La ‘povna ha un rapporto con Facebook oramai più che decennale (perché ha iniziato molto prima che in Italia la moda prima esplodesse, per poi implodere in qualcosa di altro), e lo ha sempre coltivato con un certo distacco, molta pragmaticità e una buona dose di consapevolezza, dandosi una serie di regole (derogabili a bisogno, ché la coerenza, si sa, è virtù dei soli piùcheretti) che ha sostanzialmente mantenuto nel tempo, pur adattandole alle esigenze mutate. In buona sostanza, queste recitano: solo persone che conosce direttamente, in carne e ossa, tra gli amici, e persone (per di più) con le quali ha qualcosa da dirsi (per questo sottopone la sua lista di contatti a quanto meno semestrali purghe),impostazioni estremamente diversificate, e personalizzate, della privacy (che possano ariginare quei conoscenti diretti ai quali non può dire no, rispetto al livello di interazione), tendenzialmente nessun collega (ha fatto un paio di eccezioni meditate), ovviamente nessun alunno (e nemmeno ex, a meno che non sia maturato, e rigorosamente a suo capriccio), ma sì ai gruppi didattici (di cui fa largo uso) e dunque anche alla chat abilitata per tutti (pur mantenendo il filtro tra amici diretti e resto del mondo). Si aggiungono a queste regole di base un uso estremamente meditato, ma soprattutto consapevole, delle immagini (no bambini, è tanto ovvio da essere ridondante, pochi umani, e solo quando sa che siano esplicitamente consenzienti, e senza mai nessun tag diretto); niente gruppi di discussione aperti; pochissime pagine tra le preferite; il dogma di non intervenire sulle polemiche cheap che fanno tanto ‘corsivista del Corsera de noantri’ (un esempio per tutti: il sentenzioso petalismo degli ultimi giorni); no pagine finto-comiche virali (niente condivisioni a manetta di “le più belle frasi di”, per capirsi); no voti a concorsi su richiesta (mai, per principio, e se qualcuno glielo chiede, anche qualora stesse per dare il fatale like, ritratta), al limite, se ritiene qualcosa interessante, posta così, neutro; sì alla segnalazione di (buoni, o interessanti) articoli, eventi, occasioni culturali. Ogni tanto, da questo sistema sottile e talebano che lei stessa si è costruita traligna, come è ovvio (perché la coerenza è la virtù degli ottusi, come si è detto), per esempio sulle foto delle cose cucinate, che detesta (perché sono tanto, tanto provinciali e tristi), e cui pure talvolta indulge (visto che non è aliena né dall’uno, né dall’altro aggettivo, come tutti), anche se sempre di meno, da quanto si è resa conto di quanto non le piaccia il personaggio che da questa performance esce, oppure legandole a un destinatario esplicito (perché, insegnando lettere, è ben consapevole che altra cosa è postare la foto della sua torta di mele, che a lei ha dato tanta soddisfazione, e sembra tanto buona quanto bella, ma per il resto del mondo fa il giusto effetto di oratorio e carta crespa, urbi et orbi, altra cosa è invece pubblicarla taggando il nome dell’Amica Vicina che verrà a cena a mangiarla, perché tra l’uno e l’altro atto passa la consapevolezza di quanto la natura di un messaggio cambi in funzione del destinatario).
In ogni caso, a fronte di questo quadro generale, il profilo della ‘povna social, per chiunque la conosca, è abbastanza chiaro e distinto. Proprio per questo, negli ultimi mesi, un comportamento che ha iniziato a reiterarsi più e più volte ha iniziato prima a destare la sua attenzione e poi a stupirla. Si tratta di questo. Lei posta su Facebook qualcosa (per esempio: una opinione, un evento) legato a qualche cosa di latamente noto, e che la coinvolge (o in prima persona, o perché ci spreca sopra una opinione al riguardo). Quasi immediatamente (e preferibilmente a tarda notte), qualcuno dei suoi amici le manda in chat un messaggio privato che recita, in buona sostanza: “Ma davvero pensi che?”, in riferimento all’argomento che lei ha condiviso pubblicamente. E la ‘povna si trova poi coinvolta in dibattiti nei quali deve spiegare, con una disponibilità e una vis argomentativa che non sempre corrisponde a quella dei suoi interlocutori, che sì, davvero, lo pensa. E poi quasi fornire ragioni a giustificare. Il dibattito di solito si conclude con una vaga promessa di rivedersi presto per parlarne a voce (perché, la ‘povna lo ha ben detto, nei fatti ha solo amici, su quel canale telematico). Promessa della quale la ‘povna (sempre destinataria, mai proponente) conosce bene il valore di fittizia buona fede, mai destinata ad avverarsi. Lei, comunque, accetta sempre di buon grado, sempre garantendo la sua assoluta sincerità nell’avere esibito il parere sotto inchiesta. E senza, soprattutto, mai cessare di stupirsi della visione del social network che, con ogni evidenza, trapela, sotto traccia, da parte dei suoi interlocutori San Tommaso.