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La perfezione.
Inizio il post come sono iniziati quelli di Breaking Bad e di Sons of Anarchy e le loro ultime stagioni, perchè per quanta differenza di stile e temi, queste tre serie sono la perfezione e nella perfezione si sono concluse.
Mad Men, spiace per le altre due, ha però qualcosa in più.
Ha quel suo essere iconica, quel suo stile diverso ed elegante, che l'ha resa grande fin dall'inizio, fin dal suo esordio di ben 9 anni fa, senza mai fare uno scivolone, senza mai cadere o scadere. Grande fin dall'inizio a differenza di due serie cresciute con il tempo, partite tentennanti e -ammettiamolo tutti- un po' nella noia.
Mad Men no, Mad Men ha avvolto, senza puntare sui colpi di scena, sulle morti ad effetto, è andato avanti, facendoci entrare nell'agenzia Sterling Cooper seguendo i timori di una giovane segretaria di nome Peggy, parlandoci di amori, tradimenti e idee all'ombra di un bicchiere, con quegli spot e quelle presentazioni che sarebbero entrati nella storia.
Ora ci salutano, tutti, si chiude un'era, si chiudono gli anni '60 che hanno visto la Sterling Cooper diventare Sterling Cooper Draper Pryce e infine la Sterling Cooper & Partners.
I cambiamenti si sentono, già c'erano stati con la prima parte, che aveva portato a un saluto estremo, e a quell'aria di ulteriori cambiamenti. Ora, in questi soli 7 episodi, tutto si risolve, tutto cambia ancora una volta.
E li seguiamo, i nostri colleghi, la nostra famiglia telefilmica speciale, affrontarli questi cambianti, accettandoli o venendone meno.
A soffrirne più di tutti è naturalmente lui, Don, la sagoma inconfondibile, uno che anche di spalle buca lo schermo, lo riempie della sua presenza: lui, lupo solitario, solo più che mai, se ne va, infelice, alla ricerca di espiazione, per salvare una donna quando in realtà a dover essere salvato è lui stesso, alla ricerca di pace, forse, o forse solo di nuove idee, di quella vincente.
Lui c'è sempre, mentre gli altri si alternano, trovando il loro spazio non in tutti gli episodi, trovando il loro spazio, finalmente, nella vita: la riconoscete Peggy a 10 anni di distanza, donna magari non del tutto soddisfatta ma fiera e sicura di sé, di quanto ha costruito? lo riconoscete Pete, arguto e capace di venire a pace con se stesso, con i suoi sentimenti e con i suoi affari? lo riconoscete Roger, felice e innamorato, e non della solita gonnella? e Joan, che al cliché della bella, bellissima donna che si gode la vita, che si fa mantenere non ci sta più? e Betty, madre amorevole come forse non lo è mai stata, saggia e più forte che mai?
Il cambiamento di ognuno è avvenuto lentamente, e ora finalmente ne vediamo i frutti, li gustiamo, ne gioiamo e ne piangiamo.
Ma oltre ai personaggi, oltre a questa famiglia, c'è molto di più.
C'è uno stile inconfondibile, un'attenzione ai particolari, agli oggetti, ai costumi, alla musica. Ci sono dialoghi che non hanno bisogno di parole, ma che fanno sgorgare le prime lacrime, e poi ci sono loro, quelle sagome, quei tanti Don di schiena che fanno venire i brividi per la loro bellezza.
Sono tante le cose da salvare per sempre nello scrigno dei ricordi più cari, ci sono momenti che si fanno magici: Peggy sui pattini, Roger al pianoforte, Sally a capotavola, quell'appartamento vuoto, svuotato, quella dichiarazione d'amore nel momento stesso in cui si rivela.
E' la fine di un'era.
Un'era che né la televisione né noi, né io (colpevole di averla recuperata troppo, troppo tardi) non dimenticheremo mai, e di cui si andrà sempre orgogliosi.
Soprattutto di quel sorriso, un sorriso pacifico, un sorriso felice, un sorriso che nasconde un'idea, l'idea. Uno dei pochi, con cui tutto si chiude e tutto ha un nuovo inizio.
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