Con questa esclamazione, pochi minuti fa, il settantaduenne Joachim Gauck ha inaugurato il suo mandato di nuovo Presidente della Repubblica Federale Tedesca. E’ balzata subito alle orecchie la diversa caratura del personaggio, rispetto al suo pallido precedessore, Christian Wulff, costretto un mese fa alle dimissioni da disonorevoli indagini sugli intrecci tra affari e politica intorno alla sua persona.
Il riferimento alla «bella domenica» non è un appunto meteorologico, ma un richiamo a una data storica per la Germania, quella di domenica 18 marzo 1990, giorno delle prime elezioni libere nella Germania Est alla fine di quarant’anni di dittatura. Esattamente ventidue anni dopo, un tedesco dell’Est diventa per la prima volta Presidente della Germania unificata.
Joachim Gauck non è un tedesco dell’Est qualunque: pastore protestate, fu gravemente toccato nei suoi affetti familiari dai soprusi della dittatura. Attivo già durante i decenni del comunismo in favore dei diritti umani, divenne una delle principali figure del Neues Forum («Nuovo Forum»), il movimento civico più influente nella Germania orientale degli anni della caduta del Muro di Berlino. Tra i suoi incarichi recenti di maggior rilievo vi è stata la decennale direzione dell’autorità incaricata di far luce sulle documentazioni raccolte dalla StaSi, la famigerata Sicurezza di Stato della Germania comunista, con capillari attività di spionaggio ai danni di milioni di ignari cittadini. Si legò talmente a questo mandato che nel linguaggio comune questa autorità venne poi chiamata semplicemente con il suo nome («Gauck-Behörde»).
Non sorprende che Joachim Gauck abbia centrato il suo breve discorso d’insediamento su libertà e responsabilità. Ricordando l’emozione delle prime elezioni libere nella Germania Est, ha detto: «Non mancherò mai, mai una sola volta di andare a votare». Con la grande abilità retorica tipica dei pastori protestanti, ha saputo sottolineare da una parte il legame alla Nazione, dall’altra l’esigenza di integrare coloro che sono arrivati in Germania più recentemente, affinché «anche i loro figli possano dire che la Germania è il loro Paese».
L’insediamento di Joachim Gauck alla più alta carica del Paese economicamente e politicamente più influente d’Europa è una non piccola rivincita per chi, due anni fa, rimase deluso che a una personalità della dimensione di Gauck l’Assemblea federale tedesca avesse allora preferito un politico di provincia come Christian Wulff, buon venditore di messaggi preconfezionati, spinto potentemente alla Presidenza della Repubblica dalla Cancelliera Angela Merkel (che ha rischiato di precipitare rovinosamente insieme a lui il mese scorso, nel momento in cui Wulff è stato costretto alle dimissioni). Cresciuta anche lei nella Germania Est negli anni della dittatura, non si può escludere che la Merkel guardasse all’elezione del Presidente con gli stessi occhi con i quali ci si guardava proprio nei Paesi comunisti, nei quali alle maggiori cariche dello Stato venivano insediate figure di profilo medio-basso, talvolta bassissimo, «messe lì» per consentire l’esercizio indisturbato del potere di fatto a chi stava loro dietro.
Con Joachim Gauck alla Presidenza della Repubblica e Angela Merkel a capo del Governo, La Germania, da oggi, è guidata da due personalità nate e cresciute nell’ex Germania comunista, entrambe profondamente segnate dalla tradizione luterana (Angela Merkel è figlia di un pastore protestante). Si vedrà ora come e se questo cambiamento si riverbererà sulle decisioni in materia di Europa e di crisi economica che ancora attendono la Germania e l’intero continente. | ©2012 Luca Lovisolo