Quante volte c'è capitato di sentirlo e anche di dirlo: è un classico. Come dire, su questo autore, su questa opera non si discute. E' un classico: e tanto basti.
Così perentoria, questa affermazione, da impedire qualsiasi ragionamento anche a monte: ma insomma, cosa si intende per classico?
Ecco, io non ho mai ben capito cosa sia un classico, anche se so che ci sono libri che per forza lo sono, che non riesco a non considerare tali, basta la parola per evocarli. Zola, Tolstoi, Dickens, Verga... I promessi sposi, ma anche Delitto e castigo...
Magari chi studia queste cose sa dare risposte fondate. Personalmente mi verrebbe da escludere che la definizione di classico abbia a che vedere automaticamente con la qualità e piuttosto la collegherei alla sua “durata”, alla sua capacità di parlare alle persone al di là delle epoche e delle circostanze. Cosa che tra l'altro aiuta a coltivare qualche legittima perplessità sull'etichetta di classico assegnata disinvoltamente a opere di ieri e dell'altro ieri.
Però non so, davvero.
Mi sa che un tempo era anche più facile capire quali libri potevano essere annoverati tra i classici (e che io abbia qualche idea a proposito dice qualcosa anche sulla mia anagrafe). Anche questo oggi è più complicato, sicuramente più complesso.
Per dire: possibile che i classici siano tutti francesi, o russi, o tedeschi, italiani naturalmente, sporadicamente inglesi o spagnoli?
La geografia della letteratura e quella della storia che vanno a braccetto, come quegli atlanti che ti mostrano due volte lo stesso pezzo di pianeta, il primo con i rilievi montuosi, il secondo con i colori che staccano uno Stato dall'altro.
Ma possibile che non mi venga in mente un classico che viene dalla Cina o dalla Turchia, e nemmeno dai paesi nordici? Possibile che ci debba perlomeno pensare?