Fino a qualche tempo fa il nome Mack Reynolds non mi diceva niente. Eppure, ho saputo recentemente, ha iniziato a scrivere romanzi di fantascienza – una cinquantina in tutto – alla fine degli anni ’40, quindi non proprio ieri o l’altroieri. Ma, anche se ho scoperto prima la fantascienza e poi la fantasy, è stato questo secondo genere che mi ha maggiormente affascinata e che quindi ho iniziato a esplorare con maggiore frequenza. Senza però dimenticare mai del tutto il mio primo amore così, quando Emanuele ha casualmente commentato che Effetto valanga era un libretto molto carino e che per molte cose era sorprendentemente attuale, è riuscito a incuriosirmi. Non sempre la curiosità si traduce in un libro letto in breve tempo ma questa volta è stato così, forse anche grazie a un incipit apparentemente semplice ma capace di destare la mia attenzione, e molto scorrevole.
Secondo quanto ricostruirono in seguito i computer, tutto cominciò in casa di Marvin e Phoebe Sellers, al 4011 di Camino de Palmas, Tucson, Arizona.
Pag. 19
Cos’è che è cominciato, e perché dei computer si sono presi la briga di ricostruirlo? L’effetto valanga del titolo, naturalmente. Marvin decide di restituire un congelatore perché non è in grado di pagare le rate e quello vecchio (di quasi quattro anni!) va ancora benissimo, anche se la moglie lo trova pieno di difetti come essere bianco, cosa terribilmente fuori moda. Ecco che Marvin inizia a starmi simpatico, io odio l’abitudine di seguire le mode e gli sprechi di oggetti che funzionano benissimo. Comunque lui annulla l’ordine, e il rivenditore annulla al suo distributore l’ordine per tre nuovi frigoriferi perché teme che il problema non sia limitato solo a Marvin. Il distributore a sua volta, toccato nel portafogli, annulla l’ordine di una macchina nuova che non si può più permettere. Eccolo qui l’effetto valanga, che una volta avviato non si riesce più ad arrestare.
Quello che ho descritto è il prologo, quindi i miei spoiler sono limitati a sole tre pagine. Dalle premesse parte un libro interessante, anche se non è certo un capolavoro. In alcuni punti mi aveva persino infastidita, almeno all’inizio. La relazione sentimental-sessuale fra due personaggi mi sembrava stereotipata, con un uomo terribilmente maschilista, almeno finché non ho capito che lo scrittore aveva volutamente esasperato alcuni dettagli per ottenere un effetto parodico. Lui si atteggia a sciupafemmine ma le cose non vanno esattamente come pensa, e lei non è l’innocente e disinteressata ragazzina che avevo creduto in un primo momento. In più la moda femminile non è una di quelle cose che passano inosservate. Reynolds prende in giro i suoi personaggi, e già che c’è anche certe esasperazioni della società. E sono tanti i punti in cui mette il dito nella piaga.
Ai presidenti non si chiedeva più di essere particolarmente brillanti. Quello in carica aveva, probabilmente, la miglior immagine pubblica, la presenza più affascinante di sempre in televisione Tri-Di e una stretta di mano superlativa.
Pag. 28.
Proprio belle qualità, indispensabili per diventare presidente e far funzionare lo stato nel migliore dei modi. E ora che abbiamo sgranato gli occhi per l’incredulità o abbiamo riso chiediamoci se i nostri politici siano migliori.
Ai vecchi tempi la chiamavano Panico o Crisi, ma poi devono aver capito che usare una terminologia del genere non li aiutava a uscirne, per cui passarono a Depressione. Ma anche quella aveva una connotazione troppo negativa, così dopo la Grande Crisi, dal 1929 al 1939, le hanno chiamate Recessioni. Infine, qualche cervellone se ne è uscito con un Riassestamento o Riassestamento Graduale.
Pag. 28.
L’importanza delle parole. Se usi quelle giuste oscuri il vero significato dell’argomento di cui stai parlando e manipoli i sentimenti di chi ti sta ascoltando. Un po’ come fanno le Aes Sedai nella Ruota del Tempo di Robert Jordan o, fuori dalla fantasia, come ci avvisa che sta accadendo Gianrico Carofiglio nella Manomissione delle parole.
