La voglia sconfinata di imporsi lo porta a Roma appena finisce il liceo … Si iscrive alla facoltà di Lettere e filosofia, ma non prenderà mai la laurea.. A Roma ha troppo da fare ed è impossibile non notarlo … Francesco Paolo Michetti, il grande pittore abruzzese e il suo gruppo del Cenacolo lo introducono negli ambienti più esclusivi della Capitale… sono tutti in adorazione del vento di novità artistica e intellettuale che questo gruppo di provinciali sta portando nella smorta capitale addormentata… D’Annunzio è felice e realizzato, è l’animatore dei migliori salotti e le spregiudicate nobildonne sono ai suoi piedi… Ma il risveglio è brusco… Pena l’ostracismo deve affrontare un urgente matrimonio riparatore con la duchessa Maria Hardouin di Gallese e un affrettato impiego presso un giornale… di cui seguiterà a lamentarsi perché toglie tempo ai suoi interessi letterali. Gli era costato caro tradire il suo primo vero amore “Lalla” a cui aveva dedicato le belle poesie d’amore di “Canto Novo”… “Ma ancora ancor mi tentan le spire volubili tue…”
Naturalmente il matrimonio va a rotoli in breve tempo nonostante la nascita dei figli, ma è a Roma che D’Annunzio ha la sua consacrazione come letterato… ”Il Piacere” viene pubblicato nel 1890 e così ne scriverà Benedetto Croce pur parlando di ” malati di nervi” a proposito dei nuovi autori, lui Fogazzaro e Pascoli “Risuonò nella letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente “… Ci doveva essere un’evidente stanchezza verso i grandi temi sociali o la narrazione della povertà contadina o della prima industria… Quello di D’annunzio è un mondo poetico di sentimenti individuali… tutto psicologia e introspezione, in cui si celebra il mito del bello e dei valori estetici che dall’arte devono arrivare alla vita .. Unico modo per dare dignità e senso a un’esistenza altrimenti povera di contenuti e di emozioni… Così D’Annunzio descrive il suo protagonista Andrea Sperelli che abita nel barocco Palazzo Zuccari, vicino a Piazza di Spagna: “ Egli era per così dire tutto impregnato d’arte … Dal padre appunto ebbe il culto delle cose d’arte, il culto spassionato della bellezza, il paradossale disprezzo de’ pregiudizi, l’avidità del piacere. Fin dal principio egli fu prodigo di sé… Ma l’espansione di quella forza era la distruzione di un’altra forza, della forza morale che il padre stesso non aveva ritegno a reprimere … Il padre gli aveva dato, tra le altre, questa massima fondamentale: bisogna fare la propria vita come un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui. “
Roma ha il suo cantore che gli fa acquistare un posto di tutto rispetto nel mondo internazionale… Non a caso D’annunzio verrà sempre più strettamente unito all’estetica decadente di Oscar Wilde … Ma Roma non fruirà per molto del suo vate… Dopo una lunga relazione con la sofisticata Barbara Leoni, D’annunzio approda a Napoli perso dietro il suo ultimo amore… La nobildonna Maria Gravina… Sarà il periodo peggiore di tutta la vita immerso nella miseria, con la figlia Renata appena nata, denunciato per adulterio dal marito di Maria e condannato a 5 mesi di carcere… Lo salverà un ‘amnistia e poi il rifugio presso il fedele amico Michetti a Francavilla sul Mare… Ma sono anche gli anni in cui si accosta a Nietsche… e forse il sentirsi un “Superuomo l’avrà salvato dalla disperazione… E intanto scrive, scrive Giovanni Episcopo, L’innocente, Il trionfo della morte … tutte tematiche truci in cui si abbandona a una specie di razzismo aristocratico e biologico con tutta la sua insofferenza per l’uomo qualunque…La sua vera salvezza però non sarà né un uomo né un superuomo ma un’attrice sensibile e e con una grande fama… Eleonora Duse lo accoglie in Toscana in una villa vicina alla sua e gli pagherà le rette del collegio per la figlia Renata… Lui completamente esaltato dal nuovo amore si infiammerà per il teatro e ripagherà la la Divina Eleonora “dalle bianche braccia” con qualche tragedia non eccezionale e un romanzo ”Il Fuoco” in cui non si farà il minimo scrupolo di raccontare anche nei dettagli più erotici ed intimi la sua storia passionale con la Duse . Sono anche gli anni però in cui scrive alcune delle liriche più belle … Quelle “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi ” che non completerà mai … In cui trovano spazio i suoi miti rivisitati…. dalla Grecia classica, al culto degli eroi, al sogno di una grande Italia imperialista e ai versi in cui l’amore si fonde con lo spirito panico della natura …. “La pioggia nel Pineto” in cui i due amanti si perdono nel bosco come in uno sconosciuto mondo antico e intatto è l’ultimo omaggio a Eleonora - Ermione, la compagna che lo segue nel mistero e nella musica della natura…
La sua nuova rovina finanziaria inizierà proprio abbandonando la Duse … Non c’era più nessuno che lo sostenesse nelle folli spese che aveva affrontato per arredare la sua villa “La Capponcina”, in cui il Vate - Superuomo doveva vivere ”la vita del signore rinascimentale”. Fra Teatro e liriche aveva guadagnato somme enormi, ma niente per coprire le sue spese… Il superuomo per sfuggire i creditori, scappò letteralmente in Francia e ci rimase cinque anni, mentre la Capponcina e tutti i suoi tesori estetico – decadenti finivano all’asta.
