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Macbeth di Justin Kurzel: la recensione

Creato il 04 gennaio 2016 da Ussy77 @xunpugnodifilm

macbeth-trailer-italiano-poster-e-foto-del-dramma-con-michael-fassbender-e-marion-cotillard-1aKurzel, visionario e adoratore del testo letterario

Opera seconda di Justin Kurzel, Macbeth è un film rigoroso e fedele alla scrittura del bardo. Un prodotto che affascina visivamente lo spettatore e lo seduce con invitanti interpretazioni attoriali. Non sarà coraggiosa e nemmeno rivoluzionaria, ma poco importa perché la pellicola possiede quell’ammirazione per il testo che poche volte si è vista al cinema.

Macbeth, valoroso condottiero, cede alla propria sete di potere per seguire la profezia che lo ha indicato come il futuro re di Scozia. Fomentato dalla moglie, Macbeth eliminerà il reggente e ciò lo porterà a mettere in atto delitti sempre più efferati.

Che Kurzel abbia avuto timore nel forzare la mano e “tradire” il testo teatrale? Probabilmente sì, eppure non gliene si può fare una colpa e non può nemmeno essere un ostacolo alla visione della tragedia “perfetta”, nella quale ambizione, follia e colpa si mescolano compiutamente. E se la personalità del regista e la sua volontà di modellare la narrazione a sua immagine e somiglianza non si possono ritrovare nel testo, allora ecco che si palesano nella messinscena, che esibisce una fotografia espressiva, quasi espressionista, e una colonna sonora incombente sui destini di tutti i personaggi.

Film che prende in prestito diversi vezzi da Braveheart, Macbeth è un film che si assapora dal primo all’ultimo verso e che riempie gli occhi di folle bellezza, nella quale sangue e morte sono gli elementi più ricorrenti. Ed ecco che dagli stilemi caratteristici della tragedia shakespeariana fuoriescono i caratteri di Macbeth e della sua Lady, il primo sempre più consapevole della sua pazzia e della sua tirannica paranoia (e il viso e il comportamento di Michael Fassbender, attore che in Macbeth si supera, abbracciano questi stati d’animo genuinamente), mentre la seconda, la manipolatrice di un destino, viene progressivamente divorata dai sensi di colpa e dalla frustrazione.

Prima di Kurzel altri registi avevano donato le proprie armi registiche alla tragedia di Shakespeare e ognuno (Welles, Kurosawa e Polanski) aveva riletto la vicenda in chiave assolutamente personale; tuttavia il regista australiano decide di mantenere integro il testo, dedicandosi esclusivamente alla direzione degli attori e a una fotografia evocativa, che non risparmia nulla e che si fa degna compagna di viaggio della discesa agli inferi di Macbeth.

Analisi, ancora attuale, dedicata alle profonde pulsioni umane e di come quest’ultime si rivelino unico strumento necessario, Macbeth rallenta il ritmo e pesa le emozioni (come si evolvono e come prendono il sopravvento), tramutandosi in un enorme e brutale gioco di colori e “maschere”, ravvivato in cabina di montaggio da una frenesia d’ambizione e fede nella prima parte e di staticità e pazzia nella seconda. Perciò grande merito, come già anticipato, va a Fassbender, personificazione di un Macbeth con le mani sporche di sangue e che attende il suo infame destino, e a Marion Cottilard.

È vero Kurzel ha preferito la rigorosità alla sperimentazione, ha scelto di non misurare il suo talento visivo (poco autoreferenziale perché estremamente funzionale alla vicenda) con Welles, Kurosawa e Polanski, ma ciò che viene presentato allo spettatore è la sacralità del testo, che non viene solamente declamato con sufficienza. Esperienza di sicuro impatto cinematografico, Macbeth dimostra quanto non sia cambiata l’anima corruttibile dell’uomo in tutti questi secoli. Shakespeare era stato ammonitore e premonitore e apprezzerebbe la desolante e sofferente versione di Kurzel, che trascina agli inferi e non vi fa più ritorno.

Uscita al cinema: 5 gennaio 2016

Voto: ***1/2


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