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Lyndon Johnson, Andrew Johnson e Gerald Ford: la rivoluzione silenziosa dei comprimari

Creato il 23 novembre 2013 da Catreporter79

E’ stato, Lyndon Baynes Johnson, un Presidente “migliore” di quanto non lo fu il suo predecessore, John Fitzgerald Kennedy. A lui, gli USA devono la cosiddetta “Great Society”, l’avveniristico programma di riforme sociali che andò a colmare (sebbene in parte) una vergognosa lacuna nel sistema welfare statunitense togliendo, non sia dimenticato, anche un pericoloso argomento alla propaganda antidemocratica e rivoluzionaria fascista, neofascista e marxiano-marxista.

Questa, la Grande Società d’ideazione johnsoniana:

-varo del programma “Medicare” (assicurazione ospedaliera e assicurazione medica gratuite per chi abbia superato i 65 anni)

-varo del programma “Medicaid” (assistenza sanitaria a cittadini e nuclei familiari al di sotto di una determinata soglia reddituale).

-varo del “Civil Rights Act”, la legge che pose fine (“de iure”) alla segregazione razziale sull’intero territorio degli Stati Uniti.

Meno brillante in politica estera, segmento nel quale sarà ricordato per la regia del “casus belli” dell’ Incidente del Golfo del Tonchino e per l’aggressività militare nei confronti del Vietnam del Nord (i bombardieri in volo sul sul Paese asiatico venivano raffigurati dai vignettisti americani con il naso di Johnson sul muso). Questo, però, non inficia e non deve inficiare la considerazione storica, storiografica e politica sull’importanza e la genuinità del lavoro e della vocazione solidarista dimostrati dal 36º presidente degli Stati Uniti d’America nell’affrontare e risolvere le delicate complessità socio-culturali che cristallizzavano il suo Paese all’era post-lincolniana. Johnson era però un “vice”, non aveva dalla sua una bella consorte, una presenza esteriore spendibile, proveniva da una famiglia di vaccari del Sud “redneck” e non dalla crema dell’aristocrazia finanziaria nordista e, ancora e per sua fortuna, non fu scalzato dalla storia in modo platealmente drammatico, così da consegnarsi alla leggenda attraverso la porta principale, quella dell’emotività. In questo, condivise e condivide la sorte di due altri altri grandi inquilini del numero 1600 di Pennsylvania Avenue: Gerald Ford (vice di Richard Nixon), l’ ”everyman” che resse il timone dello Stato in una delle fasi più critiche dell’intera storia americana ed occidentale (contestualmente ad una crescita esponenziale, globale e trasversale dei rigurgiti estremistici) e Andrew Johnson (vice di Abramo Lincoln), l’uomo della tentata pacificazione tra Nord e Sud dopo l’orrore della Guerra Civile, non meno liberale ed accorto dell’avvocato di Hodgenville ma, per l’appunto, “soltanto” un vice.



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