C'è chi mi dice ma che roba leggi?, c'è chi mi dice ma non potresti pubblicare più roba di questo tipo invece che di quest'altro? Parlo di Imperfetta Ellisse, naturalmente. Ora, partendo dalla premessa che è un blogghetto e che cosa gliene frega alla gente di cosa pubblico, bisognerebbe intanto capire che spessissimo parlo di libri che mi arrivano (gentilmente), che molti di questi scritti hanno un valore che varia molto, che ecc. ecc.. E bisognerebbe cominciare a leggere un pò meno superficialmente quello che scrivo. Che non è oro colato, altra premessa, e non vuole fare opinione. E che a ben vedere non si occupa nemmeno proprio del libro di cui sta parlando, ma di qualche spunto di riflessione o problemuccio generale che potrebbe far comodo o essere interessante. In altre parole (e tanto per fare un esempio): a me non interessa se il/la poeta/essa X scrive con tutta la Treccani accanto, o se appiccica le parole credendo di essere inglese, o se pensa che la sua crisi sia emblematica di tutte le crisi, o che ami le foglie al vento più di ogni altra cosa. No, a me interessa partire da lì per dire: guardate che a mio modesto avviso se continuate a scrivere così (o di queste cose) non andate da nessuna parte, o forse voi ci andate ma la poesia no ecc. Non lo dico proprio così però, e questa è un'altra questione. Perchè se si andasse a leggere con un pò meno di fretta digitale, forse si coglierebbe qualcosa tra le righe. Già, tra le righe, ed è lì che sbaglio. Perchè non mi piace dare bastonate a nessuno. Sono un non violento della recensione, che confida nell'intelligenza degli altri, nel suggerimento, per quel che può valere. Insomma, sforzatevi, cercate di capire al volo. Cercate di capire che non si parla tanto di voi quanto della poesia (con la p minuscola, certo) e di dove a mio avviso la poesia (la vostra, la mia, quella di tanti epigoni di sé) va a parare.
La roba da leggere in questa età moderna e tecnologica arriva alla svelta. Poi rallenta, si ferma, come uno sciatore che si trova d'improvviso su un prato erboso, o una piena contro il pilone di un ponte. Si crea un attrito. La lettura crea un attrito. Il testo arriva velocemente per via digitale, e anche per posta, quando le poste funzionano. Ma la lettura (parlo di leggere, non di spigolare) è un processo lento, la lettura si riappropria del suo ritmo, che è quello, nella migliore delle ipotesi, del pensiero. C'è anche un po' di fatica nel leggere, ma lo si fa per passione, soprattutto se quegli attriti generano calore poetico, scambio di energia. In quell'attrito possono succedere cose interessanti. Oppure no.
Dunque, si diceva, leggo. A volte
ne farei anche a meno, ma succede che qualcuno mi chieda che cosa
penso di quel che scrive. Quindi leggo, e soprattutto rispondo. Perchè a
me mi frega l'educazione. Quando rispondo direttamente e non attraverso
una recensione, in genere cerco di essere più diretto. Ci giro meno
intorno, e non uso l'occasione per parlare di tendenze o altri
accidenti. Parlo proprio del soggetto in questione, di cosa e come
scrive, di cosa a mio parere bisognerebbe rivedere. La gente quindi ha
meno bisogno di leggere tra le righe, è quasi tutto lì. Deve dipendere
forse da questo un curioso fenomeno, che consiste in un successivo
silenzio dell'interessato, un silenzio che sta tra la pennichella del
dopo pranzo e il tacere un pò immusonito che segue un coito non
soddisfacente. Nella recensione è diverso: tu autore sei come davanti a
una telecamera, ti senti in obbligo di rispondere, dibattere, difendere
le tue scelte non tanto di fronte al "re/censore" quanto di fronte a chi
ha lasciato qualche commento, cioè "gli altri". Il giudizio degli
"altri" è importante, c'è poco da fare. Nel "consiglio richiesto" (molto
diverso dal consiglio non richiesto) invece no. Che è successo? Non ho
corrisposto alle tue aspettative? Non era questo che volevi sentirti
dire? Oppure quello che ti ho suggerito rimette in discussione le tue
certezze, bisognerebbe rimetterci le mani e invece "caspita - era così
bello com'era venuto, così di getto..."? Non lo so, suppongo soltanto, e
alla fine dubito che serva a qualcosa. Non che ci tenga particolarmente
ad avviare un epistolario, ma sta di fatto che il cortese scambio (per
fortuna un "grazie" arriva sempre) il più delle volte si esaurisce con
un secco 1-1 (media inglese -2). Il che potrebbe essere un vantaggio.