MACHETE (Usa 2010)
Lo scrivevo qualche post fa: la vita, e di conseguenza il cinema, è solo una questione di aspettative. State schiumando per il pompatissimo ritorno in grande stile del vostro regista preferito? Mettetevi l’animo in pace, c’è sempre la possibilità che si tratti di una schifezza (a proposito: sono già in fibrillazione per il nuovo di Terrence Malick, che ahinoi a Cannes ha ricevuto un’accoglienza freddina). Viceversa di quell’altro autore non ve n’è mai fregato molto? Ecco, magari poi vedete il suo ultimo film e, se non cambiate idea sull’opera omnia, comunque ne rimanete piacevolmente sorpresi. Con Machete, per quanto mi riguarda, è andata esattamente così. Non dico di odiare il buon vecchio Robert Rodriguez, che da vent’anni ci tormenta con il suo amore per il cinema di serie b degli anni Settanta e il suo concetto estetico di sangue che più sembra marmellata di fragole e meglio è, ma devo dire di non aver mai avuto una grande passione per il suo modo di fare cinema, e l’unico suo film che mi abbia destato un minimo di interesse è stato, anni fa, Sin City. Eppure.
Eppure questa gran tamarrata texana che parla di un ex agente federale messicano diventato suo malgrado giustiziere non mi è affatto dispiaciuta – e considerato il fatto che me la sono vista a casa sul pc spaparanzato sul divano invece che su un megaschermo cinematografico le dò automaticamente mezzo punto in più su una scala immaginaria che va da zero a un numero a piacere. Non starò qui a perdere tempo e a farvi perdere il vostro con i soliti discorsi sul postmoderno, con l’elenco delle star che compaiono nel film, con la storia del finto trailer di Planet Terror e tutte ‘ste cose qui che sicuramente saprete già a memoria (anche perché Machete è in circolazione da più di un anno, e arriva solo adesso nelle sale italiane dio solo sa perché) e in ogni caso c’è sempre Imdb. Mi limiterò a sottolineare, di questo film, il grande ritmo (non si riesce davvero a tirare il fiato un attimo, e le tante scene d’azione sono comunque molto varie e sempre originali), la sacrosanta ironia (cosa di cui Rodriguez, in passato, ha anche fatto colpevolmente a meno) e il fatto di essere un’opera di cattivo gusto capace di scadere solo raramente nel cattivo gusto (sì, ok, a un certo punto il protagonista si cala da una finestra usando le budella di un avversario, ma di scene così non ce n’è poi tante. Davvero! Persino le tette dei tanti avvenenti personaggi femminili sono mostrate con parsimonia). Poi ok, si può sempre essere pignoli e trovarne centinaia di difetti (uno a caso: se avete visto Le tre sepolture di Tommy Lee Jones la questione del confine tra Messico e Stati Uniti, narrativamente centrale in Machete, vi sembrerà affrontata in modo stupido e superficiale, a confronto), ma rimane il fatto che questa volta il buon Rodriguez, spalleggiato alla regia dal fido Ethan Maniquis, ha tirato fuori un action movie di tutto rispetto, divertente quanto basta e ricco di frasi storiche da citare a caso con gli amici.
Alberto Gallo