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“Madri e figlie”: la mostra fotografica di Gabriele Morrione, dal 18 gennaio al 2 febbraio, Roma

Creato il 04 gennaio 2014 da Alessiamocci

L’anno nuovo porterà una mostra fotografica molto interessante. Dal 18 gennaio al 2 febbraio 2014 lo spazio espositivo Cerere, in via degli Ausoni 3 di Roma, ospiterà l’esposizione “Madri e figlie” di Gabriele Morrione.

 

“Madri e figlie”: la mostra fotografica di Gabriele Morrione, dal 18 gennaio al 2 febbraio, RomaL’autore è nato a Cento in provincia di Ferrara nel 1947, ma vive e lavora a Roma. Fin da piccolo si è interessato di fotografia e già a 13 anni stampava da sé le immagini in bianco e nero, attività che continua a svolgere regolarmente anche oggi.

Quella che può essere definita una ricerca fotografica sull’universo femminile, proietta l’osservatore in una dimensione primordiale ed intima. Sentimenti complessi e contrastanti, quelli che legano una madre ad una figlia e viceversa, una sorta di “sfera inviolabile”, se non fosse per l’occhio del fotografo, unico elemento maschile, nei sentimenti femminili più reconditi.

Lo sguardo del fotografo si autodenuncia “incompiuto”, lasciando parlare le protagoniste degli scatti. Le ottanta madri e le novantanove figlie raccontate da Morrione, costringono lo spettatore a specchiarsi negli stessi moti dell’anima, ad interrogarsi sulla natura profonda di quel legame, a soffrire per quelle incomprensioni che emergono e che gettano ombre.

Ogni madre capace di compiere il miracolo della vita, da madre natura alla peggiore Medea dell’Olimpo, che uccide i suoi figli, resta il fulcro dell’intera esistenza dei suoi figli. Rimane un punto fermo, un riferimento, orgogliosa del suo ruolo; e anche nelle foto le madri tendono ad avere una posizione statica. Le figlie invece sembrano “muoversi”, rivolgere lo sguardo “altrove”, per fuggire le somiglianze e cercare la propria strada.

“Madri e figlie”: la mostra fotografica di Gabriele Morrione, dal 18 gennaio al 2 febbraio, RomaÈ una sorta di indagine sulle vicinanze e distanze, fisiche e spirituali tra madri e figlie. Un legame forte anche quando è tormentato e si estende alle relazioni della società. Gli scatti, realizzati su pellicola fotografica tradizionale in bianco e nero, sono stati tutti stampati personalmente da Gabriele Morrione.

La mostra è accompagnata dal libro/catalogo “Madri e figlie”, pubblicato da Infinito edizioni, con contributi di studiosi ed esperti. Raccoglie le testimonianze di molte madri e figlie fotografate nel progetto. Un volume venduto in anteprima per le feste, sino al 6 gennaio 2014 a prezzo scontato, poi durante la mostra, prima di essere distribuito nelle librerie a partire da marzo 2014. Le prime sette immagini del lavoro sono state realizzate in anni precedenti, dal 1973 al 2010, e pubblicate su altri libri.

A queste fotografie segue il lavoro monografico, durato circa 8 mesi, compresi tra novembre 2012 e giugno 2013. Come regola, Gabriele Morrione ha richiesto la presenza, accanto alla madre, di tutte le figlie, senza alcun tipo di eccezione. Le foto sono state prevalentemente eseguite nello studio dell’autore, con l’ausilio di tradizionali luci. Queste foto divengono una sorta di testimonianza psicologica della nostra società contemporanea.

“Madri e figlie”: la mostra fotografica di Gabriele Morrione, dal 18 gennaio al 2 febbraio, RomaLa mostra sarà aperta tutti i giorni dalle ore 17 alle ore 21. Chiuso la domenica. L’ingresso è libero. E mentre cercavo di documentarmi su questo evento, ho letto una bellissima definizione data al “concetto” di madre, da alcuni autori famosi e riportata dalla rivista di fotografia, “Click blog”.

Un nome soave in tutte le lingue, venerato fra tutte le genti, per Edoardo de Amicis; l’abisso di un cuore in cui trovare sempre perdono, per Honorè de Balzac; la pace che non si acquista e non si merita, per Erich Fromm; la tenerezza fatta braccia che veglia nel sonno profondo, per Victor Hugo; la stella della sera che splende, per Winston Churchill; il centro della culla, di Giovanni Pascoli; il bacino di consolazione, di Friedrich Nietzsche; un sorriso che salva da pianti e dolori, per Salvatore Quasimodo; una schiavitù dell’anima innamorata, che condanna alla fame del corpo senza amore, per Pier Paolo Pasolini.

Ognuno a suo modo, ottimista o pessimista, ha riconosciuto l’amore per questa figura. Questa presenza-assenza che riesce a superare limiti terreni ed errori, anche vivendo ad anni luce di distanza.

 

Written by Cristina Biolcati

 


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