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«Ma serve ancora votare?»

Creato il 15 marzo 2015 da Malvino
«Ma serve ancora votare?»
Può darsi che l’editoriale di Angelo Panebianco sia scritto «in modo tale da renderne possibile la comprensione a nessun altro che non sia un lettore estremamente attento», sfruttando quella «particolare tecnica letteraria», illustrataci da Leo Strauss in Persecution and the art of writing (1952), «in cui la verità delle questioni cruciali appare esclusivamente tra le righe», come espediente cui «gli uomini capaci di un pensiero davvero indipendente» sono costretti a ricorrere quando non siano disposti «ad accettare le opinioni ispirate dal governo», ma nemmeno vogliano subirne la persecuzione per il rifiuto di «commisurare il proprio discorso a quanto il governo giudichi conveniente». Può darsi, dico, perché, anche a leggerlo con tutta l’attenzione di cui son capace, l’editoriale non mi pare altro che l’ennesimo compitino sulla questione greca. Peccato, perché il titolo era allettante, sembrava aprisse ad una riflessione più ampia e più profonda sulla democrazia, che qui invece qui lambisce appena la questione nel considerare che, «se il compromesso [tra Grecia e Ue] sarà letto come una sconfitta del governo greco, allora il messaggio generale sarà che la democrazia, in Europa, non conta nulla, che è irrilevante ciò che gli elettori vogliono mandando al governo questo o quello». Con quello che si prepara in Italia grazie al combinato disposto di una riforma costituzionale e di una legge elettorale come quelle sono in avanzata gestazione in un Parlamento eletto col Porcellum, per porsi la questione se serva ancora votare, Angelo Panebianco ha bisogno di andare in Grecia, come se in Italia la questione non si ponesse. 

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