In fondo lo salvò la Guerra… Quando scoppiò il conflitto, divenne uno fra i più sfrenati interventisti… Con le sue parole infiammò gli italiani per la riconquista delle terre irredente, quelle che non erano bastate tre guerre Risorgimentali per accoglierle nella nuova Italia… Lui aveva già 52 anni ma la guerra e l’avventura che vedeva in essa lo galvanizzò e lo fece ritornare quasi un adolescente.. Era già qualche anno che inneggiava , auspicava , si batteva per una nazione dominata dalla volontà di potenza, sentendosi umiliato dall’«Italietta meschina e pacifista».
E così allo scoppio della guerra- e non aspettava altro – in quelle”radiose giornate di maggio”, si arruolò volontario nei Lancieri di Novara, partecipando impaziente a tutto quello che la guerra gli poteva offrire. Era un ottimo pilota e si sfrenò letteralmente nelle incursioni aeree su Trento e sul fronte carsico. Lo fermò per un po’ di tempo una brutta ferita su una tempia e poiché il Superuomo non aveva molto tempo per curarsi finì per perdere la vista di un occhio… La sua esaltazione patriottica era sincera ma di gran lunga più esaltante fu per il Superuomo la passione per il rischio e il senso dell’avventura e così torno a combattere … Non gli mancava certo la fantasia e alcune delle sue imprese vanno ammirate e ricordate per l’audacia e l’originalità degli interventi… Famoso il volo dimostrativo su Vienna… 11 aerei partiti e 8 arrivati, percorsero 1000 chilometri per andare a lanciare su Vienna circa 300.000 manifesti di propaganda di guerra… L’ultimo aereo era un biposto pilotato dal Capitano Natale Palli…. Nell’abitacolo con D’Annunzio c’era anche un ragazzino di 9 anni figlio di un amico del Vate …Ancora più spettacolare fu l’incursione nella baia di Buccari dove tre Mas arrivarono indisturbati sino in fondo alla baia dove schierata c’ era una buona parte della flotta austriaca, lanciando siluri e colpendo tre navi per poi ritornarsene via sani e salvi… I danni furono limitati ,ma il morale delle truppe iraliane salì alle stelle…L’avventura più esaltante il Vate Comandante la sperimentò alla fine della Guerra con l’impresa di Fiume… Visto che in base ai Trattati di pace la città non sarebbe tornata all’Italia, D’annunzio alla testa di un gruppo di 2500 ribelli la occupò militarmente instaurandovi una propria Repubblica e una Costituzione molto avanzata in cui erano riconosciuti diritti per i lavoratori, pensioni di invalidità, suffragio universale depenalizzazione dei reati diomosessualità, nudismo e uso di droga… Fu costretto a sgombrare un anno dopo sotto l’assalto dell’esercito regolare che non voleva compromettere i buoni rapporti di pace con le altre potenze… Ci pensò pochi anni dopo il fascismo con un colpo di mano a riportare Fiume all’Italia..
