Ma scrivere storie resta difficile

Da Marcofre

Ovvietà: se pubblicare è diventato facile, anzi facilissimo, scrivere buone storie resta difficile.

Buona parte di chi scrive è ammaliato dalla prospettiva di farlo come un lavoro. E non si tratta di pazzia, ma di un risultato quasi inevitabile, che negli ultimi anni ha “ridotto” il ruolo dello scrittore a quello di impiegato della cultura.

Costui o costei gira per le librerie, va nelle radio, nelle trasmissioni televisive. Sì, è in questo modo che ci si fa conoscere, e inoltre il lettore vuole vedere da vicino l’autore di quella storia. Saperne un po’ di più. Sbirciare nella sua officina. Tutti vorremmo gettare un’occhiata alla scrivania di Cormac McCarthy. Quasi sicuramente la delusione ci coglierebbe, ma non importa: entrare in quel luogo e guardare non ha prezzo.

Esiodo, lo scrittore greco vissuto nel VI secolo a.C. (se non ricordo male), lavorava il suo podere. E scriveva. Anzi: era dal lavoro che traeva ispirazioni per il suo lavoro. Certo, c’è stato qualche cambiamento rispetto ad allora.

Quello che è bene tenere a mente è che scrivere non può mai essere un esilio dalla realtà. Chi scrive c’è immerso fino al collo, è il lettore semmai che ha la testa sommersa da sceneggiature di Hollywood, e deve essere ricondotto coi piedi per terra.

Lo stesso vale per chi scrive o vorrebbe farlo, oppure lo fa. Applicare al proprio mestiere la medesima disinvoltura e mancanza di profondità che esiste nella narrativa odierna, può apparire astuto. Ma è come coloro che protestano contro le banche e poi chiedono all’autore di essere “utile”. Di scrivere per “educare”.

Hanno assimilato l’ideologia delle banche, e nemmeno se ne rendono conto.

La faccenda credo che si possa risolvere solo se si comincia a riflettere su che cosa sia una storia. Anche questa potrebbe apparire un’ovvietà, e il mondo è pieno di definizioni su questo punto.

Una storia (così come un individuo) non è un insieme di idee, di emozioni. E dappertutto ci sono proprio idee ed emozioni che oltre a essere distanti dall’individuo, non hanno a cuore la storia, ma il pubblico.

Che cos’è il pubblico? Chi è. Anche qui, possiamo sederci e iniziare a parlarne senza approdare a una definizione univoca.

E allora?


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