Magazine Cultura
1) perché scrivi?
Perché ho sempre amato la lettura e chiunque legga prima o poi si cimenta con la scrittura. All'inizio è un hobby, come giocare a calcio con gli amici. Poi col tempo diventa qualcosa di serio - se ci credi e sei un po' portato. Quando scrivo chiudo fuori il mondo e racconto il mondo sbarellato che ho in testa. Cerco soprattutto di divertirmi.
2) da dove trai ispirazione?
Tutto è ispirazione: un aneddoto che qualcuno racconta mentre tu sei nei pressi; un atteggiamento di fronte a una successione di eventi; può trattarsi di una frase buttata lì da qualcuno che ha un significato particolare per te in quel momento. Bet, per esempio, era solo una voce che mi rigirava nella testa. Una voce arrabbiata. Le ho dato ascolto.
3) come definiresti il tuo modo di scrivere?
Istintivo per metà. L'altra metà è duro lavoro di revisione. 'La sfuriata di Bet' ha avuto almeno quattro stesure. La mia scrittura è abbastanza fluida, mi piacciono i periodi brevi e i dialoghi. Spesso imposto intere scene attorno alle frasi di un dialogo che ho già scritto. Credo di possedere un buon ritmo e una discreta pazienza per l'ascolto dei personaggi.
4) esiste un autore che ha giocato un ruolo fondamentale nella tua formazione? se sì, quale?
Non c'è solo un autore, così come non può esserci solo un libro di riferimento. Mi piace rileggere Salinger. Considero 'Il giovane Holden' un modello di stile, anche se l'ho letto solo in traduzione. Ma adoro anche i romanzi dell'Ottocento. Questa estate sono entrato in fissa coi francesi: Flaubert, Maupassant, Balzac. Ma leggo un po' di tutto. Ultimamente mi è tornata una grande passione per il romanzo nero americano: Woolrich, Cain, Thompson. 5) cosa significa essere uno scrittore al giorno d'oggi, in un paese dove, per tutta una serie di svariati motivi, si legge poco come l'Italia?
Non significa niente se speri che significhi qualcosa di importante per qualcun altro oltre che per te. Devi essere uno scrittore anche quando il mestiere che ti dà il pane è un altro. E' uno stato mentale, una fuga e un ritorno. Ho lavorato in fabbrica molti anni, pensando che ero uno scrittore - e non avevo ancora pubblicato niente. In Italia non si legge poco. Ci sono i famosi lettori forti. Ma pensare di vivere solo pubblicando libri è una chimera: da noi ci riusciranno 20-30 autori al massimo.
6) c'è un consiglio che vorresti dare a chi sogna di poter diventare scrittore?
Leggere molto, scrivere molto. Terminata una storia, metterla via per qualche mese. Una volta passato del tempo, rileggere. Se ti viene la pelle d'oca per le castronerie che ti pare di aver scritto, riscrivi. O cestina. Non è detto che tutti i libri debbano essere pubblicati. Se invece sei convinto, tenta di pubblicare con piccoli e medi editori. Mai con i grossi da subito, rischi di essere triturato. E mai mai mai a pagamento, nemmeno per un euro soltanto.
7) cosa ti spinge ad andare avanti, malgrado le normali difficoltà?
La speranza.
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