Ma davvero scrivi per un giornale?

Creato il 13 agosto 2013 da Nonchiamatemiborgia @nonsonoBorgia
Ma davvero scrivi per un giornale?” mi chiedono in molti affascinati. La mia risposta è sì, ma c'è sempre un ghigno, a mo' di capitano Acab in Moby Dick. Quella domanda che mi viene posta con un tono di sorpresa misto a curiosità, molto spesso mi crea alcuni problemi, perchè è vero che scrivo, ma dietro il lavoro di un giornalista freelance si nascondono una serie di se, ma, perchè e come, che ai più sono nascosti dalle belle copertine a dalle molte parole dei supergiornalisti che occupano i salotti pomeridiani e serali. Perchè sapete, quando uno decide di voler scrivere, si mette nella condizione di entrare in un universo con diverse difficoltà, un universo fatto da rospi da ingoiare e rifiuti cronici da digerire.Ebbene, il freelance deve fare i conti da subito con le sue ambizioni.
Il giornale.Non è facile trovare chi ti faccia scrivere, chi creda che tu abbia le carte in regola. Ma la famigerata crisi editoriale, la mancanza di fiducia in scrittori che abbiano ancora i denti propri alimentano quel fenonemo generale di invecchiamento redazionale, per cui chi, per fortuna o per eccellente tempismo, riesce a entrare in qualche redazione deve prepararsi a scrivere un pezzo ogni tanto, guadagnare l'equivalente del nulla e barcamenarsi tra argomenti di cronaca che molto probabilmente nessun altro vorrebbe trattare. Lato positivo: diventerai poliedrico.
L'articolo.Per chi come me è cresciuto a pane e Carrie Bradshaw, la vita del freelance può sembrare una vita mondana, tra monolocali a New York, scarpe da 500 dollari e articoli pubblicati così, senza ritardi e senza bestemmie in aramaico. Ebbene, la maggior parte dei giornali si costruisce sul lavoro dei collaboratori esterni, quelli che mandano i pezzi via mail e la redazione la vedono come un miraggio. Peccato che il non vedere una redazione crei un problema molto comune, ossia l'eterno ritardo di pubblicazione, che il collaboratore non può assolutamente gestire, se non con chiamate minatorie degne solo di uno stalker al caporedattore.
La paga.È inutile sparare contro la croce rossa. Si sa, la paga dei collaboratori è una di quelle battaglie che l'Ordine dei giornalisti sta portando avanti da anni. Forse gli editori dovrebbero riflettere che esattamente come non potrebbe esistere lavoro se non ci fossero gli imprenditori, lo stesso vale per il prodotto finito, mero risultato del lavoro dei sottoposti.
L'obiettivo.È normale pensare ogni tanto “Ma perchè sto facendo tutto questo?”. Ne vale davvero la pena? Beh, se una persona vuola scrivere, lo fa e basta. Nonostante la paga, nonostante le bestemmie in aramaico, nonostante le corse a vuoto, ci si rende conto che la soddisfazione, a volte, è il motore di quello che facciamo, il perchè delle nostre azioni e dei nostri sforzi. Quando vedi che quello che hai scritto è stato pubblicato, senza modifiche, senza filtri, ma solo con il tuo nome, senti che il tuo lavoro è stato apprezzato, senti che il tuo sogno è ancora al sicuro, tra le incertezze del caso e i momenti di esasperazione.Quando ti contattano direttamente per una conferenza stampa, noti che da quando studiavi sui libri dell'università hai compiuto un piccolo passo in avanti che ti ha portato dallo status accademico all'inizio di un percorso professionale. E speri che tutto questo non finisca, ma sia solo un crescendo. Speri di poter continuare a imparare, di entrare a far parte di altri progetti, speri che un giorno scrivere sia la tua principale occupazione.
Quindi “Ma davvero scrivi per un giornale?”. La mia risposta sarà Sì, pulito, senza se e ma.

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