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Ma il pupazzo non l’avrebbe fatto

Creato il 03 luglio 2015 da Albertocapece

Ma il pupazzo non l’avrebbe fattoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Il torto non diventi diritto. Dovremmo farla nostra tutti questa massima biblica, peraltro rimossa da sacerdoti e talmudisti. Invece vittime di empi stereotipi, di turpi pregiudizi, di preconcetti stantii, si accaniscono contro altri e con le stesse armi.

Non so se ha fatto bene Tsipras a riaprire la televisione pubblica. A volte la nostra la vedrei bene chiusa, imbavagliata in modo che si proibisca con la doverosa forza il flusso autorizzato di ciarpame mediatico che sviene rovesciato da danzatori di tarantella contro ballerini di sirtaki, da divoratori di  pummarola ‘n coppa su mangiatori di mussaka, di oggetti di campagne mediatiche con la pistola sul piatto di spaghetti su venditori di tappeti intriganti e indolenti. Da giorni ci propinano impudenti lezioni sulle conseguenze per noi europei veri e contenti del grexit, ci somministrano sfrontate operette morali sulle colpe di un popolo che ha subito una corruzione diffusa per approfittarne su scala ridotta e personale, che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità, che ha nutrito clientelismo e familismo e i privilegi e le rendite di posizione che ne derivano, grazie a una macchina della pubblica amministrazione e della burocrazia farraginosa e complice del malaffare, compresi gli organi di sorveglianza depotenziati o comprati.

Per non dire del risalto ammirato dato al composto ruolo di pacato osservatore svolto da Renzi, quello che a nome dei ricattatori Ue regalò una cravatta a Tsipras, e che non ha avuto bisogno di dire molto di più di “io non l’avrei fatto” a proposito del referendum, che tanto parlano anche a nome del pupazzo a Palazzo Chigi i ventriloqui di Berlino e Bruxelles, con  Mar­tin Schulz che dichiara esplicitamente «Via Syriza dal governo, ser­vono i tec­no­crati», con  Junc­ker che invita il popolo  a votare sì, perfettamente collocati nel ruolo intimidatorio di chi reclama il pizzo a nome dei gangster dell’imperialismo finanziario.

Proprio oggi commentatori che ritengono eccessiva e disfattista l’attribuzione di “sistema mafioso” all’organizzazione e alle procedure del malaffare romano, che taccia di immatura antipolitica l’insofferenza per gli iniqui benefici dei quali gode il ceto al governo a tutti i livelli, ha proposto a quel pubblico televisivo che ha sostituito la preghiera laica del mattino con i talkshow, due o tre tutti uguali, uno al prezzo di molti con la solita compagnia di giro degli agiografi del reuccio, il caso di studio di un indecente privilegio alla greca: le figlie zitelle orfane di funzionari pubblici hanno avuto diritto a circa 300 euro  al mese, in veste di una sorta di reversibilità. Che scandalo, hanno denunciato compunti e disgustati, come non lo sono nei confronti di vitalizi nostrani, come di familismi eccellenti, come di clientelismi e conflitti d’interesse dinastici.

Il gioco è così chiaro che non lo vedono solo quelli che hanno scelto di preferire l’inganno, di voler subire la menzogna, di prediligere la delega in bianco, augurandosi così di non vedere la bocca de4l fucile, sia pure virtuale, del plotone di esecuzione. Quelli che non solo hanno rinunciato alle radiose visioni del futuro ma anche alla responsabilità doverosa e difensiva di guardare il trailer di quello che succederà loro inesorabilmente e implacabilmente se lasciamo fare, se decidiamo che subire è meglio che lottare.

La libertà, come la democrazia, è un affare molto delicato. Chi l’ha ereditata si cura poco di farne la indispensabile manutenzione. Chi preferisce la comodità di essere comandato, finisce per averne paura.

E infatti tutti gli accalorati commentatori, giornalisti, opinionisti, tutto il Carro di Tespi della comparse della politica dimostrano chiaramente il loro timore del contagio, che non è certo quello del si o del no all’euro. E’ invece la paura del riscatto, la paura dell’autodeterminazione di un popolo e di uno stato cui è stata tolta la sovranità, proprio come è successo a noi, la paura che qualcuno venga in mente di imitare elettori che, invece di tollerare un nominato da baucchi interni ed esteri, vota il suo premier, paura che venga smascherata la natura vera delle “riforme”  imposte dalla religione dell’austerità e che si sono tradotte nell’inferno greco e quindi anche in quello italiano. Paura del referendum, istituto sbeffeggiato, tradito, oltraggiato qui da noi dove aggirato, smentito, rimosso, di qualsiasi tema di tratti, acqua, aborto, in modo da favorire poteri privati, licenza di speculazione, esproprio di beni comuni e diritti, anche i più sofferti.

Paura della democrazia, che è lo spauracchio di questo golpe a più autori perché mostra il vero volto di una potenza impotente e volontariamente inadeguata a svolgere un’azione politica unitaria e federale, che può esibire i suoi muscoli solo opprimendo, taglieggiando, imponendo stupidità e miopia burocratica e amministrativa, che esiste solo nella sua natura di uffici,  agenzie e sportelli della finanza.

Paura di un nostro risveglio che aggiunga il nostro No all’Oxi greco.


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