L’industria del lusso in Cina è una cosa seria. L’economia è in costante crescita, i capitalisti si arricchiscono e non hanno timori a spendere per prodotti di prima qualità. Per quanto riguarda l’arredamento o la moda, i prodotti più gettonati sono quelli italiani, sinonimo di sfarzo e buon gusto. Per questo chi sgarra e bara, paga caro.
È questo il caso del Da Vinci, mobilificio aperto da circa un anno in una zona speciale di Pechino: lato nord del viale della lunga pace, che sfocia in piazza Tienanmen, dove fino a poco tempo fa sorgeva il negozio dell’amicizia, per decenni un luogo di culto per lo shopping.
Non si tratta della solita imitazione da due soldi come l’ormai famoso Parmesan, ma si parla di un intero marchio spacciato per italiano. I cinesi non badano a spese per il lusso, ma vogliono un ritorno di classe. Per questo il Da Vinci è finito nell’occhio del ciclone.
La Polizia l’ha messo sotto inchiesta, il reato contestato è truffa ai danni dei consumatori: secondo le autorità i mobili erano confezionati a Shenzhen, nei pressi di Hong Kong, e spacciati per italiani. Il negozio usava un metodo ingegnoso: produceva in Cina, esportava in Italia e poi re-importava al di qua della Grande Muraglia, vendendo a prezzi esagerati.
L’inganno è apparso evidente andando ad analizzare: veniva usato il compensato invece che il legno massello, vernice scadente e puzzolente, dimensione di letti e armadi diversi da quanto indicato nei depliant.
I consumatori hanno già iniziato a reclamare i rimborsi, sentendosi defraudati dall’ambiguo marchio fintosi italo-cinese. La tutela dell’autenticità è una delle recenti battaglie delle autorità cinesi per difendere dai plagi il mercato del lusso più grande del mondo.
L’Italia in questo senso è in prima linea, essendo garanzia di qualità eccelsa, seppur la presenza e l’esportazione di prodotti sia ancora minima.