Ieri durante un colloquio di lavoro mi chiedevano come ho fatto a integrarmi alle altre culture nelle mie svariate esperienze professionali all'estero. La mia risposta è stata "beh, ho di solito avuto parecchie difficoltà a integrarmi con gli italiani espatriati come me". Quest'affermazione ha chiaramente suscitato alzate di sopracciglia e lunghi commenti scritti (che vorrà dire, non so), però devo ammettere che, a freddo, sorprende un po' anche me.Ora, non è che voglia per forza fare quella amica dei popoli a tutti i costi, ma l'atteggiamento di certi italiani residenti all'estero mi manda in bestia.Il senso di superiorità, l'eterna lamentela, la critica caustica sempre a fior di labbra. Il fardello dell'uomo bianco. Sì, abbiamo avuto una storia coloniale da far ridere i polli e giochiamo ora a fare i conquistatori all'estero, contornandoci da tutte le suppellettili del caso, compresi vari ed eventuali schiavetti da vessare a piacimento. Chiaramente, all'estero fa tutto schifo, niente sarà perfetto come in Italia e il popolo ospitante, essendo tendenzialmente troglodita, non ha proprio i mezzi per capire cosa vogliamo dire.Da italiana all'estero seguo commenti, punti di vista, osservazioni e timori di altri miei "colleghi" residenti nella mia seconda patria, l'Egitto. Sono basita. Prima tutti a seguire la rivoluzione con ammirazione e orgoglio (sí, per un momento sono stati capaci di provare questi sentimenti nei confronti degli indigeni), poi, appena caduto Mubarak, tutti ad aspettarsi un'economia fiorente, strade svizzere, legalità impeccabile, coscienza ecologica che la Danimarca in confronto è una dilettante, donne in bikini come a Rio, baci omosessuali interreligiosi.Bravi. Complimenti. Chapeau.Si stava meglio quando si stava peggio. E, in effetti, anche le mezze stagioni non esistono più. La frutta? Acquetta… No, in Egitto no.Questa è una bellissima analisi della situazione post-rivoluzionaria da una residente al Cairo che scrive per uno dei più importanti quotidiani indipendenti egiziani, Al Masry Al Youm.L'Egitto E' un casino, ma 1) La cosa non deve sorprendere, 2) Criticare e lamentarsi non giova, 3) Credo che il popolo egiziano abbia bisogno del pieno supporto anche degli stranieri che vivono li', proprio perchè come loro, amano il paese (o almeno così dicono).Non è vero che Mubarak teneva sotto controllo la situazione, anzi. Usava i suoi burattini come voleva, in pieno stile divide et impera (al fitna, in arabo) e bastone e carota. Gli uomini del regime erano dietro l'attentato di Sharm e quello alla chiesa copta di capodanno. In un paese dove la religione è fonte di legittimazione individuale, il regime la usa come arma, come deterrente e come antidoto. E tutto questo succede ancora, com'è spiegato benissimo qui , qui e qui . Nell'ultimo link segnalato il punto di vista è di Alaa Al Aswani, non ditemi che non lo conoscete. In tutti gli scontri settari che abbiamo visto dopo l'11 febbraio, c'è dietro un macchinoso disegno tessuto da chi è ben lungi da lasciare il potere.
Altro che colpi di coda del regime, c'è tutto ancora dentro mani e piedi.
Sveglia, cari italiani, aprite la mente, gli occhi e le orecchie.
posted by: marghe