23 OTTOBRE – “Uno dei tuoi maledetti scoiattoli ha appena cercato di uccidermi”.Questa frase mi è stata rivolta alle 9 di mattina di sabato scorso, nella cucina di una bellissima casa nell’East Village a New York, pervasa dal profumo del caffè. La frase era uscita dalla bocca di Kathryn, un’insegnante newyorkese in pensione a cui sono legata da un’amicizia quasi ventennale, che non è mai stata scalfita dalla distanza né dalla differenza di età. Unico elemento di discordia fra noi sono gli scoiattoli: io li adoro, lei li detesta. Dice che le hanno trasformato il giardino in un campo di battaglia, sradicando le sue piante in cerca delle noccioline che avevano sotterrato, e quella mattina avevano addirittura messo un guscio di noce sui gradini sperando che lei ci scivolasse sopra. Brandiva ancora in mano il corpo del reato, cercando di convincermi che gli scoiattoli sono creature astute e malvagie.Fra i mille motivi per cui adoro casa di Kathryn (oltre al mio affetto per la padrona di casa e per la sua famiglia), c’è il fatto che quanto ad avanzamento tecnologico è ferma al 1850; niente wifi (orrore!), una vasca da bagno di quelle con le zampe di leone e la tenda stile Psycho che ti si appiccica addosso in un abbraccio mortale, la caffettiera elettrica che funziona solo attaccandola alla presa di corrente in soggiorno, e appoggiandola su una pila di libri (a me hanno insegnato che calore + carta = no buono; ma forse questa casa funziona secondo diverse leggi della fisica, visto che non è ancora andata a fuoco); la cucina è stracolma di suppellettili arrugginite e pentole di rame ossidate appese con chiodi a un pannello sul muro e sorvegliata da souvenir a forma di gallina provenienti da tutto il mondo; in questo caos si trova a stento il tostapane (la datazione al carbonio 14 lo fa risalire circa al 1960 anno Domini), quando viene collegato alla presa di corrente, ne esce un’allegra spruzzata di scintille azzurre. “Aiutami Obi Wan Kenobi, sei la mia unica speranza”, sussurro scaramanticamente sperando di non finire i miei giorni folgorata dall’elettricità newyorkese. Eppure tutto questo mi fa sentire più a casa, ogni volta che torno lì mi rassicura scoprire che certe cose sono ferme nel tempo in una città che si evolve costantemente.Sono stata nove volte a New York, e quando lo dico mi sento rivolgere due domande:
Ma allora sei ricchissima?!
Ma che ci vai a fare a New York se ci sei già stata?
La risposta alla prima domanda è purtroppo no, non sono affatto ricchissima. La risposta alla seconda domanda è un po’ più complessa. Perché ascoltate più volte una canzone? Non basta ascoltarla una volta? E perché frequentate una persona? Non basta parlarci una volta? Certo che no, ogni volta è un po’ diverso, vi aggiunge qualcosa, vi trasmette delle emozioni, vi fa sentire bene. Ecco, per me New York è così, ci torno perché abbiamo sempre qualcosa da dirci. È il mio rifugio quando ho bisogno di prendere le distanze dalla mia vita quotidiana, quando voglio prendere una decisione su una scelta importante, quando voglio andare via sentendomi comunque a casa. Viverci da newyorkese è un enorme privilegio, frequentare le persone del posto e mangiare in locali non affollati dai turisti è molto più rilassante, anche se trovare posti non turistici è impresa ardua.Ecco dunque qualche consiglio da “insider” per vivere New York!SCEGLIETE BENE IL PERIODO. Il clima di New York è spietato. Torrido d’estate (aggravato da aria condizionata a temperature polari), gelido d’inverno, con venti sferzanti che prendono velocità incanalandosi fra i grattacieli; nelle mezze stagioni assolutamente imprevedibile. Ci sono stata la settimana scorsa, e i primi giorni c’erano 23 gradi, gli ultimi due ce n’erano 4 e un vento che quasi ti sollevava da terra. E quindi? Nella mia esperienza il tempo migliore e più stabile l’ho trovato nella seconda metà di ottobre, meglio verso la fine del mese. Tra l’altro è anche la settimana di Halloween, che negli USA viene festeggiato alla grande, con addobbi a tema horror e bambini vestiti da fantasmini e piccole streghe che vanno in giro per le case a fare “trick or treat”. Attenzione che in quello stesso periodo c’è anche la Maratona di New York, con la città presa d’assalto dai turisti e blindata dai cordoni di polizia. Mi dicono che nel periodo pre-natalizio la città sia al suo massimo splendore, piena di addobbi e luci; non posso confermare questa notizia, poiché io odio il freddo, e il Natale mi deprime più di ogni altra cosa al mondo, e quindi lo evito come la peste bubbonica. Andateci voi e poi fatemi sapere.PRENDETEVELA COMODA. Non fate dei tour de force per vedere tutto. So che vendono dei city pass (che costano un’ira di dio, fra l’altro) che includono ingressi ai musei, il tour con il pullman, il giro del fiume in battello e altre attrazioni. Ma davvero volete