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Ma le parole possono finire?

Creato il 01 dicembre 2014 da Massimo Citi
Ma le parole possono finire?
No, è uno scherzo, me ne rendo conto.  Ma... Non avete mai il dubbio che da un momento all'altro le parole possano finire? Che apriate bocca e non esca altro che fiato? Che le tastiere scompaiano dai telefoni, dai tablet, dai pc? Che non esistano altro che i gesti per rappresentare qualsiasi cosa: un'emozione, un sentimento, un'impulso. Che improvvisamente gli social-network si riempiano di silenzio? Che nessuno possa più scrivere, nemmeno un messaggio breve per il compagno di banco?  Che improvvisamente si sia obbligati a riflettere, a meditare, a pensare, a rimuginare prima di parlare. Che diventi necessaria una patente o una carta annonaria delle parole: «Il signor Tizio Caio ha diritto a emettere nella giornata 20.000 parole», che una parola pronunciata ad alta voce o scritta con tutti i caratteri maiuscoli valga - e costi - il doppio? Che intervenire in un dibattito aperto in calce a un articolo costi dieci parole alla volta? Che i «mi piace» su FB valgano 50 parole per volta?  No, calma. Non è possibile. Il diritto di parola è previsto dalla Costituzione.  Ma il diritto alle parole, è previsto?  Il diritto di spendere milioni di parole inutilmente, stupidamente, vanamente, obbligando chi passa a leggerle, deviandone i pensieri, obbligandolo a prendere una posizione, a dichiararsi anche prima di aver potuto riflettere, a prendere posizione senza sapere?  Quanta gente vive sulle parole?  E quanta sulle parole sprecate
Ma le parole possono finire?   Evocate in voi una prima pagina di «Libero». O de «Il Giornale». Ecco, proprio a quello mi riferivo.  Non è la simpatia per una causa politica che non condivido a rendermeli odiosi.  No, è il mondo che visto attraverso i loro occhiali appare piccolo, schiacciato, tristo e meschino. 
Le stesse parole, gli stessi modi che si ritrovano ovunque, che sembrano appartenere a tanti. Il rancore soddisfatto di apparire, la logica povera e deficitaria, l'invidia che trabocca dalle righe carenti di congiuntivi, la grettezza nella visione, la povertà intellettuale, la rabbia del contraddetto che vira immediatamente in turpiloquio, il furore degli sconfitti nella guerra sbagliata, l'alterigia di quelli che non hanno capito il tema proposto, la semplice stupidità di chi scrive TUTTO MAIUSCOLO.
Uno dei "pregi" dei social network, e più in generale di internet è stato quello di rendere più evidente a tutti lo stato della nazione, di mostrarci come l'ignoranza non sia soltanto un male di per sé ma anche un male per tutti, una vera piaga sociale.
Ecco perché sarebbe necessario ogni tanto un po' di silenzio. Un momento di mente vuota.     Per non morire annegati nelle parole. 
Ma le parole possono finire?

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