Nelle pagine successive un personaggio spiega al suo ottuso ma affascinante presidente cosa sia una Depressione e come, a partire dal fallimento di piccole imprese che licenziano i loro operai, i quali si trovano a spendere meno e anche a chiedere il sussidio di disoccupazione, il problema si allarghi sempre più fino a far crollare ogni settore dell’intero sistema. Forse, ancora, anche i nostri politici dovrebbero leggere questo libro, loro che sono convinti che basti allungare l’orario dei negozi e ridurre i giorni di festa per eliminare la crisi, come se a chi non ha soldi perché non ha un lavoro cambi qualcosa se non può fare acquisiti per 15 o 24 ore di apertura dei negozi.
– Se il Presidente venisse alla festa russa del Primo Maggio – grugnì Weigand – perderebbe un milione di voti. Ricordi che voialtri siete ancora il nostro spauracchio numero uno.
L’altro sorrise, dispiaciuto. – E voi il nostro. Immagino che ogni nazione debba avere uno spauracchio. Impedisce alla gente di pensare ai problemi reali.
Pag. 42
Ricordate George Orwell e il suo 1984? Là non c’era tensione ma una vera e propria guerra che catalizzava i sentimenti negativi dei personaggi. Una guerra eterna, combattuta sempre contro gli stessi nemici. Più o meno.
Serve uno spauracchio per distrarre dai problemi reali, o servono notizie leggere per sviare l’attenzione degli elettori. Tutto pur di non farsi beccare. Tanti anni fa in Io non mi sento italiano Giorgio Gaber cantava
Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Si scannano per tutto e poi non cambia niente. E lo spauracchio serve per non perdere voti, non per altro.
– Ma buon Dio, figliolo, sai benissimo che non c’è stata nessuna differenza tra Repubblicani e Democratici nelle ultime dieci elezioni o giù di lì.
Pag. 63.
Appunto. È fantascienza, l’autore non è neppure uno dei grandi del genere, il libro è un po’ datato visto che risale al 1974 ma a volte sembra proprio che parli di noi. Segnalo un ultimo passaggio, legato non ai ridicoli tentativi di contrastare la Crisi ma all’altra trama che porta avanti la storia, quella della Truffa. Amo La stangata e I signori della Truffa, entrambi interpretati, fra gli altri, da Robert Redford. Potevo non divertirmi con questa storia?
– Le organizzazioni come la Doolittle Research, le altre imprese di ricerca motivazionale e le agenzie pubblicitarie manipolano le ragioni e i desideri umani e sviluppano un bisogno di prodotti che il pubblico non conosceva, o addirittura era deciso a non acquistare.
Pag. 144.
E questa è una cosa su cui bisogna sempre fare attenzione. Chi ci considera come un potenziale pollo da spennare cerca sempre di far leva sui nostri sentimenti nascosti o di suscitarne di nuovi per i suoi fini, non certo per farci star meglio. Vigilare su questo non è facile ma è indispensabile.
Michela Murgia è diventata famosa a livello nazionale per il romanzo Accabadora. Non è però il suo primo libro, prima aveva scritto, fra l’altro, Il mondo deve sapere, volumetto che parla della sua esperienza nel mondo della vendita telefonica e dell’operazione fatta dalle imprese per lobotomizzare prima i suoi dipendenti e poi i potenziali acquirenti. Certo, io ho calcato la mano sul termine, ma ho letto le prime pagine e ne sono rimasta molto colpita. Attenzione a chi vuole venderci qualcosa non perché noi abbiamo deciso di acquistare ma perché lui ci dice che quell’acquisto per noi è indispensabile. Forse sotto c’è qualcosa di non proprio limpido.
Effetto valanga non è un capolavoro, ma è un librettino che si legge in fretta e che offre molti spunti di riflessione. Sperando di riuscire a non essere travolti da nessuna catastrofica valanga.