Oggi è l’8 marzo, e la data mi è sembrata la più adatta per raccontare di una fotografia storica, certamente molto conosciuta, e soprattutto scattata da una donna ad un’altra donna. Una immagine femminile al quadrato, insomma, di quelle destinate a segnare la storia di un’arte.
Due protagoniste femminili, due storie da raccontare. La prima riguarda l’autrice dello scatto, una donna che ha orientato profondamente la fotografia nella sua componente di analisi e denuncia, e risponde al nome di Dorothea Lange. In un’epoca in cui cominciava ad affermarsi un modo nuovo di vedere il mondo attraverso l’obiettivo, Dorothea Lange dedicò la su attenzione a senzatetto, disoccupati, braccianti, operai, immigrati. In questo contesto, le furono affidati un gran numero di reportage che dimostrano una sensibilità che supera di gran lunga quella della pellicola, producendo immagini destinate a rimanere impresse nelle menti e negli occhi dei lettori. Una fra tutte: nel 1936, mentre lavorava presso Nipomo (California), Dorothea ricorda che:
“Appena la vidi mi avvicinai a lei, come attratta da una calamita. Non ricordo come riuscii a spiegarle la mia presenza, o la mia macchina fotografica, ma ricordo che non mi fece domande. Scattai le foto, avvicinandomi sempre di più dalla stessa direzione. Non le chiesi né il suo nome né la sua storia”
Le vicende di questa donna, la seconda protagonista del nostro racconto, furono ricostruite più di quaranta anni dopo. Si trattava di Florence Owens Thompson, all’epoca dello scatto 32 anni e 7 figli. Florence stava viaggiando su un camion con prole e marito, e al momento dello scatto si erano fermati alla ricerca di un lavoro come raccoglitori agricoli. Lo sguardo totalmente perso, gli occhi carichi di tristezza e di una stanchezza che va ben oltre quella puramente fisica, una sorta di rappresentazione della perdita di ogni speranza mantengono immutata la loro forza straordinaria ancora oggi.
C’è una curiosità, forse un po’ meno nota, che accompagna questa immagine, e che dimostra come il fotoritocco non sia nato con Photoshop: nell’inquadratura originale, in basso a destra è visibile un antiestetico pollice, efficacemente rimosso nelle versioni andate in stampa.
Ma la festa della donna è una occasione in cui non si può non chiudere con un lieto fine. E proprio perché l’immagine proposta oggi presentava tutti i toni della drammaticità, è bello chiudere con una fotografia della stessa Florence Owens Thompson scattata nel 1979, in occasione certo più felice di quella, famosissima, che l’ha resa famosa nel mondo.