Ciò che risalta, a questo punto, in maniera incontrastata, è l’interiorità di Emma, sottoposta ad una continua ricerca. Amante della ricchezza e dello sfarzo, compie acquisti smisurati, indebitandosi irreparabilmente: emerge, in maniera immediata, che il gusto dell’amore e il gusto del lusso rappresentano manifestazioni parallele della stessa insoddisfazione. Superata l’iniziale esaltazione di ogni cambiamento, infatti, Emma si ritrova costantemente in mano una delusione ancora più terrificante, come a rappresentare una piccola “morte”, fino a quella finale che si armonizzerà perfettamente alle altre che l’hanno prefigurata. Sono proprio gli affannosi e strazianti pensieri di “morte” che invadono Emma fin dal suo primo ingresso nella casa del marito: contro questi si opporrà, dedicandosi ad attività domestiche. Ecco il contrasto tra fantasticherie di morte e una tenace operosità che colpisce il pubblico, poiché riguarda dissidi interiori sempre presenti all’interno dell’essere umano. La decisione di togliersi la vita, che il romanzo pone come conseguenza della sua sconfitta affettiva (l’adulterio) ed economica (l’indebitamento), è da ricollegare, quindi, alla sua doppia e antitetica natura, mostrata nel testo attraverso metafore e comparazioni: “soffriva solo per il suo amore [...] come i feriti, nell’agonia, sentono defluire la vita attraverso la piaga sanguinante”. Sembra quasi che Gustave Flaubert desideri realizzare nel personaggio di Emma una fusione di sensualità e spiritualità: la coscienza frantumata della protagonista è resa evidente dalla frammentazione del romanzo. Al centro del racconto, infatti, dopo un vero e proprio distacco, vediamo nuovamente un avvicinamento alla sfera religiosa, quasi come dimora di salvezza a ciò che aveva passato e come unico punto fermo, necessario per sopravvivere. Sul letto di morte, infine, riassumerà, tramite il bacio al Crocifisso, il senso assoluto della sua esistenza.
Dove ricercare l’origine della sua malattia nervosa? Naturalmente nell’infanzia della protagonista. “Colpevoli” sono proprio i “libri” sui quali Emma ha edificato, fin da piccola, le sue fantasie sentimentali e appassionate, riuscendo a combattere, ma allo stesso tempo alimentare, i suoi disturbi interiori. L’identificazione nei romanzi che divorava da piccola è totale (come a riprendere quella di Flaubert con la sua eroina). Non faceva altro che impersonare donne illustri o infelici: Maria Stuarda, Giovanna d’Arco, Agnès Sorel brillavano per lei come stelle sul resto della storia, infinita e misteriosa. Rivolgendomi alle donne: chi di noi non ha mai sognato di diventare come la propria eroina preferita o negli attimi più bui, ha impersonato nella propria immaginazione una di esse? A voi la risposta, sottintesa a parer mio! Cos’è la sensazione di “turbamento” che si prova dopo aver finito di leggere? La risposta è quasi scontata a mio avviso! È, senza dubbio, la descrizione minuziosa del mondo interiore di Emma a fare in modo che noi lettori, viaggiando con la fantasia, riviviamo le sue piccole gioie, le sue ansie e i suoi dolori permanenti, che trafiggono il nostro essere, ci “tormentano” e ci fanno quasi “affliggere” insieme a lei. Concludendo, possiamo senz’altro affermare che Emma Bovary è diventata una donna sempre più attuale. Innanzitutto per la comune e frequente insoddisfazione, la quale, non solo pervade ogni ambito della propria vita, ma si trasforma, di conseguenza, nel desiderio di possedere aspirazioni irraggiungibili e illusorie: sfuggire la realtà, per rifugiarsi nei sogni e nella fantasia. Le Bovary di oggi amano il lusso sfrenato e la vita frenetica, che possa dare loro emozioni forti e non una pesante monotonia, alla quale si ribellano bruscamente. E cosa dire di coloro le quali necessitano di un’intensa ed impetuosa vita amorosa e non si sentono mai appagate nella loro vita di coppia? Insomma, se Flaubert poteva dire: «Madame Bovary sono io!», chi di noi non sarebbe in grado di ripeterlo?