intrupparvi come i giapponesi? E vivere con l’ansia di ammortizzare la spesa visitando quante più attrazioni possibili? Supponendo che stiate una settimana, direi che come prima volta un paio di musei sono più che sufficienti. Sicuramente consiglierei il MoMA e il Metropolitan (che è così grande che è bene scegliersi una o al massimo due sezioni da visitare). Da vedere almeno da fuori e dall’atrio, il Guggenheim. Se poi ci tornate, allora vi potete sbizzarrire fra la Frick Collection, la nuova sede (bellissima) del Whitney Museum e mille altri.FERMATEVI. New York è il mio luogo della meditazione. Trascorro almeno un paio d’ore seduta sul mio sasso preferito a Central Park a pensare alla mia vita per prendere decisioni sagge, ascoltando musica. Osservo le persone e tiro noccioline agli scoiattoli. Alla fine di tutto ciò riesco effettivamente a fare chiarezza sulla mia vita e a prendere decisioni sagge? Ma certo che no. Però è un bel modo per passare un paio d’ore.EVITATE I LUOGHI INFLAZIONATI. Beh mica facile: è ovvio che i luoghi più famosi sono anche quelli più presi d’assalto dai turisti. Però il mio suggerimento è di non perderci troppo tempo, dateci un’occhiata e passate oltre. Times Square è il mio posto meno preferito, caotica, pacchiana, gremita di turisti urlanti che ti prendono a gomitate in faccia e poliziotti esasperati che ti strattonano per evitare che tu venga stirato da qualche macchina. Andateci giusto per spuntarla dalla lista delle cose da vedere, o se siete in cerca di biglietti a prezzo scontato per i musical, ma poi anche basta. Guai a voi se avete la folle idea di mangiare in qualche locale nei dintorni! Ma siete pazzi? Mangerete male (a rischio di intossicazione alimentare) e vi spenneranno come dei pollastri. Altro luogo da evitare per gli stessi motivi è il Pier 17. La Statua della Libertà? Costosa e deludentissima.MANGIATE BENE. New York è il paradiso dell’amante della buona cucina. Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. Ristoranti etnici di tutto il mondo, e soprattutto i meravigliosi oyster bar: la città vanta una lunga e prestigiosa tradizione per le ostriche, provenienti sia dalla costa orientale che da quella occidentale; sedetevi al bancone, sceglietevi una dozzina di ostriche di vario tipo, che vi verranno servite in un vassoio con ghiaccio tritato e limone (e anche delle salsine per condirle, dio ce ne scampi, non vi azzardate a rovinare le ostriche con quelle brodaglie!) e beveteci insieme un bicchiere di bollicine: se siete accorti, potrete scovare gli oyster bar che fanno l’happy hour e vendono le ostriche a un dollaro l’una. Il più famoso è l’oyster bar della Grand Central Station, molto bello ma caro come il sangue. I miei posti preferiti sono piuttosto il Mermaid Inn all’East Village e il Lobster Place nel favoloso Chelsea Market, un’ex fabbrica dei biscotti Oreo che ora ospita ristoranti e negozi di prodotti alimentari. Quest’ultimo, con mio grande disappunto, ormai è stato scoperto dai turisti, a causa anche della vicinanza della nuova sede del Whitney Museum e della High Line (una bella passeggiata sulla ex ferrovia sopraelevata, ora convertita in una sorta di giardino pensile); nel weekend o all’ora di pranzo sarete accalcati come sardine, quindi scegliete altri momenti per andarci. Lì vicino c’è anche il più tranquillo (tranne nel weekend) Gansevoort Market, meno turistico, molto bello, una sorta di mercato coperto con bancarelle alimentari di ottima qualità.Se invece non vi interessa mangiare bene ma solo nutrirvi, e soprattutto se avete intenzioni suicide, potete realizzare il vostro turpe proposito mangiando ogni giorno il pomposamente denominato street food. Ovvero, le porcherie assolutamente chimiche e malsane che vendono ai baracchini per strada (e che nessun newyorkese dotato di senno osa avvicinare): hot dog, pretzel (la cosa più salata che esista sul pianeta Terra dopo il Salar de Uyuni in Bolivia), kebab di animale ignoto (meglio non sapere). È un’esperienza da provare, ma da non reiterare a meno che non siate già in lista per un trapianto di fegato. Di sicuro costa poco, ma altri lati positivi non ce ne sono. Potrei parlarvi per ore di posti dove mangiare a New York, ma mi fermo qua; sappiate comunque che se vengo a sapere che avete messo le salse sulle ostriche, vengo lì e vi picchio con un cucchiaio.TUFFATEVI NELLA MUSICA. Per chi, come me, adora la musica, New York è il paradiso: c’è una scelta infinita di concerti tutte le sere, dalle grandi star (la settimana scorsa fra gli altri c’erano Chris Cornell e gli Steely Dan, per dire), alle piccole band dalle grandi speranze nei numerosi locali in zona New York University. Una tappa obbligata è il jazz al Blue Note, locale leggendario in cui suonano sempre musicisti di alto livello; avendo la fortuna di averlo a 10 minuti a piedi da casa mia (“casa