Lettera a un poeta (giovane, meno giovane, non si sa)
Pisa, 17 settembre 2013
Egregio amico,
i tuoi testi mi sono arrivati qualche giorno fa, per posta
elettronica. Ti ringrazio per la fiducia, ma è tutto quel che posso
darti in cambio. Non posso addentrarmi nella natura dei tuoi versi,
poiché, come ebbi a dire spesso, di ciò di cui è sostanzialmente inutile
parlare è meglio tacere. Senza contare che le critiche sono a senso
unico come la strada davanti a casa mia, nel senso che tutto quello che
se ne ricava in cambio è un grazie o un imbronciato mugugno. Quel che
consola è che vivaddio non ci si incontrerà mai di persona nella vita, e
quindi, del silenzio che segue quasi sempre una recensione, si potrà
dare tranquillamente la colpa a Telecom.
Ciò premesso, consentimi solo di dirti che i tuoi versi hanno per lo
meno il pregio di non avere una natura loro propria, né una loro
autonoma fisionomia. Il che è un bel vantaggio, rendendoli adattissimi
sia a comparire in qualche antologia di giovani (cosa autorizzata quasi
esclusivamente dalla tua età anagrafica), sia a conseguire un numero
cospicuo di targhe nei più disparati premi letterari. Lascerei perdere
tuttavia le poesie del tipo la tua “a Silvio”, che seppur sotto l’egida
di quel grande solitario del Leopardi non può andare bene (i premi, come forse
sai, sono quasi tutti in mano ai comunisti della Pro Loco).
Mi domandi se trovo buoni i tuoi versi. E lo domandi a me?!? Prima
lo hai domandato ad altri. Li invii alle riviste. Li confronti con altre
poesie, e ti metti in agitazione e rompi le scatole se certe redazioni
rifiutano le tue prove. Riempi le bacheche di Facebook e ci metti pure
il copyright in fondo! E che palle! E datti una calmata! Non puoi mica
scassare l'anima a tutto il mondo con la scusa che la posta elettronica
non costa nulla! Comunque, poiché mi hai chiesto un consiglio, io ti
dico, in tutta sincerità: ma perché non fai un favore al mondo e la
pianti? Ma cos’è questa prescia di scrivere, te l’ha ordinato il
dottore? Non potresti scrivere qualche poesia d’amore e amen, quel tanto
che serve per farsi la romanticona di turno? Ma se proprio devi
scrivere, se non ce la fai a lasciare in pace la tastiera, allora fruga
dentro di te alla ricerca di una profonda risposta, fatti almeno un paio
di domande. Primo: se non scrivo crepo? Secondo: se vado a fare una
passeggiata nel parco mi viene una lirica oppure sto attento a non
pestare qualche merda di cane? Perché se la risposta alla prima domanda
è sì, se guardi le foglie d’autunno invece di vedere dove metti i
piedi, se mi vieni fuori con la famosa “urgenza” di scrivere che a me
ricorda tanto una sirena d’ambulanza, allora c’è poco da fare,
bisognerà farsene una ragione. Che dirti?, avvicinati alla natura,
cerca, come un novello Adamo, di dire ciò che vedi e vivi e ami e perdi,
descrivi tutto, soprattutto le "cose" (eh, senza le "cose" non si cosa,
non si fa poesia), se la natura ti fa schifo rivolgiti alla crisi
(altro bell'argomento), se no c'è il disagio urbano, le minoranze, la
polluzione notturna e quella atmosferica, il disordine alimentare, ah,
dimenticavo, il corpo, il corpo va fortissimo, specie dopo che l'anima
si è dimostrata poco competitiva. Insomma, se proprio devi, cercati un
target, anche di nicchia, inventati uno stile, fai qualcosa. Con due
raccomandazioni: a meno che non
sia in ballo la romanticona di cui sopra niente poesie d'amore, ci ho ripensato, perché quasi tutte le parole
buone sono già state prese, peggio dello Scarabeo; e niente sonetti, che
sono difficili e poi ci ha già pensato Massimo Sannelli.
Che altro dirti? Mi pare di essere stato chiaro, ma in fondo volevo
solo consigliarti di seguire in silenzio la tua insana inclinazione
(ricorda che il silenzio è d'oro, specie per i tuoi afflitti lettori)
senza aspettare risposte da tutti. Che poi nella migliore delle
ipotesi ti mentono, anche quando ti cliccano "mi piace" su Facebook. Ti
mentono esattamente come tu fai con te stesso (dai, lo sai che è così)
quando ti dai del poeta.
Non ti restituisco i tuoi versi che gentilmente mi hai voluto
confidare. Tanto sono sicuro che ne hai un bel po’ di copie, e poi è
inutile intasare la rete, in Italia non c’è banda abbastanza larga per
tutto ciò, manco la fibra ottica. Ma ti ringrazio ancora per la fiducia,
a cui ho cercato di dare una risposta sincera e in buona fede, non
tanto per rendermi degno di detta fiducia, quanto per dimostrarti che la
medesima, tutto sommato, non era ben riposta.
Tuo caramente
Giacomo Cerrai
(cliccando sull'immagine si scarica la Lettera a un giovane poeta di R.M.Rilke)