Nelle discussioni che precedono le prossime elezioni generali italiane, un noto candidato ha proposto ai suoi elettori vantaggi economici finanziati dalla conclusione di un accordo fiscale con la Svizzera. Senza entrare nel merito della promessa elettorale, la questione presenta aspetti oggettivi che devono essere considerati.
Il tema viene posto agli Italiani in questi termini: l’Italia raggiunge un accordo fiscale con la Svizzera sui capitali illecitamente esportati e incassa in breve tempo una cospicua somma di denaro, da destinare a determinati scopi.
Ciò che viene chiamato «accordo fiscale» con la Svizzera comprende in realtà un insieme di questioni aperte che sono rimaste trascurate per decenni. La Convenzione contro la doppia imposizione tra Svizzera e Italia, che è l’atto principale di cui si parla, risale al 1976 e richiede da tempo una revisione.
La questione ne contiene altre: in particolare, la possibilità di uno scambio automatico di informazioni tra Italia e Svizzera in merito ai depositi bancari che i cittadini italiani costituiscono nella Confederazione. La Svizzera non accetta questo scambio, poiché violerebbe il segreto bancario, ma è disponibile a far pagare agli Italiani che depositano denaro in Svizzera un’imposta preventiva che verrebbe girata anonimamente all’Italia (il cosiddetto «modello Rubik», in analogia al noto cubo-rompicapo). «Vuoi portare denaro in Svizzera? Paga subito una ritenuta d’acconto del … percento, che noi giriamo al fisco italiano senza dirgli chi sei.»
La Svizzera chiede inoltre da anni di essere tolta dalla «lista nera» dei paradisi fiscali, provvedimento anacronistico che limita la collaborazione tra imprese italiane e svizzere, penalizzando entrambe le parti.
Come in una bambolina russa, dentro alla questione fiscale ve se sono molte altre che devono rientrare nel pacchetto negoziale. Per citarne una, la materia dei lavoratori frontalieri, anche questa assente dal dibattito italiano. Quasi 60 000 Italiani entrano ogni giorno in Svizzera per lavorare e ritornano in Italia la sera. Lo statuto di questi cittadini deve essere aggiornato. La loro situazione è sottoposta a regimi diversi a seconda della zona di residenza e permangono differenze di classificazione tra diritto tributario e diritto della migrazione, dovute alla diversa evoluzione storica delle due materie.
Altra faccia della questione sono i rapporti regionali. Tra i Cantoni svizzeri Ticino, Grigioni e Vallese e le province italiane di Como, Lecco, Varese, Verbano-Cusio-Ossola e Sondrio esistono stretti e indispensabili rapporti in materia di gestione del territorio, trasporti e altri oggetti vitali per l’esistenza quotidiana dei cittadini su ambedue i lati della frontiera. Tali rapporti non sono mai stati così difficili come oggi, proprio a causa dell’incertezza del quadro generale.
Quando si parla di «accordo con la Svizzera» bisogna sapere che esso comprende tutti questi oggetti e svariati altri, qui elencati in modo solo riassuntivo. Come noto, per decenni l’Italia ha gravemente sottovalutato l’importanza di avere rapporti di alto profilo sia in sede di integrazione europea (Ue) sia nelle sedi di cooperazione e convivenza internazionale, tra le quali i rapporti con la piccola ma dinamica Svizzera. Per riprendere in mano una situazione sfuggita al controllo, negli scorsi mesi è stato persino costituito un «forum Italia-Svizzera», con il compito di riannodare i fili su tante questioni bilaterali lasciate colposamente aperte, spiace dirlo, in particolare a causa della lunga distrazione italiana.
La stipulazione di un accordo fiscale con la Svizzera non è cosa né certa né rapida. I riferimenti di questi giorni lasciano piuttosto indifferenti qui, poiché le questioni sono aperte da anni ma nessuno ha dato segnali che potrebbero far pensare a una raggiunta risoluzione delle controversie ancora pendenti. Qui in Svizzera la materia degli accordi fiscali è dibattuta. Molte forze politiche di rilievo sono contrarie a tali accordi poiché li considerano svantaggiosi per l’economia svizzera. L’accordo faticosamente raggiunto con la Germania è stato prima approvato dal Bundestag di Berlino ma poi clamorosamente bocciato dal Consiglio degli Stati tedesco (la camera del Parlamento che rappresenta i singoli Land). Ce n’è abbastanza per capire quanto la materia sia controversa anche sul piano europeo.
Se anche l’accordo si facesse, non è possibile conoscere con esattezza quale ricavo l’Italia ne avrebbe e quando, poiché i depositi in Svizzera che si intendono tassare sono per l’appunto non dichiarati. Ogni quantificazione si fonda su stime generali, senz’altro non campate in aria, ma che andranno poi verificate nella pratica.
Un altro aspetto resta ignorato, nel dibattito italiano: gli accordi internazionali, in Svizzera, possono essere sottoposti a referendum. La possibilità che ciò accada è tutt’altro che remota, poiché già sugli analoghi accordi con Germania, Austria e Inghilterra è stata promossa la raccolta di firme per indire un referendum. Per un soffio il numero richiesto non è stato raggiunto, ma non si sa cosa succederebbe se il referendum riguardasse l’accordo con l’Italia. Soprattutto non si sa cosa succederebbe se il popolo svizzero fosse effettivamente chiamato a votare su tale accordo. Per essere certi di un accordo con la Svizzera, pertanto, non basta la firma dei trattati, ma occorre attendere la scadenza del termine per l’indizione del referendum e, se del caso, il risultato del referendum stesso. Sino ad allora, l’orso non è ucciso e la sua pelle non può essere venduta se non con un pericoloso contratto aleatorio.
Secondo le stime più recenti, circa 70 000 Italiani lavorano in Italia per aziende o interessi svizzeri in vari settori. A questi vanno aggiunti i quasi 60 000 frontalieri dei quali si è detto. Nel complesso, perciò, circa 130 000 persone (una media città italiana di provincia) vivono legate direttamente o indirettamente all’economia svizzera, pur risiedendo in Italia. Anche la Svizzera ha interesse ad avere rapporti chiari con il suo vicino meridionale, che è il suo secondo partner commerciale, dopo la Germania. Per tutti gli interessi reciproci in gioco, la questione degli accordi fra Italia e Svizzera meriterebbe di essere trattata con serietà. O, almeno, che ci si provasse.
| ©2013 >Luca Lovisolo