Trama: derubato dei cammelli e delle provviste, Max arriva a Bartertown, una città nel deserto governata dalla regina Aunty ma resa funzionante dai macchinari sotterranei di Master. Quando Max viene bandito dalla città proprio per mano di Aunty, viene salvato da un gruppo di ragazzini che vivono in un'oasi al di là del deserto...
Dopo il sequenziale delirio violento e post-apocalittico di Interceptor e Interceptor - Il guerriero della strada, guardare Mad Max oltre la sfera del tuono è stata un'esperienza spiazzante e non completamente positiva. La prima metà della pellicola è una naturale evoluzione dei primi due capitoli della saga; in Interceptor veniva descritto un Paese sull'orlo dell'apocalisse, in Interceptor - Il guerriero della strada l'attenzione di Miller si spostava su uno sparuto nugolo di sopravvissuti nomadi mentre in Mad Max oltre la sfera del tuono vediamo un mondo post-apocalittico che, per citare le parole dell'immortale bardo del Maine, "è andato avanti" ed è riuscito a ricreare una sorta di civiltà, fatta di leggi (per quanto barbare e siglate con sputi e strette di mano), con un'economia basata sul baratto e in grado di sostenersi per quel che riguarda servizi ed energia. Certo, la violenza e le pistole sono sempre il modo migliore di condurre gli affari ma c'è anche spazio per empatia e pietà mentre la sovrana della città di Bartertown, la sanguigna Aunty (non a caso donna!), non ragiona solo con la forza bruta ed è soprattutto una fine stratega dagli obiettivi insondabili. Mad Max oltre la sfera del tuono ci racconta tutto questo, filtrato attraverso gli occhi dell'onnipresente e sfortunato Max, ma a un certo punto decide di mostrarci anche un'altra realtà, che è il suo aspetto peculiare ma anche la sua debolezza. A un certo punto, infatti, il film diventa una sorta di avventurosa favola avente per protagonisti dei bambini miracolosamente sopravvissuti a un incidente aereo e Max si trasforma in un riluttante babysitter nonché salvatore di un'intera generazione di futuri abitanti del pianeta Terra, riguadagnando così la sua umanità perduta; se il finale rimane comunque affascinante e riesce a mantenere quell'aura di happy end incerto e pessimista tipico dei primi due capitoli, la parte centrale di Mad Max oltre la sfera del tuono ricorda anche troppo un maldestro tentativo di cavalcare l'onda di film come Indiana Jones e il tempio maledetto o I Goonies, guarda caso usciti quasi nello stesso periodo (so che l'idea di Miller era di girare un film a sé ma qualcuno lo ha convinto che unire il tema "bambini selvaggi" a Mad Max sarebbe stato perfetto ed ecco il risultato...).
Al leggero diludendo derivante dalla trama, si aggiunge anche quello provato davanti al percettibile "piattume" tecnico. Nei credits viene citato George Olgivie come co-regista ed effettivamente Miller aveva perso interesse a girare Mad Max oltre la sfera del tuono perché l'amico e produttore Byrion Kennedy era morto proprio poco prima dell'inizio delle riprese, durante un sopralluogo per le location; il risultato di questa tragedia è stata la scelta di Miller di dedicarsi esclusivamente alle scene d'azione (che effettivamente sono poche ma al livello di quelle dei primi capitoli della saga) e lasciare il resto ad Olgivie, un mestierante che ha portato a casa la pagnotta e nulla più. Palese anche la disponibilità di un budget maggiore rispetto a quello dei film precedenti; l'apporto di denaro sonante americano ha consentito a Miller e soci di creare le scenografie più belle ed imponenti della saga, basti solo pensare alla complessità della "reggia" di Aunty o alla fabbrica sotterranea di Master, senza dimenticare ovviamente la pericolosa bellezza della Sfera del tuono del titolo italiano, ma purtroppo ha imposto anche la presenza di Tina Turner, che se la cava bene come attrice ma si porta appresso anche un paio di canzoni che a mio avviso c'entrano davvero poco con le atmosfere della pellicola (We Don't Need Another Hero è bella quanto volete ma troppo poco rozza per il film). Rimanendo in ambito attori, ho gradito molto il ritorno di Bruce Spence, sebbene nei panni di un pilota diverso da quello di Interceptor - Il guerriero della strada, mentre Mel Gibson (che all'inizio si mostra con un taglio di capelli assai simile a quello del futuro Braveheart e per tutta la pellicola ha l'occhio sinistro dilatato a causa dell'incidente accorso a Max alla fine di Interceptor - Il guerriero della strada) nella vituperata seconda metà del film viene costretto nel poco felice ruolo di "papà chiacchierone" che purtroppo toglie un po' di smalto alla necessaria aura cool che il personaggio di Max richiederebbe. Insomma, la saga dell'eroico Max avrebbe potuto davvero concludersi col secondo capitolo, come avrebbe voluto Miller, e purtroppo ciò mi fa temere per Mad Max: Fury Road... ma, chissà, magari togliendo bambini e favolette il futuro post-apocalittico tornerà a rombare feroce ed inquietante!
Del co-regista e co-sceneggiatore George Miller ho già parlato QUI. Mel Gibson (Mad Max) e Bruce Spence (Jedediah il pilota) li trovate invece ai rispettivi link.
George Ogilvie è il co-regista della pellicola. Australiano, ha diretto film come The Crossing ed episodi di serie come The Blue Heelers. Anche sceneggiatore e attore, ha 84 anni.
Mi sembra superfluo ribadire che Mad Max oltre la sfera del tuono segue Interceptor e Interceptor - Il guerriero della strada.. nell'attesa di Mad Max: Fury Road, recuperateli! ENJOY!
Ah, mi sembrava bello concludere la rassegna su Mad Max con un po' di foto fatte nel lontano 2006 nelle location di Silverton e Broken Hill, dov'è stato girato Interceptor - Il guerriero della strada. Ecco qua!
Ecco il Silverton Hotel, sede del museo fotografico dedicato a Mad Max
Ed ecco, da varie angolazioni, la replica della macchina di Mad Max in persona!
Ed ora, alcuni paesaggi dei dintorni di Broken Hill e Silverton, due delle location australiane scelte per Interceptor - Il guerriero della strada!
Non vi sembra un posto adatto per un inseguimento? :D
Mad Max style!