Giacomo Colnaghi è il sostituto procuratore che, con la piccola squadra messa in piedi da lui stesso, Micillo, "il casertano calvo di ottima famiglia, raccomandato e dunque poco considerato dai più (ma in realtà dotato di una logica luminosa, perfettamente consequenziale" e la Franz, "la friulana comunista senza il minimo senso dell'ironia, piovuta da chissà dove, con quegli occhi sempre cerchiati di viola per l'insonnia", svolge un'inchesta sulla morte di un chirurgo, Vissani, esponente dell'estrema destra democratica milanese, per mano degli attivisti di sinistra di Prima Linea, uno dei tanti movimenti nati in risposta agli altrettanti movimenti fascisti, ormai tutti guidati da un unico desiderio: la vendetta.
Siamo a Milano, è il 1981, il periodo più atroce della stagione terroristica italiana. Per Colnaghi la soluzione dell'indagine non rappresenta più l'unico obiettivo di quel preciso momento della sua vita. Capisce che la soluzione finale non può essere chiusa semplicemente nell'arresto del colpevole; capisce che la giustizia, come comunemente intesa, non porterà mai equilibrio a quei due piatti della bilancia, che ogni azione compiuta scatenerà, a sua volta, solo un nuovo desiderio di vendetta; capisce che la sua indagine non può fermarsi solo al "chi", ma che deve anche scoprire il "perché". Un perché che racchiude non solo la voglia di scoprire le ragioni del momento storico in cui vive, ma anche, e soprattutto, un perché che lo deve portare alla conoscenza di un padre perso ancor prima di potersi rendere conto di averne uno.
Ernesto Colnaghi, operaio della zona di Saronno, membro, durante la guerra, di uno dei tanti gruppi clandestini che insorsero contro gli oppressori del popolo: i padroni, lo stato, il conflitto armato, gli arresti, i pestaggi e le deportazioni. Morto per mano fascista. Mai perdonato dalla famiglia, soprattutto da Lucia, la madre di Giacomo, rimasta vedova e con due figli da tirar su.
Giacomo non ha mai conosciuto suo padre, di lui conserva un unico biglietto, una reliquia sgualcita dal tempo, che stringe tra le mani e si porta alle labbra ogni volta che si reca al cimitero, sulla tomba di quell'uomo che rappresenta per lui un mistero da capire.
E si rende conto, pian piano, che se la sua vita è diventata quello che è, se ha accettato di sacrificare la famiglia (per svolgere al meglio un lavoro che lo impegna quasi 24 ore su 24, vive 5 giorni su 7 a Milano e torna in provincia, dalla madre, dalla moglie e dai figli, solo nel fine settimana), se ha lasciato il posto in banca per andare a fare il magistrato, è stato solo per lui e per l'obiettivo supremo che dovrebbe stare alla base della giustizia, quella vera, che nulla ha a che fare con l'equilibrio dei piatti della bilancia, ma con il dolore, con l'eliminazione, per sempre, del dolore.
Il libro è un bel pezzo di storia d'Italia, sia quella attuale al momento in cui si svolge il racconto, la Milano del terrorismo degli anni '80, sia quella degli anni '40, della guerra, delle lotte clandestine, degli scioperi. L'alternanza tra presente e passato, scandita anche dalla scelta di due diversi caratteri che distinguono così i capitoli dedicati ai due diversi periodi storici, è fondamentale per ricavarne un'immagine completa di questo personaggio, Giacomo Colnaghi, che rappresenta perfettamente "il buono", "il giusto", l'uomo che non si accontenta e che non si ferma ad un semplice risultato.
"Morte di un uomo felice" è il mio 1° libro acquistato per l'Italian Book Challange, corrispondente alla categoria n° 1 - un libro vincitore di un premio nazionale. E adesso cercherò di trarne il mio giudizio da scrivere sulla scheda, dai cento ai trecento caratteri, spazi inclusi!
MORTE DI UN UOMO FELICE - GIORGIO FONTANA
EDIZIONI SELLERIO
PREZZO DI COPERTINA: € 14,00