Madame Bovary… Siamo Noi!

Creato il 09 febbraio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il febbraio 9, 2012 | LETTERATURA | Autore: Marica Tosto

Donna”: cosa sta dietro a una parola così piccola? Un universo di passioni, sogni e speranze. Una conflittualità profonda tra l’illusione e la realtà: ecco su cosa si basa la personalità della protagonista di “Madame Bovary”, l’opera più celebre e conosciuta di Gustave Flaubert (nella I edizione “I Meridiani Collezione”, maggio 2006, con traduzione di Maria Luisa Spaziani). Emma è una donna romantica e sognatrice, desiderosa di vivere emozioni forti e di evadere dalla banale esistenza che conduce. Dopo aver sposato Charles Bovary, un medico piuttosto “insignificante”, sarà completamente insoddisfatta della sua vita familiare: monotonia, grigiore, noia e piattezza caratterizzeranno la quotidianità di questa donna. Ella ricerca incessantemente un cambiamento, che riesca a farle abbandonare la tristezza che la attanaglia. Quale donna può affermare di non aver mai provato sensazioni simili? Ecco come Gustave Flaubert, indagando la società borghese del suo tempo, riesce a entrare dentro l’anima di ogni individuo e attraversare le sue pulsioni interiori e i sentimenti più profondi. Una figura emblematica sembrerebbe quella del marito, un uomo troppo mediocre per una donna appassionata che sognava di trovare uno straordinario ed ineguagliabile cavaliere al galoppo. Ingenuo a tal punto da addossarsi le colpe della moglie: “non l’aveva resa felice!”. Gli stereotipi della conversazione di Charles (definita dall’autore “piatta come un marciapiede”) hanno una loro singolare consistenza: nella scrittura flaubertiana, infatti, la parola assume uno spessore, una materialità che la trasforma in “cosa” ed il coinvolgimento del lettore è, di conseguenza, totale, poiché i sentimenti che Flaubert descrive sembrano più che mai comuni a tutti gli uomini. Qual è il primo aspetto che riusciamo a cogliere, in maniera immediata, nella protagonista? Senz’altro la sua insoddisfazione perenne, non solo dopo il matrimonio, ma anche dopo aver compiuto i tradimenti con i due giovani: il primo è Leon, sottomesso, come Charles, alla mascolinità di Emma, “[...] era lui la sua amante, e non viceversa [...]”. Per quanto sia presente in lei un carattere esuberante, ambizioso e sognante, è rimasta un uomo. Il secondo è Rodolphe, il quale, stufo, la abbandonerà in maniera meschina. Emma, plasmata a sua immagine dall’autore, non poteva che vivere l’adulterio come una condizione di privilegio, come accesso ad un mistero e come concretizzazione di una fantasia immaginaria, a lungo perseguita nella giovinezza: un “piacere” proibito, dunque, un desiderio illusorio e inarrivabile. Sarebbe un paradosso, quindi, leggere Madame Bovary come una denuncia dell’infedeltà coniugale!

Ciò che risalta, a questo punto, in maniera incontrastata, è l’interiorità di Emma, sottoposta ad una continua ricerca. Amante della ricchezza e dello sfarzo, compie acquisti smisurati, indebitandosi irreparabilmente: emerge, in maniera immediata, che il gusto dell’amore e il gusto del lusso rappresentano manifestazioni parallele della stessa insoddisfazione. Superata l’iniziale esaltazione di ogni cambiamento, infatti, Emma si ritrova costantemente in mano una delusione ancora più terrificante, come a rappresentare una piccola “morte”, fino a quella finale che si armonizzerà perfettamente alle altre che l’hanno prefigurata. Sono proprio gli affannosi e strazianti pensieri di “morte” che invadono Emma fin dal suo primo ingresso nella casa del marito: contro questi si opporrà, dedicandosi ad attività domestiche. Ecco il contrasto tra fantasticherie di morte e una tenace operosità che colpisce il pubblico, poiché riguarda dissidi interiori sempre presenti all’interno dell’essere umano. La decisione di togliersi la vita, che il romanzo pone come conseguenza della sua sconfitta affettiva (l’adulterio) ed economica (l’indebitamento), è da ricollegare, quindi, alla sua doppia e antitetica natura, mostrata nel testo attraverso metafore e comparazioni: “soffriva solo per il suo amore [...] come i feriti, nell’agonia, sentono defluire la vita attraverso la piaga sanguinante”. Sembra quasi che Gustave Flaubert desideri realizzare nel personaggio di Emma una fusione di sensualità e spiritualità: la coscienza frantumata della protagonista è resa evidente dalla frammentazione del romanzo. Al centro del racconto, infatti, dopo un vero e proprio distacco, vediamo nuovamente un avvicinamento alla sfera religiosa, quasi come dimora di salvezza a ciò che aveva passato e come unico punto fermo, necessario per sopravvivere. Sul letto di morte, infine, riassumerà, tramite il bacio al Crocifisso, il senso assoluto della sua esistenza.

Dove ricercare l’origine della sua malattia nervosa? Naturalmente nell’infanzia della protagonista. “Colpevoli” sono proprio i “libri” sui quali Emma ha edificato, fin da piccola, le sue fantasie sentimentali e appassionate, riuscendo a combattere, ma allo stesso tempo alimentare, i suoi disturbi interiori. L’identificazione nei romanzi che divorava da piccola è totale (come a riprendere quella di Flaubert con la sua eroina). Non faceva altro che impersonare donne illustri o infelici: Maria Stuarda, Giovanna d’Arco, Agnès Sorel brillavano per lei come stelle sul resto della storia, infinita e misteriosa. Rivolgendomi alle donne: chi di noi non ha mai sognato di diventare come la propria eroina preferita o negli attimi più bui, ha impersonato nella propria immaginazione una di esse? A voi la risposta, sottintesa a parer mio! Cos’è la sensazione di “turbamento” che si prova dopo aver finito di leggere? La risposta è quasi scontata a mio avviso! È, senza dubbio, la descrizione minuziosa del mondo interiore di Emma a fare in modo che noi lettori, viaggiando con la fantasia, riviviamo le sue piccole gioie, le sue ansie e i suoi dolori permanenti, che trafiggono il nostro essere, ci “tormentano” e ci fanno quasi “affliggere” insieme a lei. Concludendo, possiamo senz’altro affermare che Emma Bovary è diventata una donna sempre più attuale. Innanzitutto per la comune e frequente insoddisfazione, la quale, non solo pervade ogni ambito della propria vita, ma si trasforma, di conseguenza, nel desiderio di possedere aspirazioni irraggiungibili e illusorie: sfuggire la realtà, per rifugiarsi nei sogni e nella fantasia. Le Bovary di oggi amano il lusso sfrenato e la vita frenetica, che possa dare loro emozioni forti e non una pesante monotonia, alla quale si ribellano bruscamente. E cosa dire di coloro le quali necessitano di un’intensa ed impetuosa vita amorosa e non si sentono mai appagate nella loro vita di coppia? Insomma, se Flaubert poteva dire: «Madame Bovary sono io!», chi di noi non sarebbe in grado di ripeterlo?



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