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Ma non è che ci stiamo lamentando troppo per l’egemonia tedesca?

Creato il 28 luglio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Angela Merkel

Angela Merkel

di Michele Marsonet. Dopo l’innumerevole serie di articoli sul caso greco e i – presunti – errori di Bruxelles, è più che lecito a mio avviso porsi un quesito di fondo. L’interrogativo è semplice ma tutt’altro che banale nella sua essenza. Provo a formularlo con poche parole.

E’ davvero sensato continuare a dolersi per l’evidente egemonia che la Germania esercita nell’ambito dell’Unione Europea? Ci si duole quando le alternative a disposizione sono più d’una e, soprattutto, se quella che prevale non ci piace. Vorrei però chiedere se qualcuno pensa seriamente che ipotesi alternative ci siano.

Si può replicare, ovviamente, che i padri fondatori avevano in mente una comunità di Stati membri collocati su un piano di parità, all’interno della quale nessuno poteva vantare il diritto di “pesare” più degli altri. Idea bella e nobile, ma con un vizio di fondo: non tener conto degli insegnamenti della storia.

Il peso di una nazione è direttamente proporzionale alla sua importanza economica e, forse ancor di più, all’efficienza del suo sistema politico e amministrativo. I tedeschi, che pur venivano da una sconfitta apocalittica nel secondo conflitto mondiale, hanno saputo ricreare uno Stato solido e funzionante. Anche da loro i problemi ci sono, ma non v’è dubbio che abbiano dato prova di saperli affrontare e, in buona parte, risolvere.

Sarebbe quanto meno strano che, dopo essersi guardati intorno, non approfittassero della loro forza per dettare all’Unione una linea consona al proprio interesse nazionale. A ciò aggiungo che hanno una classe politica degna di questo nome, e non mi riferisco soltanto ad Angela Merkel.

Il problema, allora, sta altrove. In una Francia che continua a coltivare i sogni di grandezza cari a de Gaulle, ma svolge in fondo un ruolo ausiliario anche se il suo Presidente di turno siede sempre con i tedeschi ai tavoli che contano. In un Regno Unito che, come si sapeva sin dall’inizio, rivolge più volentieri lo sguardo oltre l’Atlantico piuttosto che al vecchio continente.
I Paesi del Sud, con l’Italia in testa, sono strutturalmente deboli e sempre sull’orlo di crisi epocali. Quelli entrati di recente, soprattutto all’Est, sono spontaneamente portati a raccogliersi intorno a Berlino, e lo stesso discorso vale per finnici e scandinavi.

Ciò che alla Germania si può rimproverare, piuttosto, è l’incapacità di non aver usato (almeno sinora) l’egemonia per impostare un discorso di vasto respiro politico, in grado di fornire all’Unione basi più solide, in grado di imporla quale attore decisivo nello scenario globale.

Pericoloso? Forse, ma penso che un’Europa solida a guida tedesca sia pur sempre meglio di un’Europa inesistente. Quella, per intenderci, rappresentata da una smarrita Federica Mogherini nelle ultime conferenze internazionali.

Il discorso non sarebbe tuttavia completo senza prendere in considerazione altri due fattori fondamentali. Il primo è rappresentato dalla politica estera e della difesa che, a tutt’oggi, non esistono. Se davvero la UE vorrà essere protagonista nel mondo dovrà dotarsene, e in tempi possibilmente rapidi.

Altrimenti è destinata a restare al rimorchio degli Stati Uniti. Non sarebbe a mio avviso un dramma, posto che alla Casa Bianca vi fosse un inquilino migliore di Barack Obama. E tuttavia occorre esserne consapevoli, lasciando nel caso agli americani l’iniziativa in questi campi e concentrandosi sull’economia. Senza illudersi, come fa Hollande, che bastino la Legione Straniera e un po’ di deterrente nucleare per essere protagonisti nel mondo.

Il secondo fattore è altrettanto essenziale e si può esprimere, anch’esso, con un quesito: quali sono i confini dell’Europa? Una scuola di pensiero più tradizionale ritiene che li abbia già raggiunti con l’aggregazione di gran parte degli ex Paesi satelliti dell’URSS.

Un’altra scuola, più innovativa, giudica invece che tali confini siano ben più vasti, e debbano includere, oltre l’Ucraina, pure nazioni caucasiche di antiche radici cristiane come la Georgia e – perché no? – l’Armenia. Ma in questo caso bisogna pur stabilire chi fornirà a tali Paesi protezione e condizioni minimali di sicurezza. E’ evidente che l’attuale Unione non è in grado di farlo e, ancora una volta, il compito spetterebbe agli Stati Uniti (ammesso che siano disposti a svolgerlo).

Concludo notando che, vista la situazione, sarebbe opportuno smetterla con i lamenti per l’egemonia tedesca e, al contrario, incoraggiare la Germania a diventare davvero il polo aggregatore dell’Europa e della sua eventuale espansione sul piano internazionale. Capisco che il mio è un discorso impopolare, ma una sana dose di realismo dovrebbe quanto meno spingere a riflettere sui vantaggi che comporta.


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