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Ma quanti sono i buoni autori?

Creato il 11 luglio 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

fare sistema
Leggo, con una certa prevenuta preoccupazione, note di dileggio nei confronti dei troppi aspiranti autori senza qualità, presuntuosa carne da macello destinata a far banchettare i furbi e gli sfruttatori che allignano nei pressi del settore editoriale.
Incuriosito, provo a ristabilire un po’ di verità, rifacendomi alla diretta esperienza.
In questo primo anno abbondante di vita, siamo finora riusciti a esaminare circa 600 proposte di aspiranti autori. Voglio essere severo e dire che all’incirca una metà, forse persino di più, provenivano da persone che avevano fondato le proprie speranze su qualità non sufficienti; per dirla più schietta, aspiranti autori che non avevano capacità di narrazione e, talora, persino una scrittura difficilmente proponibile in qualsiasi contesto.
Restano 300 opere e, sempre facendo una potatura impietosa, diciamo che la metà di queste erano mere esercitazioni stilistiche, magari non disprezzabili ma totalmente prive di una solida struttura narrativa; brutalmente, aspiranti autori dotati di qualche qualità ma che non avevano nulla da dire né da raccontare.
Rimangono 150 opere che, a nostro avviso, avevano requisiti sufficienti, o molto di più, per aspirare a una pubblicazione. Non poche, a essere onesti; specie considerando che non tutti coloro che avevano un romanzo nel cassetto avranno scritto a noi, piccoli editori appena nati.
Noi abbiamo selezionato, tra pubblicate e in lista d’attesa, una quindicina di opere. Molte (moltissime) proposte le abbiamo scartate perché del tutto estranee al nostro progetto editoriale, ovvero prive di quegli elementi di riflessione sulla realtà sociale italiana che devono costituire il tratto distintivo delle nostre opere. In altri casi siamo arrivati a una sofferta valutazione negativa, oppure siamo stati preceduti da un altro editore, o non siamo riusciti a raggiungere un accordo contrattuale con l’autore.
L’aspetto più interessante, e confortante per tutti, è che molti romanzi a nostro avviso validi e potenzialmente pubblicabili hanno poi (o prima) trovato altri editori. Sia fra le opere che abbiamo scartato perché estranee alla nostra linea editoriale (ma con le carte in regola dal punto di vista letterario) sia fra quelle per cui ci siamo contesi la pubblicazione fra colleghi editori.
Il che, ripensando a quanto scritto dal nostro Michele Bernelli, mi fa dire che i sommelier del libro esistono, e in genere non hanno sensazioni troppo diverse quando si tratta di riconoscere una produzione di qualità. Poi, intendiamoci, ciascun lettore ha i suoi gusti e può amare o detestare un’opera in base alle proprie inclinazioni di stile e di genere (o di tema: e non per nulla noi siamo nati proprio volendoci distinguere dagli altri sotto questo aspetto). Ma se si parla di valutazione il più possibile oggettiva e di qualità letteraria, direi che i piccoli editori svolgono una meritevole opera di scopritori di talenti, o quantomeno di buoni scrittori che spesso hanno ben poco da invidiare a quelli fortuitamente ormai entrati a far parte dell’establishment letterario.
Se tiro le somme, mi viene da concludere che in un anno sono stati pubblicati almeno un centinaio di buoni libri di autori italiani. E parlo di titoli usciti per piccoli editori, talora minuscoli, senza mezzi per la promozione e senza la possibilità di pubblicizzare le proprie scoperte.
Oggi, questi piccoli editori sono concorrenti che si azzuffano per una piccola fetta di mercato. Se, invece, fossero capaci di fare sistema e di promuovere e diffondere insieme le loro opere, forse diventerebbero un piccolo polo di riferimento, capace di ritagliarsi una fetta più grossa e di dividersela senza bisogno di litigarsi le briciole.


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