mia”?? Abbella, nun t’allarga’) ci vado senza prenotazione, ma se andate nel weekend è meglio riservare un posto al bancone del bar (per 20 dollari) oppure un tavolo (35 dollari). Ci sono due spettacoli a sera, uno alle 20 e uno alle 22.30. Ormai è turistico anche questo, le consumazioni costano una cifra scandalosa e il personale è di una scortesia immane, ma la qualità della musica è sempre eccellente. Altra opzione (meno turistica) è il Village Vanguard.Almeno una volta nella vita dovreste andare a sentire un’opera al Metropolitan Opera, il più grande teatro lirico al chiuso del mondo (3800 posti). Costosissimo (un posto quasi in piccionaia 100 dollari, ma ci sono anche posti meno cari), ma anche qui la qualità della musica vi ripaga del sacrificio economico. L’edificio si affaccia sullo splendido Lincoln Center ed è decorato da dipinti di Marc Chagall; la prima volta ci sono andata a vedere I Pagliacci e Cavalleria Rusticana (“Cav and Pag”, come la chiamano gli habituè), con abito da sera e spirito delle grandi occasioni, e vi confesso che non è male ogni tanto sentirsi parte del “bel mondo”, e il Lincoln Center illuminato di sera è veramente bellissimo.ANDATE AL MADISON SQUARE GARDEN. Tempio dello sport e spesso anche sede di ottimi concerti, il Madison Square Garden merita una visita per vedere una partita di basket anche se, come me, di basket non ne capite assolutamente nulla. Le partite sono divertentissime, con un megaschermo circolare che scende dal soffitto per mostrare i replay delle azioni e per inquadrare le numerose celebrity fra il pubblico. I posti a bordo campo costano intorno ai 3000 dollari, per la cronaca. Durante le pause escono le cheerleader, che sono fonte di grandi risate soprattutto se ci andate con amici maschi giovani che quasi si ribaltano giù dagli spalti per l’entusiasmo mentre urlano cose sconce alle leggiadre donzelle che sgambettano in campo.SE PROPRIO VOLETE FARE SHOPPING… Con il dollaro molto più forte nei confronti dell’euro rispetto al passato, comprare negli Stati Uniti non è più così conveniente. Restano gli outlet, in cui ancora si possono fare affari d’oro: segnalo DSW, mega outlet di scarpe su 5 piani che si affaccia su Union Square (impossibile uscirne a mani vuote), e Century 21 nel Financial District (la fermata della metro è Cortlandt Street), veramente enorme, vende abbigliamento ed accessori di tutte le marche, anche europee, a prezzi talvolta convenientissimi. Vi consiglio vivamente di tenervi alla larga dal reparto borse di sabato: è affollato a livelli inimmaginabili da donne assetate di sangue che sono pronte a uccidervi senza remore nel caso mettiate gli occhi su una borsa che hanno adocchiato loro. È il posto giusto in cui cercare un killer da assoldare, comunque. Queste qua non guardano in faccia nessuno. Per negozi dal gusto particolarmente ricercato e originale, Greenwich Village tutta la vita. Invece sulla Broadway scarpe, scarpe e altre scarpe.COME SOPRAVVIVERE AI MEZZI DI TRASPORTO. Potete provare a girare la città a piedi: tanti auguri. Le distanze sono enormi. Se pensate di arrivare velocemente a quel grattacielo lì solo perché vi sembra vicino, sappiate che non è vicino: è solo molto grande, ma è a chilometri da voi e ci arriverete dopo aver scarpinato un’ora. Quindi date retta a me, fatevi la Metrocard per 7 giorni (31 dollari benissimo spesi). Una volta provate l’ebbrezza di prendere un taxi: i tassisti (nessuno dei quali è newyorkese, e quasi mai è americano) sono dei personaggi molto pittoreschi, spesso parecchio loschi, e guidano come degli invasati mentre vi dispensano perle di saggezza su come risolvere i grandi problemi della politica e dell’economia mondiale. L’altra sera un tassista haitiano in 10 minuti mi ha spiegato la situazione economica del suo paese e come renderlo un paese ricco e prospero in quattro semplici mosse (il tutto mentre la mia vita mi passava davanti agli occhi grazie alla sua guida spericolata).Concludendo: vale la pena di andare a New York? Assolutamente sì. È una città entusiasmante, ricca di storia (in un paese che ha una storia relativamente recente) e di stimoli culturali. Vale la pena di tornarci? Secondo me ancora sì, è in continuo cambiamento, le proposte culturali si rinnovano sempre, è una città completamente diversa a seconda del periodo dell’anno in cui la si visita. E se ci si va per meditare sul sasso di Central Park, si troveranno le risposte che si cercano? Ma certo che no. Le risposte non ve le dà la città, ve le dovete trovare da soli. Ma se proprio volete meditare sulla vostra vita, vi garantisco che è meglio farlo mangiando ostriche al Lobster Place piuttosto che imbottigliati nel traffico della vostra città.Sarah Baldo
Articoli Collegati:
Luca, un “Nostro” connazionale a New York
Gli occhi dell’Amore
Bolivia, via dalla pazza folla (e dalle docce calde)