Il pezzo da leggere questa settimana, sul New Yorker, riguarda il progetto di Hunter Lee Soik, l’imprenditore coreano-americano che a dicembre lancerà Shadow, la prima app capace di registrare i sogni.
«L’app è una sveglia», dice. Sullo schermo appare un orologio su uno sfondo nero. «Le moderne sveglie distruggono i sogni, perché ti strappano via dallo stato di sonno ipnopompico, quello tra il sonno e la veglia. L’idea è di uscirne lentamente – aumentando gradatamente la vibrazione e il volume. Quando spegni la sveglia, l’applicazione registra. Puoi parlare o scrivere del contenuto del sogno. Se parli, l’app trascriverà l’audio, poi useremo un algoritmo per processare il sogno ed estrarne tutte le keyword. “Cavalli”, “aeroplani”, “macchine rosse”, “correre”, “saltare”. In seguito inseriremo i dati in un grande data cloud, in modo da organizzare anonimamente i dati globali».
L’idea di Soik per Shadow è quella di costruire una «community of dreamers», un database mondiale di sogni, ricercabile per parola chiave e capace di dare risposte a domande quali: le persone ricche fanno sogni più felici? Cosa si sogna di più in Medio Oriente? E qual è l’immaginario onirico più comune in Cina?
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