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La visione di una puntata di Mad Men provoca l'entrata in una bolla temporale che trasporta ad atmosfere d'altri tempi, a degli anni '60 mai urlati, mai cliché e sempre ricchi di fascino e di stile.
Così, poco importa se i temi raccontati finora si sono ripetuti, se nulla di nuovo sembrava avvenire, perchè quest'atmosfera è tanto cara allo spettatore che difficilmente la si abbandona.
Di cose, però, ne succedono parecchie in questi soli 7 episodi che compongono la prima parte dell'ultima stagione, divisa in due tronconi dalla AMC come già Breaking Bad.
Il Don Draper che ci troviamo davanti dopo il suo momentaneo licenziamento avvenuto a fine sesta stagione, è ben diverso dal Don della quarta, non affoga nell'alcool, non finisce in avventure e storielle di poco conto, ma si controlla, mente per il suo ego alla moglie e ai figli, cercando come può di tirare avanti senza la sua casa -la SC&P-, senza i suoi colleghi.
E' un Don, quindi, che s'impegna, anche quando vede crollarsi tutto davanti, anche quando più per pietà e costrizione torna a lavoro, degradato della sua carica e messo in un angolo. Nella sua preparazione alla battaglia, non mancano le cadute, non mancano le perdite, ma la sua caparbietà è forse quella di una volta.
Pur concentrandosi quasi esclusivamente sulla sua figura (e i finali d'episodi focalizzati sul suo volto lo sottolineano), Mad Men lascia ampio spazio ai suoi comprimari, divisi tra New York e Los Angeles, con l'ormai cresciuta Peggy che proprio da Don ha imparato, a cui non mancano continui scivoloni, ma che proprio nella figura che potrebbe essere allo stesso tempo quella dell'uomo ideale, di padre e di mentore si affida nel momento del bisogno. E così i due assieme danno vita all'episodio più significativo di questa prima parte, in una strategia che ricorda i tempi andati di un'amicizia e di una serie.
Nel frattempo Pete è sempre più draperiano ma privo dello stesso fascino, Betty gioca alla casalinga disperata e alla madre snaturata, Sally cresce a vista d'occhio e fa finalmente confessare al padre la verità, Roger approda finalmente a una sua visione del lavoro.
C'è spazio e tempo per tutti, quindi, per personaggi che ormai si conosce come una famiglia e che si segue sbandare e rialzarsi, senza dimenticare attimi di tagliente ironia e di comicità (in questi episodi affidati alla segretaria svampita di Don).
Perchè se l'atmosfera ricreata è riuscita grazie alla classe con cui la serie viene interpretata e prodotta, il merito è certamente dato dalla scrittura, con sceneggiature fatte di parole calibrate e di semplici sguardi significativi che elevano il prodotto a opera.
Il finale spezzato, lascia carichi di speranza, con qualche lacrima versata e più di un sorriso che corona un addio inaspettato -ma come sempre elegante- metaforizzato da uno sbarco sulla Luna e uno spot d'impatto e emozionante.
Pronti e impazienti per un settembre ancora troppo lontano che ci consegnerà l'ultima parte, continuiamo ancora un po' a crogiolarci in questa bolla ricca di stile.
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