Il nostro amico Enrico mi segnala un fondo di Natalino Balasso sul Fatto Quotidiano, che parla dell'intervento di Benigni al festival di San Remo. L'umanità ha poco bisogno di un festival di San Remo, figuriamoci quale possa essere la necessità di un intervento di Benigni a un festival di San Remo.
Balasso ci va giù duro: "l'inno di Mameli,[...] se dovessimo cantarlo tutto intero, ci sarebbero anche strofe a dir poco imbarazzanti per chi crede nella democrazia."
"L'orgoglio è un sentimento pericoloso," continua Balasso, " in fondo non è da questo che nascono le guerre? Non è dagli inni nazionali? Non è dallo stringiamci a coorte? Dalle bandiere?"
"Mi preoccupa,"è la conclusione, " una sinistra che sembra rispondere alla mancanza di moralità e all'arroganza dei governanti con un bigottismo cieco o una vacua retorica."
Come non essere d'accordo? È più o meno quello che ho pensato io, ascoltando alla radio i primi due minuti della lectio di Benigni. A dir la verità ho pensato " che due palle! ", ma il discorso non è diverso.
Mi sembra ridicolo sostituire alla retorica padana, propria dei neo-xenofobi, quella italica, risorgimentale, borghese e reazionaria, contro cui ci siamo battuti da sempre.
Per dar contro alla lega occorrerebbe smontare tutte le retoriche: le idee di patria, di guerra, di nazionalità, quando issate come bandiere, sono sbagliate e pericolose.
Uno spirito anarchico come il mio si smarrona a sentire di elmi, di coorte, di gente pronta alla morte e di vittoria schiava di Roma. Più che a Mameli, mi ispiro a Gandhi, più che a Garibaldi, a Gino Strada (che è anche interista).
Da oggi, più che a Benigni, mi ispiro a Balasso (anche se non so chi sia).
di Michele BottariCitazione:
" Nessun vietnamita mi ha mai chiamato sporco negro, perché dovrei combattere i Vietnamiti?"
Mohammed Alì
Pictures