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Ma non il vizio

Creato il 10 aprile 2013 da Povna @povna

Vista la composizione dei consigli di classe dell’anno scorso (che accoglieva nel biennio una tale accozzaglia di protervi e incompetenti), quest’anno scolastico, con il ritorno a una situazione di mediocre normalità senza particolari picchi, è stato accolto dalla ‘povna con conscia gratitudine. Intendiamoci, non è che i piùcheretti latitino; ma quanto meno evitano, di solito, di sfogare la frustrazione sugli alunni e, sostanzialmente, si fanno i fatti loro. Questo comporta, per la ‘povna, Mafalda, e qualche altro, di dover lavorare sempre a ritmo serrato e strozzatissimo; ma le cose, se pure sono tante, si fanno una sola volta, e bene.
Dal punto di vista narrativo, questa situazione ha portato però a una forzata diminuzione dei racconti, perché il lavoro ben fatto, o i lamenti perché bisogna farlo, non sono, a suo giudizio, buona fiction. E dunque la ‘povna si era rassegnata a una vocazione più saggistica di Slumberland (che, considerata la situazione dell’Italia tutta, non è neppure detto che sia un male).
Tutto questo, fino a ieri. Quando la sicumera di due colleghi strepitanti (precari, poverini, che ingiustizia) si è palesata nel consiglio degli Anatri. Lasciando alla ‘povna, come sempre, un cosmico giramento di palle. E un racconto raccontabile da raccontare. Lasciamo stare le numerose (e non giustificate) assenze; lasciamo stare gli arrivi in ritardo. Il consiglio delle 2 si apre forzatamente alle 2 e mezzo. Lo presiede S(t)olida; che, vuoi perché (legittimamente) si cambia, vuoi perché si sente incalzata dallo sguardo di Mafalda e della ‘povna, quest’anno sembra un po’ meno spersa, a coordinare. Tutto procede liscio fino a un certo punto, quando S(t)olida ricorda a tutti la situazione degli alunni DSA (cioè, con forme più o meno lievi di dislessia) che sono in classe.
“E ricordo a tutti che Anacleto ha una diagnosi che abbiamo discusso a novembre nella riunione con la famiglia. Il suo profitto non è buono, ma vorrei sollevare l’attenzione dei colleghi su che cosa per lui stiano facendo, prima di prendere decisioni affrettate”.
Apriti cielo, interviene Disarticola (che, di suo, farebbe pure Diritto): “Io ho fatto già il massimo possibile. Pensa che trasformo tutte le domande aperte in domande con le crocette, basta e avanza. Anacleto, ma anche gli altri due, sono distratti, e spesso non si concentrano. Hanno un atteggiamento antipatico. E già ti anticipo che, se non cambiano radicalmente, per me a fine anno sono da bocciare”.
Disarticola sciorina poi una serie di castronerie giuridiche: non conosce la legge di riferimento (con ogni evidenza, non l’ha letta), non conosce i sintomi, non sa di che cosa stia parlando. Lei pensa, dunque è. E dunque parla. Tanto, e a vanvera. In maniera fastidiosa e reiterata. Intervengono, a zittirla, la ‘povna (incazzata), Mafalda (più calma) e persino S(t)olida (“Ricordo che a quella riunione obbligatoria con la famiglia, cui dovevamo partecipare tutti, in realtà eravamo solo in quattro”). Inutile dire che l’insegnante di Diritto a novembre non c’era, come gli altri. E inutile aggiungere che quello che sta facendo per Anacleto è semplicemente niente, rispetto a quanto richiesto non solo dalla legge, ma anche da quella che la blog-amica Murasaki ha definito, una volta, la funzione essere umano.
Faticosamente, il discorso si placa. Si discute dei voti di condotta. E, di nome in nome, si arriva all’Ornitorinco.
“Assolutamente, il massimo, perché è bravo, e poi in classe lo prendono in giro in tanti” – propone Voglio-la-mamma.
“E’ vero, e infatti è una cosa su cui stiamo lavorando” – interviene la ‘povna – “però vorrei far presente che, se pure in modalità diverse, anche lui tende, e abbastanza spesso, a parlare male dei compagni. Dunque io credo che la situazione sia di doppio vincolo, e non penso che sanzionare solo alcuni, tra gli alunni, sia il modo migliore per intervenire in modo produttivo”.
Voglio-la-mamma è d’accordo, ma è perplessa su quale voto scegliere. S(t)olida propone soluzioni possibili. La parte semi-civile della classe sta dibattendo in maniera problematica, quando arriva di nuovo Disarticola:
“Cioè, fammi capire: lui viene preso in giro dalla classe, e, poverino, si difende, e tu vorresti punirlo?”.
La ‘povna, gelida: “Mi pareva che le regole di cittadinanza prevedessero modi alternativi di difendersi che non fossero quelli di andare, di nascosto, dalle insegnanti, a parlare male dei compagni”.
“Tecnicamente la ‘povna ha ragione” – osserva Mr.Higgs, uscendo dal tunnel.
“Forse ti sfugge il fatto che lui viene a parlare con te perché si fida, dovresti pensarla in termini di educazione civica” – salta su MacTotum (che insegna informatica).
“Grazie del consiglio, effettivamente ne avevo bisogno. Effettivamente non faccio mai educazione civica, materia che non fa parte del mio modo di essere, per la quale non devo mettere un voto sul registro e per la quale non ho preso neanche, vincendo un concorso, regolare abilitazione”.
La ‘povna vorrebbe rispondergli questo. A lui e alla sua scemenza. Dovrebbe rispondergli questo, e aggiungere: “Certo, il modo migliore per tutelare una vittima è chiudere gli occhi al suo farsi carnefice per scelta. In questo modo, specie con dei quindicenni, riusciremo sicuramente a risolvere il groviglio”.
Ma si limita a ripetere questa sola seconda parte, a voce alta. Per poi glossare, perfida: “Grazie, per il consiglio sull’educazione civica, sono contenta se tutti i colleghi contribuiscono a portare avanti questa mia materia forzatamente Cenerentola. A proposito, MacTotum, che metodo è, quello che suggerisci, rispetto alla gestione dei conflitti? Io di solito seguo i principi dell’educazione non formale, secondo i sistemi delle life skills messi a punto a livello europeo da Tizio e Tizia, per i quali ho seguito il corso Unesco. Ma non sono un’assolutista, mi fa sempre piacere imparare cose nuove”.
MacTotum, molto opportunamente, arrossisce. E S(t)olida media con un voto calibrato e ben proposto. Sono tutti in gran ritardo, e la questione si chiude qui, per questa volta.
Ma la ‘povna esce di lì con gli occhi a fulmine. E, se non fosse che i colloqui con i genitori risollevano qualunque amaro in bocca, una volta a casa correrebbe su internet, a cercare la ricetta per la produzione in autonomia del Napalm, di buona qualità, e tanto. Da gettare, in massa, sulla testa dei colleghi.


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