“Ma voi ce l’avete Shakespeare in Iran?” Intervista con datteri

Creato il 05 settembre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 5 settembre 2012 in Al Femminile, Interviste, Medio Oriente, Slider with 0 Comments
di Daniela Piazzalunga

L’Iran, antica Persia, è oggi nota alle cronache per il petrolio e la bomba atomica, più che per la sua storia millenaria. Non giova al paese il farneticare del suo presidente né la retorica del terrorismo. Poco prima delle Olimpiadi, per esempio, i media ci informavano che le autorità inglesi temevano un possibile attentato da parte dell’Iran. Notizia molto più coperta rispetto alle nuove sanzioni statunitensi ed europee contro il paese, per convincerlo ad abbandonare il suo programma nucleare: il 1° luglio 2012 sono entrati in vigore il blocco delle importazioni di petrolio e prodotti petrolchimici e l’interruzione di tutti i rapporti con la Banca centrale iraniana, decisi a gennaio.

Durante il mio girovagare estivo ho avuto la possibilità di incontrare Soraya e Aziza, due ragazze venute in Europa per motivi di studio, e intavolare così una chiacchierata a tre, davanti a dell’ottimo tè accompagnato dagli immancabili datteri.

“Le sanzioni hanno avuto effetti inaspettati anche per noi che viviamo fuori dal paese. I nostri genitori, per esempio, non possono effettuare trasferimenti bancari e per mandarci denaro devono aspettare che qualcuno venga in Europa. Un’altra possibilità sarebbe dare il denaro ad alcune agenzie, che lo portano nei paesi confinanti con l’Iran ed effettuano i trasferimenti, ma il costo è esorbitante. È lo stesso motivo per cui i prezzi in Iran sono aumentati moltissimo dall’entrata in vigore delle sanzioni: le aziende che importano prodotti esteri non possono pagare direttamente, ma devono utilizzare questo espediente, che fa aumentare i costi. Le conseguenze, però, ricadono sulla popolazione iraniana“.

In Iran tutto sta diventando più caro, e le persone non sono più in grado di comprarsi quello che compravano prima. Non intendo solo i più poveri, anche le famiglie della classe media. Il prezzo del pollo per esempio è aumentato a circa 9000 toman (4€, n.d.r.), mentre prima costava meno della metà. Pensa che il governo ha prodotto delle pubblicità per convincere la gente a non mangiare pollo… Durante il Ramadan è anche peggio, perché le persone, che possono mangiare solo una volta al giorno, erano solite comprarsi cibi nutrienti e di buona qualità, ma quest’anno non se lo sono potuti permettere. Il prezzo dei datteri, uno cibi più utili durante il Ramadan, è aumentato di 1000 volte. Inoltre è diventato molto più difficile ottenere i visti per l’estero, e anche paesi verso i quali prima non era richiesto il visto, come Dubai, oggi lo vogliono”.

Così le sanzioni ti inseguono, anche quando emigri, che già non è facile, magari per studiare lontano dal clima asfittico che si respira in patria: “In Italia Intesa San Paolo ha chiesto a tutti gli studenti iraniani di chiudere i loro conti” mi racconta Azita. Lei per questo ha un conto Unicredit: “Non emettono nuove carte di credito e Genius card (prepagate, n.d.r.) per gli iraniani, ma chi ha già un conto le può tenere. Però Unicredit non cambia i dollari in euro e questo è un problema per chi vive in Europa, perché il governo iraniano cambia i riyal in dollari, ma non in euro”. Tutto sommato, però, le è andata bene. “I Paesi Bassi non hanno rinnovato il visto a nessuno degli studenti iraniani“. E chi per esempio è a metà corso? Niente da fare.

Le sanzioni, volute dagli Stati Uniti, sembrano ricadere sulla popolazione senza che il regime ne risulti indebolito. “Obama ha detto che non hanno niente contro il popolo iraniano, ma contro il governo, ma tutto quello che stanno facendo è mettere pressione sulla popolazione, in Iran e all’estero. È stupido, sembra che i paesi occidentali vogliano costringermi a tornare in Iran. Vivere all’estero è dura. Quando sei in Iran ti accorgi che c’è qualcosa che non va, ma quando sei fuori dal paese e dici che sei iraniano, le persone si allontanano. Ti trattano come se la bomba nucleare ce l’avessi tu in tasca”.

Il problema è quello del pregiudizio negativo, alimentato dalla propaganda occidentale, che dipinge l’Iran come “un Paese canaglia”, alcova per terroristi. Che l’attentato dell’11 settembre sia stato condotto da un principe saudita non conta. Azita mi racconta una gaffe di una sua amica americana che le ha chiesto “Ma voi ce l’avete Shakespeare in Iran?“. Da allora  ”ma voi ce l’avete in Iran?” è diventato il loro modo di prendersi gioco dei pregiudizi. E comunque sì, ce l’hanno Shakespeare in Iran.

Non è neppure chiaro se le sanzioni indeboliscano il regime iraniano, oppure lo rafforzino. Soraya dice che in Iran la gente è arrabbiata con il governo per via delle sanzioni, ma Azita mi racconta di un uomo che, orgoglioso del suo paese, era convinto di dover tollerare l’attuale situazione affinché l’Iran diventasse più potente.

Più potente, sì, e più padrone delle vite delle persone. Specialmente se si tratta di donne: ”Quando eravamo giovani tutto il potere era nelle mani di nostro padre, da quando ci siamo sposate tutto il potere è nelle mani dei nostri figli, ora il potere è tutto nelle mani del governo“, dice Soraya. “Per quanto riguarda le persone, sembrano meno religiose oggi che in passato. Sembra che più severi sono le regole, meno la gente è religiosa. Più persone vanno all’università, anche le donne: in passato avevano pochissimo accesso all’istruzione, le famiglie tradizionali non volevano che un ragazzo sposasse una donna istruita. Oggi non è più così, e le ragazze iscritte all’università sono più degli uomini. Malgrado tutto, anche i diritti delle donne sono più rispettati che in passato, ci sono anche dei gruppi femministi”.

Azita: “Però il controllo sulle persone è ovunque. Il nostro è un governo teocratico, e impone dei controlli legati ai dettami della religione. Le donne devono portare l’hijab, gli stivali sopra i jeans sono vietati, perché dovresti avere dei jeans troppo stretti. Ma le ragazze si truccano molto e si dedicano allo stile dei capelli, che escono da sotto l’hijab, con il risultato che talvolta invece di farsi belle riescono più brutte!”

Dal 2009, in seguito alle proteste dell’Onda Verde, sono stati bloccati anche i social network: facebook, youtube, twitter, ogni tanto la Bbc. “Ma ci sono molti espedienti che i giovani usano per riuscire a connettersi ugualmente” mi spiega Azita, che all’epoca non si è interessata al movimento dell’Onda Verde. “Vivere è già abbastanza complicato così”.


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