Di certo il buon Capizzi, pure nel trattare un argomento così scottante in termini elettorali, non sconvolge gli equilibri e neppure i cuori. Perché nessuno, a eccezione del buon Capizzi, o forse neppure lui, conosce la Cuparella per come era e per come è diventata se non abitandovi appresso. E cioè un luogo di per sé refrattario a essere incensato sia per la sua locazione angusta, perennemente all’ombra, sia per la sua vicenda storica, perennemente criminale. Un luogo insomma paragonabile a un vecchio peccato che si cerca di nascondere, o addirittura di riqualificare, senza volerlo redimere per il tramite del sacramento. Un peccato inconfessato: quello di chi ha concepito, dissennatamente, la destinazione di quell’area a parco, troppo angusta, troppo ripida, troppo all’ombra per diventare tale.
Checché ne dica il nostro giornalista, che sul finire incontra un abitante farlocco e da commedia, incarnazione dello spirito ignavo e “qualunquista” del cittadino perugino, colpevole di gravi nefandezze e primo nemico del nostro Comune un po’ snobbino, la Cuparella è il tempio della cattiva politica. E’ luogo da sempre infestato da spacciatori e delinquenti di ogni risma, già dai tempi in cui io, appena ragazzino, m’affacciavo da Via della Cupa per andare e tornare da scuola, sita nella vicina Piazza del Drago. E’ luogo desolante e deserto a tutte le ore del giorno, rimesso a nuovo per una speranza rimasta tale, quella di sottrarlo alla criminalità e in particolare al giornaliero traffico di stupefacenti, tuttora dilagante. E’ luogo che si popola solo di tanto in tanto, per qualche evento a orologeria, teso a propagandarne la rinascita culturale, e dunque il merito di chi questa rinascita ha falsamente compiuto. E’ luogo strutturalmente adatto alla scena che il giornalista ha avuto modo di testimoniare.
Chi vive la realtà, lo sa; chi vuol vivere una realtà alternativa, parecchio allineata, parecchio devota, lo stesso. Ma scrive tutto il contrario.
Michele Spina