Luther di Eric Till

Creato il 05 dicembre 2010 da Spaceoddity
Sono sempre stato molto interessato alla figura di Martin Lutero e sono molto molto vicino alla specifica necessità di ricerca e di fede, alla sete di Dio che riconosco ai protestanti (e che mi appartiene molto). Ho tardato a recensire il film a lui dedicato dal regista inglese Eric Till, avevo bisogno di digerirlo, di rifletterci su, nella speranza di non dire troppe sciocchezze (e, qualora capitasse, vi prego di non farvi scrupolo a farmelo notare, sono aperto a ogni discussione costruttiva).
Comincerei col dire che Luther è un gran bel film e che riesce nell'insperato intento di evitare un'agiografia. Il rischio di una narrazione apologetica, infatti, è insito in ogni film biografico e ancor più quando si vuol narrare la storia di un uomo che è andato, da solo, contro una realtà temporale molto forte qual era la Chiesa cattolica (già da tempo scissa da quella orientale), invischiata e contaminata dalla mentalità mercantile che ne ha fatto perdere scopo e missione.
Ho detto "da solo", ma sarebbe il caso di specificare che Martin Lutero aveva, dalla sua, la forza di una lettura costante e sincera, anche se molto problematica delle Sacre Scritture. Lutero (con le fattezze di Joseph Fiennes), nel film, interpreta il suo ruolo di strumento di Dio nel modo più sincero e passionale che gli riesce, nonostante emerga dalla narrazione quale figura inquieta e difficile. La sceneggiatura (di Camille Thomasson e Bart Gavigan) insiste sulla differenza tra i propositi dell'uomo e gli errori delle interpretazioni della sua fede, ovvero tra riforma e rivolta.

Luther, a dire il vero, sembra saccheggiare documenti storici e le opere di Martin Lutero (di cui, però, non ho ancora letto nulla): certe frasi di sapore sapienziale hanno il sapore di autentici aforismi, capaci di mantenere il loro valore e il loro peso anche se estrapolati dal contesto, forse per l'imprimatur che la vita e l'esperienza, e non una qualche autorità religiosa, hanno dato loro.
Per questo, nonostante si evidenzi con chiarezza l'aderenza di Lutero al Cattolicesimo, non si tace la rottura e gli elementi che l'hanno determinata: Lutero appartiene a Cristo e non accetta altra comunità che quella basata sul Suo messaggio. Il protagonista del film di Eric Till non si conferisce un'autorità speciale, se non quella di raccontare l'essenza delle scritture e consegnarle a un popolo che aveva necessità di Dio: Lutero non fSuoa esegesi, racconta storie, ovvero le buone novelle, il Vangelo.
Ambientazione storica (di discreto livello) e descrizione psicologica dei personaggi non favoriscono forse quell'Ecumenismo che ci si attende da un messaggio cristiano come quello portato da Lutero: come spessissimo accade, ormai, le gerarchie cattoliche vengono rappresentate come politici corrotti indegnamente protetti dall'abito talare e alleati a politici ancora più corrotti. D'altra parte, la difesa a oltranza dei rappresentanti di una chiesa e del suo potere non può sostituirsi al messaggio per cui questa chiesa e questo potere esistono e vengono conferiti.
Mi sembra, francamente, che Luther di Eric Till mostri a perfezione cosa voglia dire e a cosa porti il discrimine tra la Scrittura e la comunità che vi si fonda, quando la lancetta punta più in direzione dell'uno o dell'altro elemento. Credo che non i movimenti ecumenici, che sostengo fortemente come parte essenziale del mio percorso spirituale, ma proprio il messaggio di Cristo consista nel perfetto equilibrio tra scritture e comunità.

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