione: raccontare mimeticamente quando non c’è medium in grado di farlo, e quando invece troppi media anestetizzano la nostra capacità di comprensione degli eventi, elaborare artisticamente la realtà per restituircela con un racconto che ci faccia, finalmente, riflettere.
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