Dalle sue imprese di guerra ricavò un titolo nobiliare dal nome vagamente da operetta “Principe di Montenevoso” cosa di cui il Superuomo tutto preso di sé non si accorse… Per il resto al di là di tutto quanto ci si sarebbe potuto aspettare, si ritirò in volontario esilio in una villa di Gardone Riviera… che lui chiamò “Il Vittoriale degli Italiani ” Osannato e richiesto a gran voce da Mussolini e fascismo, rifiutò incarichi pubblici come pure di frequentare a fondo gli uomini ”nuovi” anche se non ruppe i rapporti formali .. Non era tanto questione di ideologia … La rozzezza e la volgarità del Regime erano per la sua anima raffinata troppo difficili da sopportare.
A Gardone Riviera ormai libero dai debiti e dalle ristrettezze economiche potè dare spazio e realizzazione ai suoi sogni più pazzi. Arrivò al top del suo stile di vita e trasformò lla villa in una sorta di museo eclettico degli oggetti più strani e dell’arredamento più fantasioso… Nel parco aveva costituito il “quartiere degli artigiani ” un gruppo di specialisti che creava i suoi mobili e i suoi oggetti, in aggiunta a quelli che si faceva venire da tutto il mondo… A volte di gran gusto altre di un Kitch da far paura … Aveva 300 paia di scarpe negli armadi e decine e decine di eccentriche vestaglie con cui riceveva le sue belle e giovani amanti… In fondo fu felice.. Aveva raggiunto il lusso e il superfluo di cui la sua anima estetica non aveva mai potuto fare a meno…
Mangiava poco, ogni tanto a scopo curativo digiunava tre giorni alla volta, ma era attaccatissimo soprattutto alla cucina della sua terra d’Abruzzo … Una terra di pastori che per lui appartenevano ancora al mondo greco e una lingua che lui si rifiutava di chiamare dialetto e definiva latina… Del formaggio della sua terra diceva “…è tutto nel nostro cacio pecorino… È il cacio nerastro, rugoso, durissimo: quello che può rotolare su la strada maestra a guisa di ruzzola in gioco ” e ogni tanto si faceva preparare ”I maccheroni alla chitarra”… Quelli che si preparano su un telaio rettangolare di legno di faggio, in cui sui lati lunghi sono tesi dei sottili fili metallici, che ricordano appunto le corde della chitarra… La sfoglia di pasta si stende sopra e poi pressata dal mattarello cade sul piano inferiore divisa in maccheroni di taglio quadrato … Ci sono diversi modi di preparare il condimento sia a base di carne che vegetariano come quella che abbiamo scelto noi…
MACCHERONI ALLA CHITARRAINGREDIENTI per 4 persone: farina di semola di grano duro 400 grammi, 4 uova, sale q.b., pomodori pelati 400 grammi, 2 spicchi d’aglio, 4 cucchiai di pecorino abruzzese, 1 peperoncino essicato di media grandezza, un mazzetto di prezzemolo, olio extra vergine di oliva.
PREPARAZIONE: Disponete la farina a fontana , al centro rompete 4 uova e aggiungete un pizzico abbondante di sale . Impastate a lungo per circa mezz’ora e dopo fate riposare l’impasto almeno per due ore , in frigo,avvolto nella pellicola trasparente. Scaduto il tempo tirate una o più sfoglie di dimensioni inferiori, di spessore non inferiore ai 5 mm e ponetele sulla chitarra leggermente infarinate da ambo le parti. Passate il mattarello con forza su tutta la superficie della sfoglia in modo da tagliarla in un colpo solo formando i maccheroni che si andranno a deporre sul fondo dell’attrezzo. Ripetete l’operazione se avete preparato più sfoglie e mettetele aperte su un panno fino al momento dell’utilizzo.
Per realizzare il sugo, affettate finemente dopo averli sbucciati i due spicchi di aglio e metteteli a dorare nell’olio facendo attenzione che non si brucino. Se dovesse succedere è preferibile buttare il tutto e ricominciare perché rovinerebbero con il loro amaro la delicatezza del sugo. Una volta dorato l’aglio aggiungete il pomodoro, il sale e il peperoncino e fate sobbollire il sugo per 20 – 25 minuti. Qualche minuto prima di togliere dal fuoco aggiungete una parte del prezzemolo. Una volta cotta la pasta in acqua bollente e salata, scolatela molto al dente, conditela col il sugo,spolverizzatela di pecorino e il resto del prezzemolo tritato.