"Se il cristianesimo decide di rinunciare alle prescrizioni morali per tornare a essere religione che custodisce il mistero di Dio, può lasciare agli uomini il compito di formulare una morale che possa valere per tutti.” (da “Cristianesimo”di Umberto Galimberti – Feltrinelli, 2012 – pagg. 107-108) Si può credere o non credere, avere fede o no, professare la religione cattolica o qualsiasi altra oppure nessuna; ma con l’avvento di Papa Francesco non si può tollerare oltre lo scandalo mediatico e civile di un direttore dei giornali radio – di una radio pubblica di uno Stato laico – che siede in permanenza nel Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali di uno Stato straniero come il Vaticano. Non abbiamo alcun pregiudizio, né a livello personale né soprattutto a livello editoriale, nei confronti della Chiesa e più in generale del fenomeno religioso: tant’è che proprio in questo fine settimanala Repubblica terrà a Bari un’importante anteprima della sua “Festa delle Idee” dedicata appunto al rapporto tra fede e ragione. Ma il caso di Antonio Preziosi, direttore dei Gr Rai e “consultore” pontificio, rappresenta una doppia anomalia, sia per lo Stato sia per la Chiesa.
Si può anche capire che al Vaticano interessi annoverare il responsabile dell’informazione radiofonica pubblica nel Consiglio delle Comunicazioni, insieme ai direttori dell’Osservatore romano, dell’Avvenire e diCiviltà Cattolica. È inaccettabile però che un’azienda di Stato tolleri un “doppio incarico” che, a prescindere da qualsiasi aspetto professionale o eventualmente economico, configura di fatto un conflitto di interessi ai danni dei cittadini, ascoltatori e abbonati. La radio della Rai non è la Radio Vaticana. Non è un’emittente confessionale che deve “evangelizzare” il pubblico. Tra le sue funzioni istituzionali, non rientrano quelle di “predicare” o di “convertire” alla religione cattolica. Deve fare informazione, assicurandone la completezza e l’imparzialità: naturalmente, anche sugli eventi e sulle vicende che riguardano la Chiesa. Al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, come si legge nel suo sito, sono affidati i compiti di “suscitare e sostenere adeguatamente l’azione della Chiesa e dei fedeli nelle molteplici forme della comunicazione seguendo i quotidiani cattolici, le pubblicazioni periodiche, le emittenti radiofoniche e televisive, perché realmente corrispondano alla propria indole e funzione, divulgando la dottrina della Chiesa”. Una missione più che legittima e rispettabile. Quella che non è legittima invece è la presenza in pianta stabile del direttore dei Gr Rai, un’azienda di Stato al cui vertice spetta sorvegliare sulle incompatibilità dei suoi dipendenti. È stata proprio la direzione generale di viale Mazzini a emanare recentemente una circolare, contro i “doppi incarichi” interni: come, per esempio, quello di Bianca Berlinguer, direttrice e conduttrice del Tg 3. Si può essere d’accordo o meno. Sta di fatto, però, che al suo confronto, il caso Preziosi appare ben più grave, perché intacca la laicità istituzionale del servizio pubblico. Lasciamo stare qui le polemiche sul cattivo andamento degli ascolti per i Gr di Preziosi, già sfiduciato più volte dalla sua redazione, dopo aver ereditato una situazione di gran lunga migliore dalla precedente gestione di Antonio Caprarica. È chiaro, comunque, che attraverso questa esperienza radiofonica il “consultore” pontificio non ha maturato tali e tanti meriti da essere candidato – come ora si vocifera – alla direzione del Tg 2. A meno che non si tratti di meriti speciali, acquisiti magari Oltretevere.
Giovanni Valentini in “la Repubblica” del 20 aprile 2013