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Machine gun preacher

Creato il 22 aprile 2012 da Misterjamesford
Machine gun preacherRegia: Marc ForsterOrigine: UsaAnno: 2011Durata: 129'
 La trama (con parole mie):  Sam Childers è un biker violento e tossicodipendente appena uscito di galera quando, a seguito di uno scontro con un autostoppista finito nel sangue, chiede aiuto alla moglie convertitasi negli anni della sua assenza trovando in Dio una nuova missione.Disintossicato e ripulito, mette insieme un'azienda di costruzioni di successo e decide, dopo un illuminante viaggio in Africa, di aiutare i bambini vittime della guerra civile in Sudan contemporaneamente all'inaugurazione di un luogo di culto nella sua città, divenendo di fatto un pastore.Gli anni passano, le difficoltà aumentano, ma Childers continua a lottare - spesso e volentieri con le stesse armi dei loro persecutori - in difesa degli orfani figli solo di uno dei tanti massacri tenuti sotto silenzio presenti sulla Terra: un predicatore unico nel suo genere, che quando le parole non bastano, imbraccia ben volentieri le armi.
Machine gun preacher
Esistono alcuni film in particolare in grado di mostrare quanto, nell'economia di una pellicola, sia importante una sceneggiatura solida anche rispetto alla stessa regia: se, infatti, un mestierante dietro la macchina da presa servito da un ottimo script è in grado di realizzare comunque un'opera da ricordare, non è detto che una storia scritta con i piedi possa essere migliorata da un cineasta - come in questo caso - magari neppure così dotato.
In questo senso, Machine gun preacher è stato davvero un'occasione sprecata.
La figura di Sam Childers - un personaggio controverso e per molti versi sempre troppo "estremo" - e la riflessione legata al suo ruolo di "salvatore" in Africa potevano di fatto porre la base per un piccolo, grande cult in grado di scomodare assonanze con Cuore di tenebra e il Colonnello Kurtz, considerato l'approccio che l'ex criminale divenuto un armato eroe delle piccole vittime della guerra civile in Sudan ha deciso di mantenere contro i capibanda che imperversano in una parte di mondo di cui troppo spesso l'opinione pubblica si dimentica: il prodotto finito, invece, risulta essere un tentativo raffazzonato e di grana grossa di portare a casa sia il favore del pubblico esigente abituato al Cinema d'autore sia di quello più tamarro figlio dell'action dura e pura - lo stesso tentativo che era stato fatto, e decisamente meglio, da Andrew Niccol in Lord of war -.
Se, però, la regia di Forster può anche essere perdonata per quanto scialba, la sceneggiatura di Jason Keller - non per nulla autore anche dello script dello scellerato ed inguardabile Biancaneve - risulta elementare e tagliata con l'accetta: passaggi che fanno pensare a tagli malriusciti in fase di post produzione, dialoghi dozzinali, sagre di luoghi comuni in grado di gettare alle ortiche tutte le potenzialità di una vicenda che in mano a professionisti più esperti - qualcuno ha detto Steven Zaillian!? - avrebbe potuto davvero portare alla realizzazione di una delle pellicole "must see" dell'anno.
In questo modo, invece, ci ritroviamo con la sensazione di aver assistito ad una specie di versione alternativa dello scialbo ed inutile Blood diamond quando, in realtà, la speranza era quella di poter affrontare una sorta di fratellino - seppur molto minore - di Apocalypse now.
Del resto, Sam Childers e la sua crociata in nome di Dio e degli orfani sudanesi hanno più ombre che luci, e portano a galla una riflessione giustamente sottolineata anche da Juleznel corso della visione: questo ex biker e tossicodipendente, in effetti, è un uomo abituato a vivere sul confine, sempre in bilico tra l'estremismo e la generosità, la fede e la follia, la voglia di lottare e l'espressione della violenza.
Parlando di questo insolito attivista per i diritti umani terminata la visione - senza soffermarsi troppo sull'interpretazione del mio amicone tamarro Gerard Butler, che continuo ad apprezzare anche quando non è al meglio, come in questo caso - mi è passato per la mente un paragone con Che Guevara, che più che un medico o un politico è stato a tutti gli effetti un guerriero, e per quanto puri potessero essere i suoi ideali viene da chiedersi se non fossero spinti prima dall'irrequietezza del combattente attanagliato dalla paura di rimanere senza battaglie da affrontare che non dal desiderio di affermarli proprio in quanto puri.
Childers, in fondo, mette la stessa fervente energia nella droga e nel crimine e dunque nel lavoro e nella ricostruzione della sua famiglia, per finire a battersi con la stessa violenza conosciuta per le strade e in carcere contro i signori della guerra nel cuore dell'Africa: questo è il segno di qualcosa che va oltre gli ideali, e che segna profondamente la passionalità - e l'inclinazione alla violenza, e l'andare oltre - di una persona: scrivo questo non come una critica, ma piuttosto come una sorta di riconoscimento anche di un lato di me stesso che difficilmente riesco a gestire e che mi porta con la stessa energia a buttarmi a capofitto in quello che riesce a smuovermi.
Questo lato è pericoloso, perchè figlio di quel "cuore di tenebra" che Conrad e Coppola fotografarono così bene nelle rispettive "specialità", e che, come avverte anche l'attivista incontrata da Childers al campo profughi, può portare a superare anche il confine estremo, divenendo progressivamente, di fatto, una nuova immagine di quello che si combatte.
Peccato davvero che Machine gun preacher, più che la fotografia di una lotta struggente contro quello stesso abisso, risulti essere la cronaca di una guerra disorganizzata e scomposta: anche - e soprattutto - nella sua espressione.
E per il Cinema, questo equivale sempre ad una pesante sconfitta.
MrFord
"I saw a saviora savior come my way
I thought I'd see it
at the cold light of day
but now I realize that I'm
only for me."
Portishead - "Machine gun" -

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