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Ma da cosa nasce il mito dell’egemonia culturale a sinistra? Il giornalismo, la scrittura, la poesia raccontano infatti un’altra storia…

Creato il 03 aprile 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Gabriele_D'Anunnziodi Rina Brundu. Giovannino Guareschi, Indro Montanelli, Oriana Fallaci: cos’hanno in comune questi tre giornalisti? Almeno due cose: sono senz’altro i più validi professionisti che abbia mai prodotto il giornalismo moderno italiano e sono tutti di destra. Gabriele D’Annunzio e Alda Merini: cos’hanno in comune? Sono le voci poetiche più note e più acclamate dell’Italia moderna: il primo era sicuramente di destra la seconda non era di sinistra. Certo è più difficile parlare di scrittura dato che l’Italia post-seconda guerra mondiale non ha prodotto grandi scrittori (o comunque scrittori di ampio respiro internazionale) ma se torniamo un poco indietro nel tempo e facciamo di tutta l’erba un fascio, passando dalla filosofia (vedi Croce), al teatro (vedi Pirandello) ad autori come Tomasi di Lampedusa, Gadda, Montale, Palazzeschi, ad artisti come Marinetti, etc etc etc, non è arduo scoprire che sono tutti di destra, or thereabouts.

La partita non sarebbe neppure da giocarsi se allargassimo l’orizzonte su scala globale e includessimo i mostri sacri da Dante a Shakespeare e soprattutto i grandi autori internazionali, quelli le cui opere ci hanno regalato le più preziose gemme immaginifiche che hanno plasmato i nostri sogni e la nostra capacità intellettuale: sono tutti di destra o comunque portatori di una grande visione ideale che oggidì classificheremo di destra! Ma allora da cosa deriva il mito dell’egemonia culturale a sinistra? Mi sono ritrovata a pensarci dopo avere pubblicato alcune note e mie considerazioni (piuttosto spicce) sul cinema morettiano (per me emblema del cinema di sinistra italiano che – in opposizione al cinema di respiro globale dei vari Fellini (il quale a dispetto del tentativo di cooptazione dell’intellittualità di sinistra votava DC e aveva inviso il PCI), Zeffirelli, Leone – non ha mai saputo rappresentare un personalissimo universo che si farà ricordare), la qual pubblicazione mi ha portato a confrontarmi via e-mail con diversi amici e frequentatori del sito sulla “pregnante” tematica e quindi a investigarla di conseguenza.

Tra gli altri mi è stato girato il link a un pezzo titolato “Perché non esiste una cultura di destra?” di Adriano Romualdi, il quale scrive: “È indubbio che LO SCHIACCIANTE PREDOMINIO DELLE EDIZIONI D’INDIRIZZO MARXISTA, DEL CINEMA SOCIALCOMUNISTA, invita all’engagément anche molti che – in clima diverso – sarebbero rimasti neutrali. Ma ciò non deve farci dimenticare la vera causa del predominio dell’egemonia ideologica della Sinistra. Esso risiede nel fatto che là esistono le condizioni per una cultura, esiste una concezione unitaria della vita materialistica, democratica, umanitaria, progressista. Questa visione del mondo e della vita può assumere sfumature diverse, può diventare radicalismo e comunismo, neoilluminismo e scientismo a sfondo psicoanalizzante, marxismo militante e cristianesimo positivo d’estrazione “sociale”. Ma sempre ci si trova di fronte ad una visione unitaria dell’uomo, dei fini della storia e della società. Da questa comune concezione trae origine una massiccia produzione saggistica, storica, letteraria che può essere meschina e scadente, ma ha una sua logica, una sua intima coerenza. Questa logica, questa coerenza esercitano un fascino sempre crescente sulle persone colte. Non è un mistero per nessuno il fatto che un gran numero di docenti medii ed universitari è comunistizzato, e che la comunistizzazione del corpo insegnante dilaga con impressionante rapidità. E, tra i giovani che hanno l’abitudine di leggere, gli orientamenti di sinistra guadagnano terreno a vista d’occhio. Dalla parte della Destra nulla di questo. Ci si aggira in un’atmosfera deprimente fatta di conservatorismo spicciolo e di perbenismo borghese.”.

Più prosaicamente il mio amico – già ottimo professore universitario – mi scrive: “Premetto che per me non ha costituito una sorpresa trovare quasi tutti gli intellettuali che ho conosciuto, di persona o tramite le loro opere, schierati a sinistra (per esempio, nella mia Facolta’ di Scienze immagino fossero un buon 90%), perche’ gli intellettuali vanno sempre dove ci sono soldi e potere e, che piaccia o meno, la sinistra italiana ha sempre avuto gli uni e l’altro, giocando su quel grande patrimonio fondato sulla vittoria nella guerra, e l’imposizione della “democrazia” rivestita dalle note forme in cui il malaffare ha prosperato…”.

A mio avviso non è sempre vero che gli intellettuali hanno il cuore a sinistra e il portafoglio a destra, vero è piuttosto che nell’Italia delle ultime decadi coltivare questa idea dell’arte e dell’intellettualità ha aiutato i tanti a diventare “artisti” e “intellettuali”. Diciamocelo francamente: quanti moderni intellettuali di sinistra si potrebbero considerare tali se basassimo il giudizio sulla qualità della loro “produzione”? Probabilmente uno o due e già intuiamo che stiamo esagerando. Ma poi, cosa produce un intellettuale? Per lo più chiacchiere. Circonlocuzioni. Arzigogoli. Giri di parole. Perifrasi sulla capacità artistica altrui. Gli intellettuali davvero tali che marcano il proprio tempo con riflessioni importanti e pregnanti, capaci di fare una differenza, sono rari e secondo me non possono essere né di destra nè di sinistra, possono essere soltanto CONTRO (un “contro” ti dipo decostruzionistico non necessariamente “rivoluzionario” o sfascista). Insomma, quando si scorge il noto critico in compagnia del noto regista che conversano amabilmente sull’arte di quest’ultimo bisognerebbe farsi questa semplice domanda: come può uno spirito dichiaratamente amico conservare la necessaria lucidità e obiettività per valutare la capacità artistica di cui discutono? L’onestà con cui si riesce a rispondere a questa fondamentale interrogazione fornisce anche il parametro per analizzare quella capacità artistica (e i suoi risultati) in maniera “scientificamente” accettabile.

Ne deriva che a mio avviso occorrerebbe fare attenzione quando si parla di egemonia culturale di una parte o dell’altra (faccio riferimento anche al titolo un po’ confusionario dell’articolo di Adriano Romualdi citato sopra – se non altro perché “cultura” è ogni espressione dell’animo umano e vive indipendentemente dal “marchio politico” di riferimento) e distinguere fortemente tra la capacità artistica e autorale (che fino a prova contraria è le base fondante la dimensione dello spirito che chiamiamo “culturale” – i.e. Dante non sarebbe Dante senza la Commedia e Shakespeare non sarebbe lo stesso autore senza le sue immortali tragedie!) e il mito dell’engagément intellettuale “cool” per dirla con un termine digitalmente appropriato. Diceva il grande De André “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”, e per quanto possa risultare fastidioso ai profeti del radical-chichismo a-tutti-i-costi, da un punto di vista meramente intellettivo noi siamo per lo più figli “dei fiori” piantati nel corso dei secoli su quel “letame” non dei rari “diamanti” (o pseudo-tali) prodotti da spiriti bambaccioni e anelanti eternamente frustati (e frustrati) dal mitico motto “vorrei ma non posso”.

Featured image, Gabriele D’Annunzio.

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